Verricelli - Cronica seu compendio de la Città di Mathera del 1596

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1595

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Cronica dela città di Matera nel Regno di Napoli composta per il dottore Eustachio Vercelli nel 1595

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Archivio di Stato di matera, ms. Fondo Gattini, 3344

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  • E. Verricelli, Cronica de la città di Matera nel Regno di Napoli, 1595 e 1596, a c. di M. Moliterni, C. Motta, M. Padula, Matera, BMG, 1987
  • Archivio di Stato di matera, Fondo Gattini, ms. 3344

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[Carta 1 recto] L’antiquissima et fidelissima Città di Matera nel Regno di Napoli et nella provintia d’Otranto fra terra nel sino tarentino distante da Taranto trenta sey miglia et altri tanti da Bari nel mare Andriatico di modo che sta nel mezzo del mare Tireno et Andriatico infra terra è stata Città del regno seu ducato di Puglia et del principato di Taranto et nelli antiquissimi tempi fu Città della Magna Gretia chiama Meteola il che si mostra in una antiquissima torre nelle mure antique sopra una porta, qual torre et porta oggidì conservano loro antico nome Torre Meteolana et Porta Meteolana dicono fondata da ">Metello romano: questa città è distante da la famosa città di Meteponto dela Magna Gretia nel mare tarentino oggi detta Torre di mare, circa vinti miglia et chi di poi la destruttione di Meteponte li suoi reliquie se redussero in Meteola città allora piccola ma fortissima et mutando il nome la chiamarono Matera cioè, "mater erat". A questa città di Meteponte tenne la scola l’antiquissimo filosopho Pittagora et Archita tarentino. Tienesi per cosa certa questa città d’havere havuto principio da greci poiché si trovano dentro et fuor la città nelli antiqui et desfrutti casali et signanter di Timbaro ntiquissime sepolture convasi negri lucidi et sculpiti con diverse figure grandi piccoli diversamente formati con alcuni poche reliquie di ossa et detti vasi et supulture al più piene de una terra nigrittia subtilissima senza mai esserci trovato nè medaglie né monete antique, et similmente se trovoni in queste sotterranee et antique sepulture vasi rossi senza il color negro segno di poveri et di ricchi sepolti et secundo la qualità cossì pochi o assai, buoni o tristi, vasi se trovano como cosa più da quelli istimata et di prezzo et fra l’altri volendo mio padre edificare una casa in uno suo giardino menzo la città el cavare li fondamenti trovò una di queste sepulture grandissima piena di vasi bellissimi et appresso poi lungotempo per Ile medaglie di brunzo di rame d’argento che si trovani per Ili valli et piani mostra essere stata da romani ampliata et munita et circa l’anni del singnore 500 essere stata da longobardi posseduta il che se mostra che prima le legge greche et poi di romani, usarono Ile legge di longobardi delle quale oggidì nelli matrimonii si observani differenti li nobili da populani [Carta 1 verso] circa li lucri maritali et li figlii como nasconi sono liberi non suggetti al patre et morta ch’è la matre si ponno fare dare dal patre Ile dote materne et ponni negociare senza la potestà del patre et non può succedere il patre alli figlii morti se no sono alla età di deciotto anni finiti. Voglioni alcuni che Matera habia preso questo nome da Metaponte da Eraclia et da Taranto, però dal’arma che fa Matera che è il bove con Ile spiche in boccha si può congetturare essere nonminata dalle reliquie di Metaponte essendosi già Ilà trovate molte medaglie con questo bove et tre spiche in boccha, et sì nel bove di Matera si depinge la corona nelle corna questo l’have ottenuto per privilegio di Re antiqui per mostrare di essere di regio domanio: quelli chi hanno detto Matera chiamarsi anticamente Acheruncia sono ingannati per chiamarsi l’arcivescovo di Matera, materano et acherontino zioè di Matera et di Cyrenza per essere arcivescovati uniti come si dirà a suo luocho.

In questa Città di poi cacciati li greci et saraceni dal regno circa l’anno del signore 1126 posseduta da normanni francesi bellicosi da Roberto Guiscardo circa anni 190 et poi da svevi (891 regnare cepit) cominciando da Herico in sino a Coradino quello quale fe iustificare Carlo primo Re francese vicino Santa Maria del Carmino in Napoli anni cinquanta incirca: da Re Carlo primo francese insino a Giovanni figlio di Renato anni cienti settantacinque in circa essendoni detto signore cacciato da Re Alfonzo de Aragona il quale regnò con Ili suoi successori insino a Ferdinardo detto Captolico annisettanta sey in circa al quale succese l’invitto et glorioso imperatore Carlo quinto quale regnò anni quaranta uno et poi si oggidì ch’è l’anno del signore1595 la maestà di Re Filippo.

Sta situata questa Città in un pogetto alquanto alto respetto alle altissime ripe dalle quale è circundata parte di durissimi sassi parte de valloni altissimi, posta parte sopra dura petra et parte sopra petra molle atta a cavarsi et fabricare et a respetto delle colline et murgie petrose che la circondani appare essere situata a luocho bascio perché di lunga non si può videre se non sei vicino un tiro d’archibuscio eccetto il campanile et il castel fuor la Città per essere altissimi e li quali si discuopre insino al mare di Taranto. Tiene forma di ucel senza coda perché la città admurata è il corpo, la piazza et magazeni mezi murato è il collo et testa, dui burghi che vi sono l’uno a destro verso Bari detto il sasso barisano et l’altro a nostra sinistra verso Monte Scaglioso detto il sasso caveoso senza muri sono l’a[li]. [Carta 2 recto] L’ayro è temperato sì per esserepo cho distante dalle due marine di Taranto et Bari sì anchora per essere alla fine di Puglia et al principio di Basilicata; quattri miglia il territorio distante dal teritorio di Monte Caveoso et di Miglionico quale divide il fiume Bradano; il scyrocco vento caldo ni viene da Taranto, la borea fredda da Bari, la traversa da Basilicata; è tanta la bontà di l’ayro che pochissimi feriti di testa vi moreno et di rado li corpi se infirmano, Ile gente viveno sani et al piu vecchi che passano il sessagenario et vi sono assai che vanni alli novanta insino a cienti anno, reservando alcuni dissordinati.

L’homini sono di iusta statura al più ingeniosi atti a prendere qualsivoglia sciencia et arte bellicosi, sanno al più natare nell’acque rispetto de un gorgo seu redutto di acqua pluviale detto il gorgo, anticamente fontana bona situata in un petroso luocho circundato di ripe altissime atto ad imparare di natare.

Lle donne similmente di mediocre statura et mediocremente belle. È circundata questa Città da sessanta miglia di circuito de territorii la maggior parte fertili aratorii, il restante petreo pezo silvoso et di herbagio per bestiami, convicina con lli territorii di Basilicata con Monte Piloso et Grottola, alla Rifezza con Miglionico, Pomarico et Monte Caveoso, il Bradano mediante con l’istessa provincia Genosa et Castellaneta con terra di Bari, Gioya, Acquaviva, Altamura et Gravina; il territorio dala confina di Grottile insino alla confine di Castellaneta è miglia decedotto,da Miglionico insino alla confina di Altamura miglia dudici; la fertilità del territorio è tanto che ngi vengoni a seminare li convicini et ad pasculiare quellichi hanni citatinanza et è eccettuato dala suggettione dela dohana di Foggia perla multitudine delli bestiame di citatini.

Ha il Bradano fiume et fontane d’acque vive et puzzi surgenti abondevoli como a dire verso Basilicata Ile fontane di Timbari, d’Egino, il puzzo dil’Angareso di Cifaldo verso Gravina, la fontana de la ficha, puzo dela Noce et altri verso Altamura: fontana dela Vita, fontana di santa Candida, fontana di Talvo et infini altri puzzi che ovunque se cava alle Matine se trovane acque bonissime; et verso Otranto è fontana Imperatore dentro Ila difensa reale delle regie razze delle giumente et la fontana del Cannile et de la Terza, et il puzzo di Lucigniani et altri puzzi et fontanelle quale per brevità si lasciani, et la fontana di santo Pietro d’acqua longa quale escie da petra viva con grandissima abundancia.

[Carta 2 verso]. L’edificii dela Città sono al più palacci fabricati di petra bianca quadrata et grotti cavati di petra biancha atta a fabricare et cossì li borghi et tanto l’attitudine de la petra ove se cavani Ile grutte che in una di quelle si vedeno cammere, cantine, stalle, cisterne, fosse da tenere grano et altre biade, in sino a luochi di tener galline.

Et perché la Città et burghi non sono posti a terra piana et precise Ili borghi se vedeno Ile chiese ove sono sepelliti li morti stare di sopra Ili grutti dove alcuni habitano et cossì se dice che in Matera li morti stanni sopra Ili vivi.

A notte oscura stando da sopra Ila città alli muri dal piano del Arcivescovato et riguardando a bascio al burgo barisano ove ad un suono di tromba tutti li habitanti escono Ile lume, chi granda et chi piccola, fuora Ile loro case et palazzi si v’è un simile cielo stellato con li segni celisti di stelle sotto li piedi talchè sincome li morti stanni sopra li vivi, cossì per il contrario il cielo con Ile stelle sta di sotto li piedi di homini et non sopra la testa.

Nella piaccia sono Ile poteghe ch’ogni sorte di mercancie, speziali, drappieri, mercanti di panni, orefici et fundici di ferro di salnitri con ogni altra sorte di artigiani, necessario al vitto et vestito, fundaci di formagio, di lana et chianche o voglian dire boccieri fuora la piazza a luocho appartato et due comode ostarie et molte taberne et cantine da vender vino et quelli chi non hanno comodità nelle case tengono al convicino dela Città cantine appartate fredissime che non tengon bisogno d’estate di neve nè di salazza.

Nel entrare de la Città è una fontana abondante surgente con una conserva grandissima de acqua quale l’estate non si può bevere da chi non è usato che li fa venire doglie et torcimento di ventre et alle volte flussi; et perché alcune volte d’estate suole diminuire l’acqua dela fontana, la Città ha fatte due altre conserve, una avante l’Arcivescovato e l’altra in un altro luoco comodo per poveri, però dali cittatini facultosi non mancano cisterne alle case et dentro et fuor la Città, et cossì fosse impatinate con calcina tegole, di mattoni et bolo russo, quale conserve di grani, et orgi sono di tal bontà che conservano optimamente et con poco soli ma otto et più anni, et per queste bone conserve et per la quantità d’orgi et grani che in suo territorio [Carta 3 recto] si racoglie, et per altri chi da convicine terre vi si porta a vendere questa città è uno deli più buono et gran granaro del regno.

Ha il seggio, carcere et stancia per il governatore et iudice in mezzo la piazza; et proprie dove anticamente si diceva lo pannayero che in tal luocho il lunidì et martidì d’ogni settimanno Ila concurevani tutte Ile terre piccole del convicino et ancho molti di Città grande a vendere et comprare a l’uso del venerdì et lunidì in Napoli, per essere giorni privilegiati franchi oggi quasi estinto per Ile tirranide di signori passati Ursini.

Ha midesmamente questa città la fera di otto dì cominciando dal dì di Santo Lorenzo d’agosto qual si fa fuor la Città mezo miglio dove è il m[astr]o mercato eletto dala Città il quale per detti otto giorni ministra iusticia, fa novo camerlingo per la guardia noturna et muta tutti li officiali di guardia di teritorii, catapani, et portulania, reservati Ili mastridatti et li proventi sono li suoy et cessani ancho li baglivi et ogn’altra iurisdittione seculari.

La città è tutta admurata con alcune altissime torri, quali all’antica quale a tempo che si combatteva con balestri hera espugnabile cossì come oggi sarebbe a guerre senza artelleria et a tempo che la maestà di Re Ferante donò questa Città a Carlo Tramontano di Santo Nastaso, casal di Napoli, con farlo Conte; il detto Conte si sforzò ad murarla tutta con Ili borghi et parte de colline dentro et già cominciò a fare il Castello ad modo del Castel novo di Napoli anzi più superbo et ni fè edificare solo una faciata con uno torrione grande in mezzo et uno per ciascun lato più piccoli a tempo che si pagava la giornata de l’homi sey grana et altre tanto del cavallo et si despese con danno del populo docati vinticinqua milia como oggi si può videre nelle scadde di notar Roberto Agata il quale ttenne conto di detta fabrica.

Le donne anticamente erane honestissime di modo che non si posseva videre le citelle mentre non si maritavani, et li istessi mariti neancho se no il dì del sponsalicio, il che si observa oggidì però non tante strette. Et oggi cominciani a dissordinare di pompa et di vestiti indifferentemente nobili et ignobili con ultima royna di poveri mariti.

[Carta 3 verso]. La Città sibe nella vechia numerattione è di fuochi dui milia 495. A questa nova che questo anno si farà credo sì per li disordini di citatini como ancho li forastieri che vi sono concursi da terre convicini che se aumenterà di milli altri fuochi tanto più che non vi è fra questo tempo stata mortalità di farvi stima se no di alcuni figlioli di morvillo et sì per la grandezza, bontà et grassezza del luoco como per essere pocho distante da Gravina et Altamura, città al pare populate et granari et per stare mezzo altre provincie Basilicata, Bari et Otranto et fra il mare Tireno e l’Andriatico in un bisogno de guerre a queste Città si può fare maxa di gente appiè et a cavallo con ogni comodità et di possere soccorere ad qualsivoglia parte di queste provincie et di Puglia. Però dali Re antiqui concesero a questa Città che havesse dato sussidio di grassa a Taranto et che non fusse tenuto nè di darni ad altro luocho nè meno si li havesse posto taglione nè paronati et a prezzo di grani il che oggi non si observa ma si ben il subsidio di vittovaglie et lietti per soldati per lloro comodità de dormire

Havria anticamente questa città per tutto il contato et territorio molti casali delli quali in alcun luocho si vedeno reliquie di titti rutti in alcun altre grotti dirute con chiese all’uso greche et in altri luochi sepulture antique con vasi neri sotterati et altre a uso di greci senza vasi a un morto per sepultura nelli quali oggidì in alcun luocho si trova ossa di morti, trovati per memoria di questo uno rivilegio concesso alla Città ne l’anno 1373 da Filippo principe di Taranto che la Città stia in domanio con li suoi casali, possessioni, territorii iurisdittioni et pertinencie, quale privilegio si conserva nel archivio dela Città: nel tenimento di Matera et provincie: dala confine di Altamura avante il Casale antico di Pisciulo et di Ghyescie et per la strata che passa per la taberna di Viglione e la strata Appia quale va da Roma per drittura a Brindisi per comodità di soldati per imbarcarsi al porto di Brindisi per andare a levante o alla Velona in Grecia et altri luochi nella quale strata oggidì appareno Ile reliquie de Basilicata quale era per tutto [Carta 4 recto] il territorio domanio et difense.

Sono dela Città sey difense cioè dela Murgia, dela Rifezza vechia et nova, deli Riccioni detta deli Termiti, dela Matina, di Timbaro novamente fatta (1577) et de li Sarole quale la Regia corte molto tempo fa se la prese per tenerci l’inverno Ile razze Regie delle giumente quale d’estate stanni a bisaccia, ove la Corte ha le altre sue difense; per dette giumente il Demanio si possede daparticulari Citadini, da chiese et da l’Arcivescovo poche però li citatini pagano alla Città la giummella di grani et orgio che viene delli decedotto uno et alle volte occorrendo bisogno alla università fa pagare dedudici uno et ogni altra sorte di biada et legumi sono franchi di gabella. Et da quelle predette difense ni percepe la Università buoni denari secondo la carestia d’herbagii. Dona la Università gratis alli maxari di campo per lloro buovi et per due bacche domite per maxaro. La difensa de la Murgia et dela Rifezza et alle volte per bisogno Ile vende et cossì ancho quella della Matina, ha di proprietà, la Città Ile terre dela Selva con il puzzo di Lucigniano et lo parchitiello dela Murgia comprati dal duca di Gravina ad esso pervenuto per donattione fattali da un Pascale di Cataldo concive. Possede il Castello fuor la Città, locore et vigne cungionte et uno giardino extra Ile mure dal demanio in equa quale furono del duca Ursino predetto et più possede la taberna di Viglione comprata pocho fa per la Università dal marchese de la Terza per docati milli et cinque cento, questa taberna fu dal duca di Tripalda venduta al duca di Gravina signore allora di Matera sopra Ile quale taberne una donna di quelle dal duca di Tripalda nge havia la ragione di suoi alimenti et per via del Sacro consiglio la fece vendere per depocagine di donna Felice Sanseverina duchessa di Gravina et se la comprò uno ad istancia di detta donna et quello poi la vendì al marchese de la Terza per vil prezzo et per Ile differencie correno fra detto marchese et questa Città fu bisogno pagarla assai più di quello che vale con certi buoni patti. Et perché la Città a sue dispose edificò il palazzo nella piazza con Ile carcere di sotto ove habita il gubernatore et tiene iusticia essa midesimamente racoglie il portiello da carcerati.

[Carta 4 verso] Le gabelle sono tutte dela Città et primo era dela farina dove se pagava dui carlini per il tomolo di grano et alle volte grana vinti quattri, poi per comodità de citatini se unì con il furno quale era gabella separata et oggidì se paga tre carlini per tavola di pane cuotto incluso un cavalluccio per rotiloallo fornaro per cocitura.

La gabella del mobile nella quale pagani tutti li animali quadrupedi.

La gabella del vino et la gabella delle legne et foglie ove se includeno molti altre coselle minute: carvoni, calce et fornaci di creta.

La gabella dela carne con la buccina francha atteso Ile buzierie sono dela Città con il luocho vacuo et lago d’acqua trista contiguo quali la Università affitta per l’acqua et lutame et può tenere gratis alla difensa delli Termiti tutte Ile bestiame che si hanni da macellare.

La gabella della bardella di pocho importanza.

Li pisi et mesure et portulania midesmamente sono dela Città.

Li proventi dela Corte del gobernatore civili criminali et misti sono dela Città con privilegio Regio con che pagha la provixion al Capitaneo et iudice che serà trenta onze, oggi non solo ne voleno più ma se usurpani tutti liproventi l’intercetti et danni dati dalle defense et vigne, però nella difensa delli Termiti et vigne la bagliva exige la mietà per privilegio et tutte queste entrate incluse Ile giummelle sogliono fare la summa di docati vinti cinque milia incirca.

La gabella del scannaggio è delli preti della maggior Eclesia ad essi donata da donno Antonello de Angelis concive comprata dal Re da uno mastro Tuccio de Angelis medico in burgensaticho.

La bagliva et mastrodattie sono del signor duca di Gravina per culpa de citatini quali a tempo del domanio non li volse intestare ad un citatino come fece delli pesi et mesure intestate ad uno Pepa mat[erano] per essere poverissimo et caricho di figlii, però detto signor duca li tiene con molto suo danno che pigliò 27 mila docati ad otto per cento per comprarli et li rendono da milli et trecento in circa, et si paga certo censo como se dirà parlando dichiese.

Nel territorio di Matera è la comenda di Santa Maria nel monte de Picciano di cavallieri di san Giovanni di Malta con una difensola dove li citatini ponno seminare con pagare meza semente et detti bovi godeno l’herbagio però da pocho tempo in equa la dohana di Foggia ngi ha distese Ile mane. Del restante de detta chiesa se dirà appresso.

[Carta 5 recto] Se goberna la Città da un Sindico, sey ordinati cioè auditori di regimento et decidotto altri. A tempo si fa consiglii privati: il Sindico uno anno è deli nobili et l’altro del populo; il nobile è nell’anno paro et il populano l’anno imparo cioè nel mese di settembro incomincia a gobernare: il settembre 94 entrante il 95 fu Giovanni Antonio de Angelis sindico nobile, il sequenteanno 95 intrante 96 è Pietro Conturso mercante populano, et da questo si può cognoscire li sindici nobili et ignobili antiqui; li ordinati sono tre nobili et tre populani et cossì ancho herano li decidotto, però per disegno di citatini tirannili fanni la magior parte populani vili per haverli ad ogni lloro voluntà. Si suolo creare al Conciglio generale la prima festa del mese d’agosto a ziò li novi officiali in detto mese possani vendere tutte Ile gabelle si è per un caso per alcuni particulari citatini di fare il regimento et consiglio generale di uno per famiglia et signanter dali Vercelli quali a lloro dispese fanno queste lite nel sacro Consiglio atteso che li consiglii generali si fanni more populari dove ogni sorte di vili et servili hommini imbriachi et di taberna ngi votani et la magior parte si votani a gridi et voce confusamente, talis il parere di chi sa non giova et tanto è la voce del più vile ignorante imbriacho quanto del meglior dottore o vechio nobile, cosa certa molto dannosa habominevole et nefanda.

Non si può fare consiglio nè generale nè privato nè parlamento senza intervento del gobernatore et questo per privilegio ad evitare li scandali et tumulti di citatini tyranni però l’officiale assiste, nè parla nè vota. Si eligono al Consiglio generale il tesauriero quale raccoglie tutte l’entrate, il Camerlingo et di questi seni eligoni tre che siani nobili originali delli quali uno ni sceglie sua eccellentia et Collaterale et li fa commissione regia, però anticamente il sacro Conciglio ne ballettava uno, questo ha pensiero della guardia notturna, tiene Ile chiave delle Carcere et primo dava li allogiamenti; oggi la Università nge interviene per levare Ile tyranidite et parcialità di allogiare et contribuire.

Eligge tre mastri mercati delli quali uno ballotandosi ne resta.

Eligge dui Catapani quali mettono l’assisa reservato la carne atteso la Università la dà alla baccina deli altre secondo se vendea Gravina et Altamura. [Carta 5 verso] Eligge il cancilliero et dui debutati al suono del squilluccio, li procuratori et capellano delo spitale di Santo Roccho il qual è ius patronato dela Università et perciò mantiene li gittatielli; si eligono dui sindici delli quali ballotandosi ni resta uno, li altri restani perordinati et delli ordinati dui per ciascuno et ballotandosi uno resta ordinato, l’altro delli decidotto, nella elettione il sindico eligge un altro sindico di poi resta senza eligere altro officiale cossì nelli altri Consiglii prepone tutto quello che occorre alla Università et li sey et decidotto concludeno.

Paga la Università cienti cinquanta ducati l’anno al signore di Genosa per il legnare al bosco con che possiami transpiantare termiti et mortelle per piantarli alli nostri chiusure et giardini del territorio, fra noi è comunità.

La Città di Gravina con Matera non ha communità, eccetto che, volendo li nostri con Ili bestiami pascoliare il territorio di Gravina, pagani sette carlini per maxaria alla bagliva di Gravina et cossì quelli di Gravina similmente godeno il nostro territorio con pagare alla bagliva altrotanto.

Altamura, Laterza, Santo Heramo, Genosa, Taranto hanni citatinanza et cossì Bari, ma per tirranide deli Ursini si è lassata, atteso fecero pagare la piazza di extrattura di grani a barisani; quelli di Miglionico pagani alla bagliva uno tarì per bove domito, a tempo cultivano nelli nostri teritori et che vengani legati.

La Università nostra tiene lite con Altamura con La Terza et con La Terza de la bona tenente quale importa l’anno più di cinquecento docati et più di vintimilia per il passato et per la tyrannide di nostri citatini quali hanni parenti a dette terre et precise ad Altamura con Ili Melvindi, Santori, Gattini, Ferraù et altri si lassa di sequire et non si attende ad altro quali sono del governo nel che fanno ogni lloro forzo di entrarci se no ad far vendetta et di roynare lloro contrarii hemoli et inimici et dannificare non solo Ile difense ma vigne et chiusure di particulari et delli chiese et angariare li poveri quali non choaderiscono a lloro voluntà.

[Carta 6 recto] Sono in questa Città diverse minere, zioé di oro in una arena rossingna et proprie al Castello del che fatto esperienza da signori è più la spesa che l’utile; ngi è la minera di bolo russo, giallo, biancho et cerulio al tutto simile alla cralennia quale con tanta reputazione si siggilla per quanto da Galeno, Dioscoride et Mattiola chiaramente si mostra, et non è bolo armeno orientale nè lapis bezoar; nelle crete se trova il gisso et l’ocria et fra li sassi il detto bolo et la petra salegna et la marchesita alla gravina di Santo Martino et altre se ni trovariani si da diligenti exquisitori si cercassero è copioso il teritorio di semplici, medicinali et teriacali fra li altri il mahaleb d’arabi chiamata da noi la nera, ceraso salvatico, il terebinto vero, l’herba falangio vulgaramente detta scorzonera, quale non solamente giova a morsi di serpi, et alle febra pestifera ma anchora alli morsicati dalla tarantola specie di falangi quali a nostre parte et per tutta la Puglia si guariscono con il suono et il canto fandoli ballare al sole ardentissimo, il che fa l’operattione il sudore onde il veneno dele tarantole si esala (carlina yxia mandragore odorate). Ngi è lo scorpionide herba utilissima alli morsicati dal scorpione tutte l’aristolochie, la peonia, Ilacentaures tutte, lagario filata, il baccharis, il lapidio, il camedrios, il camepiteos, teriacale et il muscato: un cardo senza spine con frondi bianche d’odore al tutto di muscho, il vero calamento montano, il palio, il daucho vero, il dittamo biancho, il vero satirio magiore descritto da Matteoli, una specie discamonea vera, tutti li titimali et apios, l’orobanche, l’alchechengi, milium solis il vero, maro, delle teriache, il rosmarino montano, il paucedano, Ile squille vere et il pancracio, la pianta ferulacea del galbano, il giacinto, il narciso, il timo con il vero de pittimo et altri sempiici infiniti et usuali et il licio et l’acatia, veri, et la noce vomica, a tempa ros(sa) et la lunaria greca: et il vero nitro naturale et il salnitro artificia(le).

Et perché lassai di ponere li nomi di casali ove appareno segni nelle grotti di chiese greche et nelle campagne titti rotti et sepolture: Santo Pietro alla refezza, Piziano, Timbari, d' Egino, le grutti deli Melvindi, li gruttolini, Brindiglio, Santo Martino, Ile gruttaglie dela chiesa, li locori di Michele Ulmo, Mantola, le locore di mastro Paschale, Monte Ritundo, Santo Andrea, Santo Basile, Libera, Pogio reale, Serrapizzuto, Sera magiore di mastro Coluccio Alvaro, La Lupana, Santo Nicola, Lucignano, La Terza, lo Cannile, la Selva, [Carta 6 verso] Curtili russi, Grottella, le Sarole, li Danesi, la Rossa, Monte Granaro, lo Salicene, Hyescie, Pisciulo Ile Granelle, Santa Candida, fontana di Vita, Ciccolo Cane, serra dela Casella, Monte Gruosso, Monte Arataro, Fontana dela Ficha, Santo Staso deli Duce, la Vaglia, Santa Maria Palomba, Cavas Savorra, Santo Canio, Santa Lya, et altri deli quali non ngi è memoria, Pantone, la Verdescha, Santo Heramo, Bazola, Montagniulo.

Anticamente nella Città fu il vescovo jus patronato della Maestà del Re nostro et per suffraganei, La Terza, Genosa, Torre di Mare, Pisticcio, Bernaldo, Montescaglioso, Pomarico, Miglionico, Ferrandina et Grottila. Et perché a tempi antichi vi fu ammazato il vescovo non solo perse il nome di Città et privata per cienti anni del vescovato ma fu sottoposta con tutte Ile terre suffraganei all’arcivescovo di Cyrenza. Et passati poi li cienti anni, cercò la reintegrattione di havere il suo Vescovo, et como che l’arcivescovo di Cyrenza era povero d’entrate non valsero altrimenti dissunirlo. Al che contradicendo, la città non voleva darli obedientia et perciò quelli dela Cyrenza conservani una littera scritta dal’arcivescovo Siciliano confessore che fu credo di re Ferante, il quale scrive a preti di Cyrenza che siani buoni cristiani et non como quelli di Matera quali sono stati uno anno senza confessarsi. Al che volendo Papa Sisto Quarto remediare cossì como Matera era Viscovato lo fe Arcivescovato unito con quello di Cyrenza et che mentre stava in Matera et sua diocesi se intitolasse Arcivescovato di Matera et di Cyrenza et cossì quando steva in Cyrenza et sua diocese Arcivescovato di Cyrenza et di Matera, il che poi si è observato, ma como che li luochi piccoli si gobernani meglio che li grandi per essere quelli pochi et uniti et li grandi di assai dissoniti et confusi l’acorentini non solo si hanni mantenuta lloro diocese ma si usurporono la nostra, nel che oggidì se litiga in Roma.

Sono stati da tempi nostri in equa Arcivescovi, Andrea Matteo Palammiero il quale fu fatto Cardinale da papa Clemente Settimo l’anno 1527 et morì in Roma l’anno 1537, al quale succese suo fratello, il quale morì in Napoli sta sepolto dentro la sacristia di Santa Maria a fornello; a questo successe Giovanni Michele Saracino, il quale fu fatto Cardinale da papa Julio terzo l’anno 1551, fu gobernatore di Roma et Ila morse. Questo fatto che fu Cardinale renunciò l’Arcivescovato a Sigismundo Saraceno suo nepote il quale morse in Matera l’anno (1585) et fu trasferito suo corpo a capo di tre anni integro illeso senza mancamento di un pelo in Napoli nella chiesa di Santa Maria Donna Romata, dove Silvia Saracena sua sorella monacha li ha fatto fare un sontuoso sepolcro di marmore.

[Carta 7 recto] Et per essere jus patronato di Re, vacò molto tempo, et venne per arcivescovo Francisco Antonio Santoro, o dicono Sartoro figlio et fratello di medico di Caserta, primo homo d’arme poi parochiano a Santo Giorgio di Napoli poi caninico di Napoli poi arcivescovo di Santa Severina di Calabria; con favore dil cardinale Santoro suo fratello qual fu vicario di Napoli, fu arcivescovo di Matera et in pocho spacio si fe riccho et litigando con Matera per suoi dissordini se morì in Miglionico et fece transferire suo corpo a Cyrenza.

Appresso a queste venne Villanayda dalla Galicia di Spagnia homo veramente di santa et immortal vita, il quale per dissaventura di subdità per infirmità di ulcire corrisive et disagi patiti per longo camino in breve se morse, con estremo dolore di tutti suditi, sta sepolto a Matera.

Appresso a questo venne Scipione la Tolfa primo arcivescovo di Trani con Ili quali hebbe molte lite, et renunciandolo fu capellano o priore magiore di Santo Nicola di Bari poi fu fatto nostro Arcivescovo, fu homo molto iustifico senza rispetto però dato allo lucro et maxarie et in breve tempo si morse; fe la cantina et stalla nel suo palazzo, sta sepolto in Matera con havere lasciato uno riccho spoglio al nuncio et gran travaglio a suoi.

Et per Ile cessioni che l’uno Arcivescovo insino a Sigismundo Saraceno si erani fatti hebbe alquanto differenza il Re nostro con il Summo Pontifice atteso si trovava essere jus patronato il vescovo maceranense havendo della littera t fattoni c et poi trovata la verità non solo li concese per jus patronato Matera ma anche la Cyrenza quale non si incledeva al ius patronato et perché per la nomminattione per la distancia si sta sede vacante uno et dui anni siami quasi a llite con Gyrenza sopra il Vicario Capitulare quali per lloro differenze elexoro per Vicario il vescovo di Gravina il quale se voleva tramettere ancho con Matera essendo equi vicario appartato da quello sede vacante et con tutto le lite dela Santa Congregattione si ni ha havuto recurso da detta congregattione et ad Sua Eccellentia et cossì si è desistito senza ponirci il pie(de).

Ha sudite vinti quattri terre incluso il monte Syrico dove è l’arciprete, solo ha cinque vescovi suffraganei, di Venosa, Potenza, Gravina, Tricarico, d'Anglone detto Aquilonia oggi transferito in Turso per essere Aquilonia dissabitata.

[Carta 7 verso] È in questa Città la nostra chiesa antiquissima quale havia il Campanile all’antica che oggidì se vede acanto le case archipiscopale et tunc temporis Santa Maria della Bruna se chiamava Santa Maria di Piscopio il che ho io in uno istrumento antico che si dà per convicino et ancho Santo Pietro deli prin(cipibus) sotto Ile case di Juliano Paulicelli, di poi l’anno 1270 fu renovato como oggi si vede, et dove hera il Campanile antiquo di Santo Staso si fe’ questo moderno et per ciò se dice che le campane sono di Santo Staso.

Ngiera la parochia di Santo Pietro et Paulo dove oggi è il Convento di san Francesco transferito poi al >sasso Caveoso, et si è impetrato di essere chiesa collegiata con titolo d’arcipreito da pocho tempo in equa.

Nel Sasso Barisano è l’altro Santo Pietro parochia jus patronato di Cimminielli et di quelli di Luca di Spenazola. Santa Maria dela Vetere quale oggi è unita con san Giovanni Battista per essere di poche entrata et poche o nulla preito. Ngi sono tre habatie mitreate, Santa Maria dela Valle unita con l’arcivescovato. Santo Staso di monaci di San Beneditto, perché uccisero lloro Abbate, fu desolato il monasterio et unito con li preiti della Magior Eclesia, a questa Abatia se dà l’anno il censo dali baglivi quale era una torcia con sey docati d’argento et tre docati di cerase vino et biscotti per collattione alli preiti il vespero dela festività sua, a 20 di magio si porta per tutta la Città con suoni dalli baglivi, però como era novi docati oggi è redutta a venti carlini et alla colattione. Questo Santo è il patrono di Matera: ngi è il brazo suo et la testa del figlio posti in argento, diconi l’antiqui a tempo di guerre esser stato visto a cavallo sopra Ile mure et difensato la Città con gran spavento de inimici.

Vi è l’altra Abatia mitreata di Santa Maria de Armenis; oggi si concedono le bulle di tenersi in comenda di l’istesso ordine di san Beneditto di grandissima devotione et pocha entrata da settanta docati et moltissimi tarie. La Commenda de Santa Maria Anonciata di Pizziano di Cavallieri di Malta, d’entrata di sette centi docati, sey miglia distante dela Città ove il dì dela Nonciata a 25 di marzo se fa la festività con molto concurso dei forastieri per Ili grandissimi miracoli che fa signanter il giorno predetto, che allo alzare del Sacramento comincia dal’evangelio sana tutti li guallarosi devoti et hanni per segno che a tempo predetto suona una tromba et li figlio et grandi guallarosi passani tre volte per uno ramo di cerqua fesso per mezo ecetto la cima et poi li legano quello ramo che si unisce et salda, è esperimentato che l’infermo guarisce.

[Carta 8 recto] Per il concorso se ngi fa una menza fera senza bestiame però la iuridittione è delo fidale nostro et li baglivi exigono la piazza.

Vi è un’altra comenda di Santo Lazaro extra menia un miglio discosto con chiesa et habitazione di lazari ove a tempi mei ngi ni sono stati fi alli dieci, oggi vaca; tiene da trenta docati d’entrata et di questa ni è stato Cavalliero et comendatore delli moderni da Costolonei don Marco Antonio Viccari, figlio d’Helionora Vercelli mio consobrino como dal privilegio et bulla si mostra.

Vi è la chiesa di Santo Giovanni di Matera dela famiglia de Scalcioni jus patronati di questi già equi estinti et ngi è il suo brazzo posto in argento. Vi è il monasterio di Santa Lucia con settanta monache dell’ordine di Santo Benedetto con molte intrate et signanter in Spinazzola et sono richissime. Un altro monasterio di monache donne de l’ordine di San Domenico con cinquanta monache midesmamente comode; hanno Ile loro madre abatesse Vicarie, però quella di , Matera">Santa Lucia ha il baculo ad uso de Abbati di San Benedetto, stanni di modo reigniuse che sono due spechii. Vi è il monasterio di San Domenico fondato dalli Ciccarielli ove Ili Troyani non hanno che fare et ni son stati et sono fattori li Ciccarielli nel quale è confraternita del Rosario con molti Confrati et devotione.

Vi è il monasterio di Franciscini mendicanti conventuali quali hanni più di sey cento docati d’entrate, vi sono li studii publichi di logica et di filosophia et Confraternita di dela Trinità devotissima.

Vi è il monasterio di Capuzini fuor la Città un miglio devotissima ove ultra il studio del novici concorreno li admalati convicini.

Si fa modernamente il convento di padri di santo Agostino intitulato Santa Maria dela Gracia in luocho che si diceva Santo Guilieno, ngi è la Confraternita del Santissimo Sacremento devotissima che marita(no) l’anno molte poverelle et fa molte lemosine con confrati nobili. Vi è l’ho Spitale di San Roccho con Confraternita congionto con la Carità et ancho vi è l’ho Spitale di Convalescenti appartato et tutte Ile parochie hanni Confraternita differenti concruci et confaloni. Vi è la chiesa di Santa Maria Palomba di evidenti miracoli trovata novamente.

[Carta 8 verso] Nella madre chiesa è Santa Maria dela Bruna dele cui entrate si repara la chiesa d’ogni bis(ogno) et è capella con altare beneficiata per l’anime di morti da Summi Pontefici. Sono li preti dela madre chiesa et parochie da trecenti; quelli dela madre chiesa et di Santo Pietro Caveoso haveranni d’entrate più di quaranta docati ciascuno dala massa con eultra li beneficiari. Ngi sono li Canonici di Santo Clemente senza entrate solo di titolo. Li signori antiqui sono stati li serenissimi imperatori greci, li Re normandi, longobardi francesi, d’Aragonia, del Balzo, li principi di Taranto et d’Austria, fu di poi un conte de Sanseverini quale da sé se ni fuggì lassando una sua figlia sotterata nella madre chiesa acanto alla Capella di Zaffari (l’anno del signore 1515 di Santo Silvestro). Di poi il conte Giovanni Carlo Tramontano di Santo Nastaso Casal di Napoli, il quale per suoi cattivi portamenti fu ammazato da Tassiello di Cataldo et altri concivi. Di poi questo, fu uno signore spagniolo il quale la vendette a D. Ferrante Ursino duca di Gravina con titolo di Conte; a questo succese donno Antonio suo figlio et di donna Beatrice Fedarilla contessa di Muro; a questo, don Ferrante figlio con donna Felice figlia del principe di Bisignano et equi si fenì il dominio deli Ursini, con gratia del Signore et dela maestà di Re nostro; et il decreto del domanio l’anno 1577 fu che essendosi venduta per debiti (con tutto lo stato reservato Gravina et il patronato di Napoli) al signore Giovanni Geronimo Gesualdo litigando noi che Civitas Matere reducatur ad pristinum domanium essendo stata schiava di baroni di Settanta anni in circa dove hebbero in diversi tempi settanta milia docati donati la Causa che non sono regnati fu che fecero horto dela sacrestia dela madre chiesa.

Sono stati li Citatini sempre fedelissimi et hanni soccorsi Ili Re per llo che ni è stata privilegiata la Città e nobiliti fra li altri Tota Santoro et Antonio Cataldo et fra li altri privilegii ngi è nell’anno 1480 venendo Macometh granturcho et pigliando Otranto ni fu cagiato da Re Ferante soccorso in generale et particulare dalla Città et Citatini di Matera del che il recordato l’anno 1481 fra li altri ni fe questo privilegio qualecomincia:

Cum itaque homines et universitas Matere sugetti nostri amantissimi tales sint nobis quales Antea semper tum in hoc periculosissimo bello quod contra nos inhumanissimi turci gesserunt presto fuerunt officcionisissimi aut primi aut Certe cum primis opem subsidiumque tulerunt: jure nos eos beneficiis graciis honoribus immunitatibus ac prerogativis prosequi honestareque debemus.

et nell’anno 1501 Re Federico d’Aragonia con altro privilegio:

Nos vero volentes cum prefata universitate et hominibus Civitatis Matere graciose et bennigne agere ut optimum decet principem nec non grata eorum servitia assidue memoria nostra repetentes que serenissimis dominis nostris Regibus. Patri frati et nepoti nostris Colendissimis memoria in mortalis ea nobis cum summa fide prestiterunt queve prestitit ad presens et prestituros de cetero speramus Continuattione laudabili1a.

[Carta 9 recto] Questa città have nel suo territorio tre chiese quali evidentissimamente sono miraculose: Santa Maria de la Nonciata di Piziano comenda di Malta quale di ogni tempo et precise il dì di sua festività sana li crepati guallorosi oculatamente a tempo che si dice l’evangelio: secondo la divottione o sua essendo di età o di lloro patre o matre essendo figliolo.

L’altra è Santa Maria dela Valle Abatia antica dove anticamente assai più che a Picciano concurrevano da lontani paesi per Ili grandissimi miracoli che faceva a sanare ogni infirmità, oggi per la pocha divottione se ni astiene, però ngi è una sua imagine quale dicono che cavata dal muro et portata in mare da francesi per condurla in Francia seni tornò ad suo luocho, dove oggi si vede intorno essere stata cavata.

La terza è Santa Maria Palomba chiesa antica desolata fu a tempo di casali dentro certe locora da tenere pecore vicino il ponte di Savorra; oggi per suoi santi et continui miracoli d’ogni sorte da una grotticella si è fatta chiesa bellissima ornata con più altari et capelle servita da preiti della magiore Eclesia alli quali la concesse il primo signore arcivescovo Saraceno essendo a suoi tempi demostrata miraculosa.

Sono in questa Città otto Confrateria, due nel Santissimo Sacramento, una di nobili l’altra di populani. Una alla chiesa di San Roccho et è dela Carità, la quarta a San Domenico del Santissimo Rosario, la quinta ad San Francesco de la Santissima Conceccione, un’altra a San Pietro parochia del burgo Cavuso; et nel burgo Barisano due: una a San Pietro, l’altra a San Giovanni parochie di quel burgo molto devote.

Et ultra queste confraternita ngi ni è un’altra antiquissima et di gran merito et è la confraternita di proca morti et soni sartori et scarpari, quali senza merce alcuna solo con essere franchi de alloggiamento sotterano indifferentemente tutti li morti con quelli che nel territorio si trovani per lontani et inzolenti che siani, a questi si li dà per sotterrare li morti credo da vinti quattri candele per ciascuno, quale candele essi Ili dispensani poi a preiti a tempo che qualche povero si sotterra per amor de Idio et tengono a questo effetto torcie grande et tonde et l’altre per coprire li poveri corpi morti et fanno questo lloro officio con tanta devottione, diligencia et honestà che è cosa molto meravigliosa.

[Carta 9 verso] Se vive a questa Città secondo Ile leggie di longobardi: il figlio non è suggetto al padre, le donne non hereditano alli beni paterni ma si maritani de paragio, Ile donne maritate morendo il marito guadagniano secondo l’uso di nobili il quarto et meffio, zioé la quarta della quantità di sua dote et il quarto poi del remanente bene stabili et mobili di suo marito con la restituttione di sue dote et morendo la donna si senza herede, l’huomo ha da restituire l’integra dote et lasciando figlioli il padre a quelli non succede se non quanti vengoni li figlii nella età legittima di anni 18, et morendo il marito ab intestato quecumque morino li figlii succede lloro madre a tutti beni paterni et si ben sono li figlii di età legitima compete alla madre la legitima di detti beni et ab intestato; et questa proterva legge se costuma in danno di mariti, anci li figlii morendo lloro madre ponno domandare al padre la dote materna et vivere scorsum a patre et que peius nelle dote che si danni alle donne per fare numero di dote alli panni stabili et mobili agiongine il terzo del valore: di quelli che si vale vinti aprezano trenta.

In questa Città regna fra nobili uno odio occulto secreto et palese che per uno carlino farebono morire un citatino nelle carcere et poi lassano di sollicitare Ile lite di bonatenente di Altamura inportante decina di migliaia di docati a complacentia di parentele et lassano di seguire Ile lite di territorii et bonatenente de La Terza et Santo Heramo de più importanza et que peius dì per dì ni vedemi occupare territorii che presto seni veniranno fi dietro Ile porte della Città. Stretti al tornese fra citatini et larghini allonza con forastieri inimici di lloro istessi li nobili inpazenti fanno lloro figliole monache, li ricchi li maritani con forastieri et li populani per apperentare con nobili restani mendichi, il che non succese al perfido. In questa Città questo anno 1592 è nata fra nobile una nova inimititia et lite che essendo Bellisario Troyano per invidia d’ Herico Melvindo misso per farsi cavalliero di Malta havendici despeso una buona quantità [di] dinari a due volte nella esamina al passaggio per Malta ad vestiti ed altri cose necessarie, o per sua superbia et difetto, o per altro opungno [Carta 10 recto] fi oggi non possendo venire a quel grado con occasione di fare declare li nobili originali per godere l’officio di Camerlingato conforme al privilegio di detto officio et con questo occasione farsi declare esso et suoi di patre et matre parenti che sono nobili originali ha con altri dato memoriale a sua Eccellentia come detto officio non si deve dare se no a nobili originali et lo godevano speciali et figlii, cyrugici et figlii, notari et figlii, et figlii di hommini d’arme forastieri quali non mostravani di essere nobili alla loro patria, et per questo tolto il brazzo della Cità con occasione di fare venire Commissario a fare il novo regimento introdussero in questa Città il signor auditore Nigrone da l’audiencia di Lezzie: il quale dovendo videre solamente chi in quello officio non si eligesse se no nobile originale declarò con decreti li sottoscritte famiglie essere nobile zioè li Santori, li Melvindi, li Saliceti, li Troyani, li Gattini, li Ferraù, di Noya, di Jacopo, et li Agati senza intenderci università o altri citatini nobili, per il che un’altra parte di nobili havendono recorso in Napoli ottennero inibitoria per revocare alcune famiglie realmente populane precise li Agati quali sempre sono stati populani notari et iudici a contratto; li Saliceti et de Jacobo como a ribelli impicati li loro antecessori da San Clemente l’anno 1530 in circa, li Gattini si sono ricchi et hanni havuti due arme che queli di Stasi Gattini patre di Cicco chiamato il barone vecchio nella sua casa sopra la porta tene nell’arma come si può vedere tutto hora per impresa la gatta con li serpo in bocca et multo in umbris radiant, quelli di Biaso Gattini invece de il serpo si bene Staso et Biaso sono stati frati tene sopra la porta fatta in uno scuto uno leone con una pignia.

Dippiù Cicco Gattini dentro sua casa ha fatto dipingere in uno scuto l’arme dicono di Caravaglia patre di sua matre il leone con la pigna et la brancha di leone del Santore de sua moglie mai di casa Gattino se trovarà dottore ma però armigero come Donato Gattino Cavallo legiero del battaglione dela Compagnia di Angelo Mininno di Gravina qual fu d’ Achille Melvindi.

[Carta 10 verso] Li Troyani, Tragiano fu lazaro, Angelo Troyano suo figlio gabellato publicano che di continuo non fece altro esercizio nè si trova essere stato eletto nel goberno per nobile nè per populo, Lucio suo figlio fu ammazato iovinetto, et Giulio Troyano comminciò ad havere officio l’anno 1560 che fu Sindico di nobili. Li Melvindi da Luisi in equa, li Ferraù dal Francioso in equa per essere stato calabrese che sono tre età. Et noi Vericelli ppostingi da questi precise dali Troyani per essere che Giovanni Vericelli nostro patre fu cyragico, non obstante che fusse privilegiato per Carlo quinto imperatore con titolo di nobile et che nell’anno 1580 fussimi per tal causa declarati nobili et goduto l’officio di Carmelingo in persona di Pantaleo nostro fratello habiamo di novo avante detto signore Nigrone examinati testimonii predetti privilegii di dottorati et dui decreti fede de Università non solo di Matera ma di Altamura et fede di più officiali dela nostra vita nobile et sigilli antiqui arme antique capelle antiqui a fundattione eclesie signori francisci et stando da hora in hora aspettando la confirmattione di detto nostro decreto, et io volendo non per atto di superbia nè di vanagloria lassare a posteri memoria deli nostri antiqui Anticessori cominciando dall’anno 1300 a tempo di longobardi che fu sire Pantaleone Vercelli del quale noi oggidì habbiamo il sigello di argento con suo nome et arme con littere longobarde et sequendo li successori fi al dì d’oggi ni farò libro con Ile arme deponte cossì nostre como de nostre moglie con approbattioni di publiche scritture et privilegii et cossì ancho scriverò la gemologia di Leonarda Ulmo nostra madre incominciando da Francisco Ulmo avo di mia madre per essere stato il primo che da Miglionico venne in Matera con tutti li suoi discendenti homini et donne quali sono apparentati quasi con tutti li nobili di questa città ne ngi è nobile in questa Città che possa dire che sua famiglia non sia meschiata con li Ulmi o per sanguinità o per affinità [Carta 11 r. e v. sono in bianco].

[Carta 12 recto] La Maestà del Re nostro Signore have in questa fidelissima Città di Matera il titolo di principe come si è detto essendoli devoluto il stato di Taranto et nelli istrumenti antiqui a tempi dominava ">Giovanni Antonio Ursino del Balzo se trova dominante ill.mo Domino Gio: Antonio Ursino del Balzo principe Tarenti et Matere et comes licii et have il jus presentandi l’Arcivescovato di essa Città nel che è occorso chi essendo molto tempo detto Arcivescovato fattoni cessione da uno Arcivescovo all’altro cioè dal Cardinale Palummiero ll’arcivescovo Palumbiero et da quello al Cardinale Saracino et da questo Cardinale a Sigismondo Saraceno suo nepote quale dominò trenta anni. Di poi la morte di questo si hebbe alquanto di difficultà al presentare di detta dignità et tanto più che nelli Arcivescovati non se trovava Matera. Eccetto l’episcopato Maceranense per essere la t fatta c et per essere stata anticamente Matera episcopato et privato di quello per la morte di uno vescovo fu fatto suggetto all’arcivescovo di Cirenza con tutta sua diocesi et, passati li cienti anni, fu fatto Arcivescovato et unito con la Cirenza nel che essendoci discordia nella pretendencia di chi si haveva da intitulare fu per il Sommo Pontefice per visto et espeditoni bulla che quando assisteva in Matera et sua diocese de chiamarse Arcivescovo di Matera et di Cirenza et quando assisteva nella Cirenza et sua diocese se intitulasse Arcivescovo di Cerenza et di Matera et cossì tornando al primo intento trovandosi che la maestà del Re haveva il jus presentandi nel viscovato di Maceranense se domandava lo Viscovato di Macerate et cossì per il Sommo Pontifice fu di novo confirmato et concesso a sua Maestà di havere il jus presentandi non solo all’Arcivescovato di Matera ma ancho della Cirenza, con il quale è unito et presento Francisco Antonio Santoro fratello del Cardinale Santoro citatino di Caserta figlio et fratello di medico et primo arcivescovo di Santa Severia di Calabria essendo primo stato homo d’arma nella compagnia di detto suo principe, di poi a tempo di suo fratello hera vicario di Napoli, fu cano[nico di Na]poli et sacristano di San Giorgio dove io molte volte l’ho visto... fu molto tiranno et avido de dinari che la città [Carta 12 verso] di Matera fu forzata di mandare in Roma lo magnifico Lorenzo Vericelli mio fratello consobrino a dare suppliche contra detto Arcivescovo quale Lorenzo havendo impetrate molti ordini in favore della città et clero et diocese standosi detto Arcivescovo a Miglionico molto dissordinato cossì del suo governo como ancho aviluppate seconda dicevano con una cattiva se vidova, per il dissordinato coyto se morse lassando che il suo corpo fusse portato nella Cerenza dove già sta sepellito; questo arcivescovo fe più proventi in uno o dui anni che domminò che non l’arcivescovo Saraceno in trenta, nè mai detto Saracino hebbe cattivo nome anci alla venuta et al procedere di questo Santoro molti inimici et emoli del Saracino forono forzati a dirno bene et lodar sua vita che altro non si li poteva dire se non che si dellettava di tenere cani per Ile caccie et teneva musica et corte meglio di cardinali. Il suo corpo di poi tre anni morto fu trovato sano integro senza mancharli un pelo come che dormesse et cossì integro dentro una cascia fu portato da Gesmundo suo pagio a Napoli alla signora Silvia Saracena sua sorella monacha a Santa Maria donna Aromita nel quale chiesa l’ha fatto fare sepolcro di rilievo di marmoro, et questo con licencia del Sommo Pontifice.

Apresso a questo Santoro quasi dui anni di poi sua maestà mandò da Spagna et proprie dal regno di Galicia Francesco Avellancida dottore consigliero di sua maestà et canonico di San Jacobo di Galicia per Arcivescovo con pensione di sette cienti docati l’anno; nella venimento del quale essendo stato vetato l’uscire di grani da officiali regii per una vintina et più di villani mascalcioni sdegniato sua Eccellencia per relattione malefatta mandò ad allogiare quasi ad escrettione due compagnie di soldati spangnioli ultra due altre italiane quale pocho vi stettero, il che fu danno alla Città di trenta milia docati et alla fine detti villani di poi lunga carcere nella Vicaria et per Basilicata inteso bene il fatto furo tutti liberati salvo dui morti nelle carcere.

[Carta 13 recto] Al venire di questo arcivescovo certo di santa et exemplare vita supplicò in Napoli sua Eccellencia et impetrò che se levassero da Matera dette compagnie spangniole et sì per questo come per Ile male opere del suo predecessore quale fra li altre tiranide voleva levarci la difesa nova dela Refezza per causa de certe poche terre della menza del che la città ni paga tomola 60 di grano l’anno.

Nel entrare che primo fece questo santo Arcivescovo si uscì all’incontro quasi tutta la Città et primo Gasparro Festa vestito con roba di villuto et catene d’oro con sorgentina in mane con sey sue figlii per staffieri con archebusci; conduceva quasi tutti li figlioli di Matera vestiti di biancho con banderole alle mane con Ili arme dell’Arcivescovo che il numero più di dua miglia et videndo questo Arcivescovo questo Gasparra quale havia una barba lunga fi alle genochie di suo naturale et Ili mostacci che si legavani dietro il collo che se li ingenocchiò davante dicendoli a tempo li basò Ile mani: quem vide(s) ita me natura creavit; cosa certo di spanto mosse il cuore di detto santo Arcivescovo videndo tante anime a piangere dirottamente, appresso venne il populo tutti con arbori verdizante et suoni di naccari et canti simili alli ucielli et pareva un folto et lungo bosco arborato et questi forono da tre centi et più; di poi a questi venne una compagnia di soldati tutti ben vestiti con bandera et tamburri condutta da Pietro Antonio di Jacobo, da tre centi altri et più et appresso di questi venne un’altra compagnia di nobili tutti vestiti alla tedesca con catene d’oro non solo al collo ma ogni capello tutto fornito d’oro perle et gioe, con bandere et tamburro certo cosa maravigliosa per Ile gran gioe et oro che portavano.

Appresso a questi venne la Cavalleria con il Sindico et Eletti dela Città a receverlo et condurlo sotto il baldachino di broccato et poi al’ultimo tutto il Clero che furono da tre centi tra preiti et monaci et como è detto questo santo Arcivescovo sempre piangendo et benedicendo passava per li archi triunfali donde li erani cantati in sue lode molti orattioni.

[Carta 13 verso] Et perché haveva per la testa et nel petto certe ulcere corusive quale si medicava con unguenti composti con mercurio portato da Roma, havendo io primo medicato per la lunga mutattione de l’ayro li prehibetto detto unguento et sopravenendolo altre infirmità curato da valentissimi medici et per Ile podagre non possendoci io andare et medicati con l’unguento di mercurio il santo Vescovo in breve se morse et in scambio di dinari lassò il riccho nome di sua santa vita. Sta sepolto nella cappella delli Zaffari humilissimamente per suo ordine, questo fu l’anno 1591.

Et perché se usa farsi li vicari per il clero sede vacante per tricare lungo tempo il creare del novo successore pretendendo il vicario di Cirenza havere Ile scritture quali se trovarono in Matera et processi di suditi ha forzari la città et clero di mandare a Sua Santità D. Giovanni Jacobo Palummieri prete dottore di Matera a supplicare che la sede sinodo et altri titoli et residenza si faccia in Matera per essere tanto populosa et non alla Cirenza città destrutta senza preiti. La città spende due parte et una il Clero et questo è incluso questo anno 1593 nel mese di marzo et posto in efetto.

Questo Arcivescovato tiene bellissima chiesa con molte capelle ornate, riccha di teritorii et possessioni et have il scannaggio lassatoli per testamento da Citatini et fra le altre capelle ha Santa Maria di Bruna dove il Cardinale don Flavio Ursino como a Citatino nato in Matera fe concedere dal Sommo pontifice la indulgenza di cavare l’anima dal purgatorio dicendovi in suo altare la messa, et ha molte entrate quale non se divideno fra preti ma quelli si despendeno a reperattione a cera et ornamenti dela matre Ecclesia. Sono preiti assai et ha ciascun de entrata da detta matre chiesa più di ducati 50 lo anno. Ultra li beneficii particulari ngi sono li Canonici solo di titolo perché non hanno entrata se no Santo Clemente al Sasso Caveoso di cinque tornesi per uno et quattri candele per morto et la dignità di portare l’orniello. È in questa chiesa la Capella et Confraternita del Santissimo Sacramento con molti entrate et masserie deli quali si despensani a cera et maritagi di poveri.

A questa Capella io trovandomi in Napoli li comprai con suoi denari [Carta 14 recto] tre bellissimi lampioni con vetri cristallini di vago ornamento.

Sono in questa Città tre Abatie con mitria, una è Santo Eustachio chiesa antiquissima dove sono li suoi santi reliquii et questo santo è il protettore della città, il dì di questo santo li banglivi sono obligati per censo perpetuo portarci quindici docati cerase vino et biscotti nella vespera et questo si vede nella compra ultima che fece il signore duca di Gravina della bagliva di Matera et oggi non ngi danno se no da vinti o trenta carlini di valuta. L’altra è Santa Maria dela Valle unita con lo Arcivescovato et li baglivi similmente nge sono obligati tenerci il Capellano con peso di una messa la settimana et sey docati di elemosina. La terza è Santa Maria da Armenis quale per depocagine di nostri si possede da forastieri et sue entrate se affittane.

Primo vi erani quattro parochie cioè al Sasso Barisano: Santa Maria dela Vetere et a tempo mio desolata et unita con San Giovanni a parochia, la terza è Santo Pietro jus patronato di Ciminielli et di Luca di Spennazola, cossì per cognome detti, et nel Sasso Cavuso Santo Pietro però appare fonte di battesimo a San Giovanne di Matera però non è in possesso. Questo Santo fu di Matera di la nobile et antica famiglia di Scalcioni, oggi estinta; però nge ni sono in Altamura; il corpo di questo Santo sta a Santa Maria di Pulzano al monte de l’Angelo Gargano, in Matera ngi è solo il brazzo quale si tiene per li preiti di Santo Pietro Caveoso.

Queste parochie hanni cossì buone entrate como quelli de l’Arcivescovato. Tutti li preiti tengono conventione con la Città del loro franchicia.

Santo Pietro Caveoso è chiesa collegiata.

L’Arcivescovato ha per supremi officii il decano con il beneficio di Santo Canio et di Santo Lio et ha l’arcipreito inferiore al decano dignità di poche entrate.

Nella Città sono due Comende l’una di cavallieri di Malta et è Santa Maria Annunciata di Pizziano con suo terio et per grancia Santo Spirito al piano di San Domenico et santo Thomase sopra li magazeni di Pietro Vericelli d... ch’era c(hiesa) scoperta [Carta 14 verso] et ngi è la commenda di San Lazaro con poche entrate donde è stato Cavalliero et commendatore delli moderni reformati per il gran mastro Castellioneo don Marco Antonio Viccaro figlio de Elionora Vericelli sorella di mio padre, in questo hospitale fu confinato Tragiano Troyano bis avolo di Julio Troyano per essere lazaro et si per suo albergo fece edificare quello palazulo scoperto che sta al fondo dello cortiglio con certe scalette di petre et si ngi confiscarono molti suoi bene precise Ile terre alle Matinelle et altre occupate poi per li Troyani, però Ile terre se recuperorono da Julio Troyano per il detto don marcho Antonio et perciò fra Troyani et Viccari è odio.

Et sono in questa Città quattri monasterii di monaci: l’uno di San Domenico edificato per primo dalli Ciccarelli del quale oggidì ni è protettore mastro Angelo, et non dali Troyani quali si fanni della istessa famiglia atteso li Ciccarelli con il cane che morde l’osso fanno ancho l’arboro de oliva ma li Troyani non fanno se non il cane che morde l’osso solamente, et questa differencia è si oggi senza che fra essi non si trova grado propinquo in parentato nè lontano; questo è povero monastero che appena nge ponno vivere sei frati, però di questo ordine et in questo luocho sono stati valentissimi predicatori Citatini di Matera como fu Maestro Vito, Maestro Paduano et delli moderni maestro Roberto delli Cayoni o Scappa Sceppa.

Ngi è il monasterio di San Francesco detto primo San Paulo, antiquissimo dove è l’antica nostra sepoltura et Capella della Matalena oggi detta del Carmino beneficiata con lampa accesa fondata da nostri antecessori Vericelli et per noi oggidì posseduta: si ben li nostri da nostro patre in equa si sono sottoretati nell’Arcivescovato, questo fu per pigliare il possesso de l’hereditate di Cola de l’Aquila per sopra nome Cola Spinale lloro avo per parte di matre per essere sepulcro di quello. Questo monasterio è richissimo ngi sono molti frati maestri studenti et bacillieri per esserci il studio ordinario di logica, filosophia et theologia; al regente del quale la Città dona docati ondici l’anno per elemosina per comodità di studiare li Citatini.

[Carta 15 recto] In questo monasterio ngi è uno abuso molto profano contra lloro consciencie che havendo il magnifico Battista Melvindo lasciato tutta la sua facoltà quale valeva più di sey milia docati in diverse possessioni con che fe l’entrate, li frati se ni pigliassero solamente novi docati per elemosina de una messa il dì da dirse per detti frati nella sua Capella della Nonciata dentro lloro chiesa di San Francisco, et il restante delle entrate se spendessaroni a maritagio di povere orfane della Città lasciando epitropi et procuratori di questo Giovanni Francesco Gorisio suo nepote mentre viveva et di poi di quello il più propinquo di sua linea di Melvindi, il Sindico protempore di Matera, il reverendissimo Arcivescovo o suo Vicario protempore; pochi tempi di poi li Melvindi et monaci se divero questa facultà con chi ni maritassero o due o quattri per uno et da Ila certo tempo nè l’uno nè l’altro ni maritava, onde li frati con il loro disegno de inpatronirse afatto di questa heredità hebbero ricorso alli officiali dela fabrica di San Pietro li quali levato tutto quello che occupavani Ili Melvindi una con Ili frutti decorsi como al signore Calistro Forza como a marito della figlia de Ferante Melvindo. Molto ben caro costò la fabrica retinendosi li frutti, consignò li stabili al monasterio di San Francisco quali si godeno et hanni godute dette entrate senza maritare povera alcuna con tanto pocho pensiero di epitropi et procuratori di questo monte, il testamento fu fatto per notar Roberto Agata sta in poter di notare Mario Paulicello quale io ho vista et havutani copia a tempo che litigai la chiusura detta di mastro Renda già devoluta alli monaci.

Et similmente ngi è a questa Città il monasterio di Capuzini dove Leonarda Ulmo ngi donò il giardino quale è verso la Gravina con certe gruttelle et ngi sta a questo monasterio l’infirmaria et li novicii et viveno opulentamente, il monasterio è sontuoso di buon aere.

Si fa di nuovo il monasterio di Santa Maria dela Gracia di l’ordine de Santo Agostino, nostro signore lo faria venire a perfettione per essere cominciato questo anno 1593 alla ripa della Gravina nel Sasso Barisano in uno Eclesiola grancia di San Pietro parochia di Ila.

[Carta 15 verso] Ngi sono dui monasterii de donne sacre con lloro Abatese et vicarie, una de l’ordine di San Domenico detto dela Nonciata primo de Santa Maria delle Virtù in una grotta al Sasso Barisano alla ripa della Gravina dove oggidì appareno molti segni antiqui di essere stato monasterio et oggidì è chiesa molto devota et di poi secondo dicevani li antiqui, da Ila fu fatto il 2° monastero chiamato Santa Maria della Nova al piano vicino Santo Rocche chiesa molto antica fatta tutta a lamie senza un pezzo di legno salvo Ile porte con coritori di petre che se camina per tutto dentro et fora ad intorno, dicese essere stata edificata da una regina di Cipro et che in Cipro li haveva resignate molte entrate già estinte per lontananza di paesi.

L’altro è di Santa Lucia de l’ordine di San Benedetto il quale primo stava a Santa Lucia dil Sasso Caveoso et altri diceno di S.to....; questo monasterio è assai più riccho del altro et tiene territorii, fieghi, ciensi dentro et fora Spinazzola et la Regia dohana di Fogia paga ciascun anno a detto monasterio per locati ordinarii docati cienti cinquanta; ha territorii assai fa maxarie di campo, pecore et bacche et l’uno et l’altro viveno opulentissime, sono in ciascun di essi monasterii da settanta et più monache ultra Ile citelle che stanne per serve.

Vicino a questo monasterio di Santa Lucia per essere vicino la Gravina ngi è uno luocho de acqua chiamato il Gurgo li antiqui lo chiamarono fontana bona per essere a tempi secchi nel fundo di quello una acqua sorgente che mai diseccha quale escie da vivi sassi; questo locho è per dui comodità a Citatini per la vicinanza, l’uno per Ile donne a lavare li panni l’altra a figlioli ove se imparano di notare.

Il mondo può dire non che il regno di havere simili monasterio di donne ma non megliori in tutte Ile perfeccioni et bontà pertinente a monache caste religiose et di santa et esemplare vita senza mai havere havuto nome di machia alcuna primo a complacentia di signori spirituali o temparali... e entrava alcuna forastieri ma oggi non vi entrano in ... do alcune salvo Ile citatine et con buona elemosina per lo substentamento.

[Carta 16 recto] Ne l’anno 1518 dipo la morte del conte Gioane Carlo Tramontano quale fu ammazzato da Citatini como è detto l’anno 1515 che si trovava in demanio sotto il goberno di Rodorico Cusciano il quale fece edificare Ile buccerie fuor la Città, mandò Giovanni Battista Saliceto et notar Roberto Agata del populo in Spagnia alli serenissimi Carlo de Austria et donna Giovanna d’Aragona sua madre successori nelli reg(ni) di aragonesi per farsi confirmare tutti li privilegii et dubitando per la morte del conte predetto impetrarono da Papa Leone decimo breve apostolico di racomandatione un instrumenta.

«Leo papa Xus carissimo in Christo filio nostro Carolo hyspaniarum regi captolico, salutem et apostolicam benedittionem.

Accepimus Materam civitatem Regni tui Apulia neapolitani in sinu tarentino provincie ydruntine positam sub dittione tamen Regia perpetuo permansisse et licet illius civitatis et regimen per aliquot annos elapsos in aliud dominium alios devenerint tamen divina ac tua favente clementia in pristinum ac maiestati tue dominium sunt restituti cupiunt que magnopere in Eodem statu conservari et ut devoti et fideles Maiestatis tuae captolice authoritate favorabiliter confirmari et hac de Causa dilettos filios Giovannem Battistam Salicetum et notarium Robertum d’Agata Concives pro negocio predetto huius modi exequendo honesto nuncios destinarunt, Nobis que humiliter supplicarunt ut eosdem ipsi maiestati tue commendatos reddere dignaremur. Nos igitur eorum honestis precibus annuere volentes presertim pro civitatem predictam contra turcarum et pyrattarum infidelium in illa hora impetus atque incursus et rebus et viribus semper obstitisse fortiter intelleximus, Eadem Maestate, tuam ortamur in domino atque paterne requirimus ut eisdem nunciis se facilem benignumque prebere ... eosque voti compates hac nostra evidente co(..)dattione graciose remittere velit, inquorum et tue maiestati dignam et nobis plurimum gratam faciet.

Datum Rome apud santum petrum sub anulo piscatoris die 25 mensi iulii 1518 pontificatus nostri anno sexto».

Li quali imbascitori havute questo breve non bisogna andare in Ispagnia perché la maestà di Carlo venne in Italia per incoronarsi imperatore et cossì credo che a Bologna fussero dalo imperatore confirmati tutti li nostri privi(legi) et la magior parte dammodo in possessione esistant et tanto avante qu(anto) poi mai questa Città per depocagine et gara di Citatini si ha saputo conservare la possessione nè di questi nè di altri privilegii como dalli privilegii et gracia concesse chiaramente appare, nemeno oggidì a questo se attende poiché la Sumaria tiene ordine di observare tutti li privilegii di Aragonesi. Il Saliceto et l’Agata voleva pagati et remunerati como fussero andati in Ispagnia et mai valsero presentare li privilegi [Carta 16 verso] et notar Roberto ni tenne nascosto uno dentro la saccoccia a mano destra dove li venne una stiomena corrosiva che si mangiò tutta la coscia et di quella si morì con estremo suo dolore et il Giovanne Battista per una fellonia di poco momento ni fu con infamia appicato. E sempio di chi occupa scritture et privilegii del publico.

Furono questi privilegii expediti l’anno 1519 quali cominciani:

«Nos Giovanna et Carulus dei gratia et itaque eam Universitas et homines fidelissime Civitatis nostre Matere dicti nostri regni Sicilie Citra farum precipue fidelitatis eorum erga serenissimos predecessores nostros reges aragonum et archiduces Austriae in utriusque fortune successibus signa ostenderunt equum videtur in hiis qua nobis honesta presertim pecierunt audiri debeant»

ut de libro Cronicarum f: 342 da Philippo rege padre Ludovici Regis per Ile continue guerre con li Saraceni nell’anno 1371 havendo questa Città persi li suoi bestiame Filippo allora imperatore di greci signore di questa Città per remunerattione di servitii prestiti li fa un privilegio con chi li rebassa la mietà delli pagamenti fischiali qual privilegio cossì dice:

«Nos itaque considerantes zelum devotionis et quem fervente ad maestatem nostram et progenitores nostros vos hommines civitatis Matere gessistis et geritis fervore sincero, ob que spoliati mobilibus bonis vestris quondam modo vertitis ad innopiam in presenti paterno amore fundentes dominicam caritatem».

Et altri diversi privilegii quali nel archivio si conservano ultra li occultati et persi per depocagine et per malicia di alcuni a compiacenza di baroni quali in cossì pocho tempo che hanni domminato pensavano al tutto impatronirse a fatto di quanto la Città possideva et oggidì possede.

A tempo che Signori venetiani possedevani Minopoli per alcune iuste cause fu da marchese del Vasto assediato et preso et da questa Città il suo esercito fu subvenuto di gente et vittovaglie fidelmente et volendosi detto marchese venire a refrischiare con sue gente in Matera: secondo il solito li citatini del borgo salvoro le donne et robbe nella Civita ad evitare li dissordini che soglioni fare la moltitudine di genti, con buone parole, si fe aprire Ile porte della Civita et como fu nel piano del Arcivescovato buttò la bacchetta in terra e fece sachegiare la Città salvo l’honor delle donne: atto empio et crudele. Nella istessa inchiostra don Giovanni d’Avolos suo figlio havendo presa [Carta 17 recto] per moglie donna Maria Ursina fece Ile feste torniamenti et altri suntuosi giochi pompa di donna Felice Sanseverina allora signora con danno et inganno dil signor Duca suo figlio. Questa donna Felice fu superba vendicativa tiranna di subditi et per suoi crapizzi per litigare con vassalli per il stare suo in Napoli et per questo maritagio redusse a fare vendere il stato al duca suo figlio et morendo mostrò ancho il suo odioso animo con Gravina dove morse lassando in testamento che si sepellisse alli Capuzini di Matera all’entrare dela chiesa per farsi capistare la faccia da tutti quelli che Ila entrano stando il suo retratto di petra d’entaglio sopra terra. Non mancorono di poi venduta et fattasi di domanio questi signori Ursini di rehaverla un’altra fiata in lloro dominio et perciò mandarono il Dottor Donato Maria de' Cristiani di Gravina alla Corte di sua Maestà in Ispruch per rehaverla per se che era stato leso al prezzo et che vi havia il titolo di Conte con accapare primo di farsi capitanio di nuova compagnia di cavalli legieri per Ile guerre dil duca di Savoya credendo levarsi con questo il nome di fellonia in che si trovani questi Ursini, da tempo del treccho et retrovandosi per buona sorte nostra in corte di Sua Maestà il Re, Anibal Moles regente di Cancellaria il quale gi era stato in Matera per l’informattione a tempo si fe del regio domanio et informato de tutti privilegii antiqui et servicii prestiti alli Re aragonesi, la ostinata (vo)luntà di Cittatini di farsi di domanio et levarsi dalle tyranide d’Orsi(ni) moderni differenti deli primi Ursini quali allettorono con ogni bontà li suditi con lloro avantagio di donativi, però Ila in corte fu discussa la Causa et terminatum che impetratum perpetuum silencium per llo che lo Donato Mario fu disgraciato dali suoi signori pretesti che havia atteso al continuo in ... et finalmente per remunerattione fu ammazato in Gravina da uno travestito tinto di negro con barretta di preiti senza che di sua morte se par... però fu ben ditto:

qui veneri, domino, populo paret orbus honore, te(mpus) opes que suas perdet et ipseruit: sioé chi serve donna populo et signore perde lo tempo, la robba et l’honore.

Si trova anticamente che essendo in questa Città un signore tiranno l’anno 10.. Maniaco homo potente et valoroso Citatino ammazò il tyranno et lo populo lo creò lloro signore: per la subtilità del’ayra et cer(ve)llo sottile di citatini sogliono ogni Cinquanta anni fare alcun mo... se trova che l’anno 1018 essendo un altro tyranno fu ammonito da Santo Eusebio... temporis Episcopus Vercellensis dal quale credo che dependiami [Carta 17 verso] da questa famiglia et che fussi vescovo di Matera poiché Santo Eusebio quale fu vescovo di Vercelli Città in Lombardia fu nell’anno del signore 350 et visse 80 anni et non so como questo vescovo di sì lontano paeso che da equa fi in Vercelli credo siani trecenti miglia et più ma che più presto como ho detto fu vescovo di Matera et il suo cognome fusse di Vercelli cossì come il Sigismundo Saraceno, però sia quomodo cumque Ile parole et versi sono l’infra scritti.

Anno ab incarnattione domini nostri Jesu Cristi 918: erat quidem princeps et patricius Materanensis ditissimus inter heroes et gloria mundi florebat sed vanitate huius seculi et fragilitate carnis. quam etas iuventutis solet habere, multum erat impurus, que pro auttoritatem illud agebat, unde, a suis civibus fuit interfettus, misit ad eum beatus Eusebius carmina per viginti duas litteras. Ita dicendo.

Audax est. vis iubens dum fervet caro mobilis Audatter agant perperam sua membra coinquinans Attende princeps quia de terra es et in terram reverteris Breve est tempus imber ut perdas flores optimos Audatter agis perperam tuam membra coinquinans Carni tue consenciens animam tuam decipis Deo placere non cupis qui de celo conspicit Dentes tui fremitant et animam exsceperant Lingua dolorem generat et tua fides trepidat Eleva oculos tuos vanitate ut videant Deo placere non cupis qui de Celo conspicit Fecisti malum consilium et offendisti minimum Quia multum secutus es amorem et libidinem Gloriam queris in populo, laudem humana diligis Ibbi relinques omnia ubi superbi ambulant Hoc si est cordis intellige, quale preceptum legis est.

Dicesi che un monacho di casa Goriso amazò l’abbate di Santo Staso et per ciò (in penitencia del successore et monaci sta nel archivio dela Città) non è maraviglia si sono estinti et lo monasterio fu desolato.

Detto Tassiello con Cola di Salvagio nobili et altri del populo a 1515 il dì de Santo Silvestro ammazzò il conte Tramontano et similmente non si meraviglia si li Cataldia et Salvagi sono estinti, et similmente li Saliceti; li Jacobiello di Jacobo, et li Saliceti, et con essi Giorgio di Cataldo sono estinti quali furoni ribelli a lloro Re d’Aragone mattescamente in favore di francesi.

Nel muro dela magior Ecclesia vicino l’altare di Santa Maria dela Bruna et proprio dove starmi depinti li profeti stava con intaglio scritto:

[Carta 18 recto] Anno 1350 die 28 ottobris Mucius di sire Pantaleonis cum suis sequacibus decolavit viginti otto hommines intus Ecclesiam Sancte Mariae de Nova il quale si accompagnò Alemo di Giovanni Brunello cognato di detto Mucio et questi morti furono dela famiglia di un mastro Martino Cipolla dottore ricco primo nobile di sua famiglia per la competencia di precedere al tempo che in detta chiesa si faceva il consiglio generale: et per essere equi nonminata detta chiesa dirò di quella: dicesi che passando per Matera una regina di Cipro trovò che Ile monache di l’Annonciata che stavani nelle grotti di Santa Maria di le Virtute, et per sua devottione fece edificare questa chiesa che si camina tutta dentro et fora et di sopra con scale di petra senza esserci un segno di legno accio che con il tempo non fussi venuta meno et Ila appresso dove oggi è il suo giardino hera il monasterio dove reinchiuse dette monache assignandoli dudici docati il de... vive entrate nel regno di Cipro et per ciò dicevano che in detta chiesa ngi era un buscio che li dava una libra d’argento vivo il dì, però poi venuto questo regno in poter di altri Re dette entrate se persero al tutto; et poi per Ile guerre stando Ile monache a luocho solitario fuor la città fu trasferito vicino Santo Eustachio dove oggi si trova, a tempi antiqui stava quasi aperto ma poi fu chiuso et stretto como si vede dal Cardinale Saraceno essendo vicario et decano don Francesco Ulmo mio cio.

Le monache similmente di Santa Lucia stavani a santa Lucia di Casalnuovo similmente a grotti, di poi se transferì dove oggi si vede alla pistergola.

Et perché mi trovo smandato a ragionare di chiese dicesi che la chiesa di Santo Staso è più antica di l’arcivescovato secondo l’epitafii de l’una et di l’altra alche non si deve attendere perché la matre chiesa se renova a quella bella forma che si vede levandola dal modello antico et ... composta et la figura dela Madonna dela Bruna si diceva Santa Maria di Piscopio, et si finì di renovare l’anno 1270 secondo suo Epitaffio quali dice, mille duecentenus erat annus settuagenus dum fuit completa domus spettamine leta. Però la propria et antica fundattione di Santo Staso fu ne l’anno mille et ottanta como da suo epitaffio nella colonna dacanto l’altare magiore appare ove si legge:

Stefanus Abas senex, quam cepit condidit edem hinc placet Arnaldo sacrari presule magno millenis annis ottodecies que perattis ut deus est nostram dignatus sumere formam maius agenorici, dum tauri cornua premit

[Carta 18 verso] Alli 1088 fu papa Urbano a questo monasterio… nel quale epitaffio appare che Stefano Abbate cominciò et finì di edificare la chiesa, et che Arnaldo la consacrò, il quale era vescovo talchè in detto tempo bisognava esserci il vescovato nel quale tempo di mille et ottanta sette hera summo pontefìce Urbano secondo successore di Vittore papa terzo et l’uno et l’altro monaci primo di S. Ben(edett)o con li favori delli quali allora si edificorono infiniti monasterii poi che in Matera ngi ni furono dui questo et Santa Maria d’Harmie(nis) et porebbe essere che questo Urbano per Ile differenze del regno fussi venuto in Matera et allogiato a questo monasterio per honorare la religione di Santo Benedetto, però non trovo a che tempo fu desolato.

Alano materano detto universale per Ile sue gran virtù et signanter in filosofia et theologia, il quale fu lettore nel studio di Parisi l’anno 1300 in circa fugendo li sedittioni di sua patria compose più et diversi libri di diverse sciencie come Ile antiche croniche si può videre si bene le stia notato che fussi teutonicho però oggidì nella contrata di Lo lapillo tra il castello et il puzzo dove sorge l’acqua dela fontana hera sua vigna con una casuccia di pietre piccola mal fatta casa propria di filosofo quale oggidì si chiama la vigna et casa di Alano et porebbe essere che dispregiato da proprii citatini si havesse sdegnato et fattosi chiamare teutonicho essendo cosa verissima che nemo profeta acceptus est in domo sua in cognattione farce in patria sua: sincome usò anche Domitio figlio di Giovanni Campo, speciale di Matera, il quale essendo divenuto optimo stampatore di libri per non ponirsi Citatino di Matera si sotto scriveva Domicio Campo del mondo.

Nel 1170 incirca a tempo di Rugiero di suo nome 2° et primo titulato Re di l’una et l’altra Sicilia et de Inocentio 2° pontefice romano, fiorì in questa Città Santo Giovanni di Matera nato da nobili, figlio delli Scalcioni, il quale per quarto di sua vita s’intende et si legge da sua fanciullezza sconosciuto et vilmente vestito, se ni andò all’isola di Taranto dove molti anni fece penitencia et vita santa in vano da suoi per molte parte cercato et poi per Calabria se ni andò in Sicilia in uno heremo inabitato dove mangiò solamente herbe e fichi salvatichi secche et per levarsi d’ogni tentatione dormiva in uno lagho d’acqua et con Ili continue orattioni scacciava da sé varie illusioni diabolichi deli quali di continuo hera travagliato, ispirato poi dal S. padre Santo se ni venne a stare a Genosa dove [Carta 19 recto] scono[sci]uto trovò il patre e la matre fugiti da Matera per Ile guerre et cossì sconosciuto como a mendico avante la casa di suoi genitori si stette et poi in una taverna nel boscho dove li abitanti di Genosa da sopra le ripe di quello ombroso vallone chiamandolo, in scambio di pane, li buttavani petre per llo che pregò Idio che li Citatini naturali di Ila fussera sempre poveri et li forastieri quali fussera andati ad abitarci fussera arrichiti. Racordatosi di quello che Moyses con minacci disse al populo hebreo nello "Deuteronomini" al cap. 28: Advena qui tecum versati in terra tua, ascendet superte erit que sublimior tu autem descendes et eris nferior ipse fenerabit tibi et tu non fenerabis ei, ipse erit in capud et tu eris in caudam; il che oggidì se vede con esperiencia che li abitanti antiqui sono tutti poveri mendichi et li forastieri quali vanno ad abitarci si arrichiscono di modo che dominano et hanni li primi luochi.

Fra detto tempo fece edificare con sua diligencia una bella chiesa et facendo questa opera santa fu calluniato d’havere trovato un thesoro dove havia cavate Ile pietre dela chiesa, fandolo stare pregione in una oscura et crudele pregionia con ceppi et catene ben custodito et per divino miracolo li ferri catene ceppi se ruppero: le porte s’apersero et li guardiani si sbigottirono et il Santo homo indi si partì et stracquo del camino como fu a Pisticcio sotto Ile siepe a quello largo fuora la porta al sole se adormentò et passando da Ila alcune figliole di Pisticcio di otto in dieci anni, videndolo cossì malvestito adormentato alzandosi Ile veste lo pisciorono et risvegliandosi li disse che Ile donne di quella terra tutte a quel tempo pisciassero il sang(ue), il che oggidì se vede che Ile donne di Ila a 8 a 9, a dieci anni al p[are] tutte hanni Ila purga et molte di questa età se maritano. Et da (Ila) caminando seni andò a Capua et da Capua se ni tornò a Bari dove predi[cando] il Santo evangelio con chiamare li peccatori a penitencia, fu dal vescovo et [preti] di Ila calunniato per heretico ponendolo in uno oscurissimo carcere et volendolo in ogni modo farlo brusciare; il che venuto all’orechie del princi[pe] mandò dui exploratori dotti et fatto certo che il tutto era per invidia di sacerdoti lo fece liberare como ad innocente et da Ila seni andò (a) stare al Monte Gargano vicino la chiesa di Santo Angelo del monte et edifi[can]do la chiesa di Santa Maria di Pulsano, un lupo andò ad amazare l’asi[no] il quale carriava la monittione per la fabrica, et il Santo homo prese il lupo (et) lo fece faticare con limbasto in scambio de l’asino morto et finita la chiesa li canciò et perché notte et giorno observava l’hore canonice son[ava] [carta 19 verso] sempre Ile campane li monaci vicini fastiditi notte et giorno da detto... lo presero di notte et legato lu buttorono dalle più alte ripi et balz(e) del monte dentro il mare et il Santo homo a tempo de Ihore solite [ca]nonice per divino miracolo se trovò a sonare Ile campane como primo ille[so] et senza danno alcuno et cossì dinpoi avante fu tenuto per homo santo et essendosi fatto monacho li monaci istessi lo fecera Abbate di (detta) chiesa di Santa Maria di Pulsano per forza atteso opugnò et ricusò di non essere habbate allogando essere indegno et innabile.

Et fatto Abbate gobernò [con] molta santità et contento di monaci mentre visse; di poi morto legesi che nella sua camera si trovorono molti lumi accesi et uno suavissimo odore et Ile campane da sé sole sonarono et beato quello homo chi possette havere un pocho delle sue veste et vivo et morto fu miracoloso in fare ogni sorte di miracoli, consolò aflitti, sanò informi, resuscitò moni, illuminò ciechi, fe parlare muti, et camminare li struppiati. Fu canonizato et posto nel catalogo di santi, la sua festività si celebra a 20 di giugnio, fu nella Città da suoi edificata la chiesa del suo nome, et è loro ius patronato di Scalcioni con bone entrate, di sue reliquie vi è un brazzo posto in argento quale se conserva da preiti di santo Pietro parochia del Caveoso burgo et un pocho delle veste nella cascietta di reliquie nella magior Ecclesia.

Fiorirono a tempi mei maestro Paduano ecclesissimo et dottissimo predicatore patre dominichino Maestro nella sacra theologia, et con esso il famoso Maestro Vito Volpe il quale fu lettore nel studio di san Domenico di Napoli per molti anni et fra le altre cose notate di questo dottissimo homo discoperse l’heresie che predicava fra Bernardino di Siena per ordine di sua beatitudine con farli brusciare tutti suoi libri in una disputa generale che sopra zio fece nell’arcivescovato di Napoli con molto suo honore et sotisfattione di tutti i disputanti et del populo dicesi che in una disputa che si havia da fare in Roma fu fra li altri chiamato questo maestro Vito il quale per essere corpulento extra misura et deforme di faccia recusava andarci et animato da suoi superiori officiali di san Domenico di Napoli, andò con molta sua fatica dove disputando avante sua beatitudine fu tale che meritò che sua beatitudine li dicessi: Numquam viddi clariorem disputantem isto et il maestro del sacro palazzo per segno di suo valore li posse al deto uno ricchissimo anello d’oro.

Et nel Catalogo di dottissimi maestri nel monasterio di san Domenico in Napoli fra dottori et illustri padri al pare del dottore angelico detto maestro Vito è descritto…

[Carta 20 recto]… di Taranto verso dove sua moglie et figlii stavane et cognosciuto... gran capitanio l’ostinattione di questo homo tentò il negocio con il Conte [di] Potenza et l’accapo et ni hebbe Torre di Mare et la Roccha Imperiale et ciò non è maraviglia si questi signori di Potenza sono quasi estinti et senza quasi.

[So]no stati a questa Città molti armiegeri antiqui et moderni fra li altri Francisco di Jacobo capitan di fanteria, Giovanni Ferraù et Antonio Ferraù suo figlii, et l’uno et l’altro capitani di fanteria di Castrovillari et molti altri alfieri. Andriano Cara Vasciale accasato in Matera alfiero di gendarme di Solimona, Francisco Lombardo alfiere di gendarme di Pignatiello et ancho Marcho Nelvi[ndi], Achille Melvindi et Calistro Forza l’uno et l’altro Capitani di cavalli ligieri.

Non lasserò di dire di molti legisti et philosophi senza numero Giovanni Pietro del Duce Auditore della serenissa regina di Polonia officiali in diversi luochi, Giovanni Battista suo figlio Auditore generale di monsignor arcivescovo Saracino.

Et fra medici et philosophi degni di memoria Giovanni Antonio Vercelli mio fratello consobrino il quale essendo di anni vinti cinque meritò essere lettore della nattione tedescha in Padua, tenne conclusioni publiche et stampate di tutte Ile sciencie etiam nella sacra theologia fu di tanta memoria et retentiva che quasi alla mente recitava Platone et Aristotile, et ovunque lo tocchavi respondeva sempre et all’improviso con veri testi. Medicava al più con medicamenti semplici et di rado con composti quali da sé componeva…, may fallirono li suoi pronostichi et a tempo che in regno venne la… Regina Bona, Regina di Polonia, passando per Venezia et cercando per un m[edico] di regno per sua persona li fu anteposto dali signori veneziani questo per homo atti[vo] et cossì mentre visse fu suo medico salariato con setti centi scuti l’anno et setti rattioni di vitto per esso et servi et cavalli. Morse a tempo che ancho morse la Serenissima Regina et sta sepolto a Bari d’età di anni vinti cinque in circa al fiore di sua gioventù con danno et lacrime non solo di suoi parenti ma di amici et concivi et con tristo nome del Pappa[coda].

È stato a questa Città di gran virtù professo in legge et valore fra preiti Donno Francisco Ul(mo) decano et Vicario mentre visse, di Matera fu ancho Vicario absente [et] Episcopo di Lezzie et in questa Città et in quella con molto suo honore formò preiti et monache et signanter a Leccie dove stavani a porte aper[te].

[Carta 20 verso] Fu in questa Città don Marco Antonio Viccari cavalliero comendator di San Lazaro delli n..., fu di questa Città a tempi mei fra Beneditto monaco di san Benedetto il quale [si dice] che havia la coda et fu di tanta forza che fra le altre cose con un pu[gno] ammazzò un altro monaco, spezzava con Ile mani uno et dui ferri di cavallo, teneva con uno dito dela mano uno castrato mentre il buz[ziero] l’occideva et scorticava et a tempo che nel largo del’arcivescovato si faceva il giuocho del tauro fugendono uno si scontrò con questo S... fra la porta di suso et di bascio verso la piazza et il buon monacho l’aspetta animosamente et pigliatolo per Ile come lo tenne mentre fu da soldati del giocho ammazato, fu sottil maestro di fari orologii in...

Fu ancho a tempi mei maestro Giovanni Pietro nobile et predicatore senza rispe[tto] et dale elemosine di prediche si havia fatto molti vasi et piatti di argento che seni servia a sua tavola del che ni fu castigato da Idio che a tempo morse cercando un pocho d’acqua da monaci ingrati attenti ad pigliare sue robbe non li fu data, et morendo disse: «neque aquam inveni in morte mea».

Oggi fiorisce a questo istesso monasterio di Francisco nostro Conventuali il maestro Ventura Porcio nobile et valentissimo predicatore et lettore nelli studii di Matera, Bitonto, Taranto, et altri luochi di di Ila sacre l... Vi è Thomase Vercelli medico filisopho dottore l... il quale per sua virtù et continui experimenti sta previxto in Altamura con quattri centi scuti ultra li lucri de finora et vi sono altri Vericelli meritevoli di eterna memoria per le buone oper[e].

Concluderò quest’opera con lo illustrissimo et Reverendissimo Cardinale Ursino don Flavio nato cresciuto et fatto litterato a questa Città il quale racordato di la sua patria per la naturale bontà de donna Beatrice Ferrilla sua matre et di don Ferrante Ursino primo suo patre impetrò da sua beatitudine che nello altare di Santa Maria dela Bruna dentro l’arcivescovato nostro fussi altare beneficiato di cavare l’anima di purgatorio ad ogni uno che in per li morti ngi fa devotamente celebrare la messa quocumque et si be ho detto che questi Orsini sono stati nostri patroni tyranni non e stato di natura lloro ma di poi apparentati con Ili Sanseverini calabresi et con Ili Giesualdi hanni mutato la naturale bontà.

Con tutto ciò non lasserò di dire di Pietro del Guercio primo habbate di l’Armenio et vicario generale di Matera et poi per sue vertù vescovo di Motula sono stati di questa Abbacia molti Citatini Abati fra li altri Cola Salvagio nostro fratello consobrino.

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