In questa Città di poi cacciati li greci et saraceni dal regno circa l’anno
del signore 1126 posseduta da normanni francesi bellicosi da Roberto Guiscardo circa anni 190 et poi da svevi (891 regnare
cepit) cominciando da Herico in sino a
Coradino quello quale
fe iustificare Carlo primo Re
francese vicino Santa Maria del
Carmino in Napoli anni cinquanta
incirca: da Re Carlo primo
francese insino a Giovanni figlio di Renato anni cienti
settantacinque in circa essendoni detto signore cacciato da Re
Alfonzo de Aragona il quale regnò con Ili suoi successori insino
a Ferdinardo detto
Captolico annisettanta sey in circa al quale succese l’invitto et
glorioso imperatore Carlo
quinto quale regnò anni quaranta uno et poi si oggidì ch’è l’anno
del signore1595 la maestà di Re Filippo.
Sta situata questa Città in un pogetto alquanto alto respetto alle
altissime ripe dalle quale è circundata parte di durissimi sassi parte de
valloni altissimi, posta parte sopra dura petra et parte sopra petra molle atta
a cavarsi et fabricare et a respetto delle colline et murgie petrose che la
circondani appare essere situata a luocho bascio perché di lunga non si può
videre se non sei vicino un tiro d’archibuscio eccetto il campanile et il castel
fuor la Città per essere altissimi e li quali si discuopre insino al mare di
Taranto. Tiene forma di ucel senza coda perché la città
admurata è il corpo, la piazza et magazeni mezi murato è il collo et testa, dui
burghi che vi sono l’uno a destro verso Bari detto il
sasso barisano et l’altro a nostra sinistra verso Monte
Scaglioso detto il sasso caveoso senza
muri sono l’a[li]. [Carta 2 recto] L’ayro è temperato sì
per esserepo cho distante dalle due marine di Taranto et Bari sì
anchora per essere alla fine di Puglia et al principio
di Basilicata; quattri miglia il territorio distante dal teritorio
di Monte Caveoso et di Miglionico quale
divide il fiume Bradano; il
scyrocco vento caldo ni viene da Taranto, la borea
fredda da Bari, la traversa da Basilicata; è tanta la
bontà di l’ayro che pochissimi feriti di testa vi moreno et di rado li corpi se
infirmano, Ile gente viveno sani et al piu vecchi che passano il sessagenario et
vi sono assai che vanni alli novanta insino a cienti anno, reservando alcuni
dissordinati.
L’homini sono di iusta statura al più ingeniosi atti a prendere
qualsivoglia sciencia et arte bellicosi, sanno al più natare nell’acque rispetto
de un gorgo seu redutto di acqua pluviale detto il gorgo, anticamente fontana
bona situata in un petroso luocho circundato di ripe altissime atto ad imparare
di natare.
Lle donne similmente di mediocre statura et mediocremente belle. È
circundata questa Città da sessanta miglia di circuito de territorii la maggior
parte fertili aratorii, il restante petreo pezo silvoso et di herbagio per
bestiami, convicina con lli territorii di Basilicata con
Monte Piloso et
Grottola, alla Rifezza con
Miglionico, Pomarico et
Monte Caveoso, il Bradano mediante con
l’istessa provincia Genosa et Castellaneta con terra di Bari, Gioya, Acquaviva, Altamura et Gravina; il
territorio dala confina di Grottile insino alla
confine di Castellaneta è miglia
decedotto,da Miglionico insino
alla confina di Altamura miglia
dudici; la fertilità del territorio è tanto che ngi vengoni a seminare li
convicini et ad pasculiare quellichi hanni citatinanza et è eccettuato dala
suggettione dela dohana di Foggia perla multitudine delli bestiame di citatini.
Ha il Bradano fiume et
fontane d’acque vive et puzzi surgenti abondevoli como a dire verso Basilicata Ile fontane di Timbari,
d’Egino, il puzzo dil’Angareso di
Cifaldo verso Gravina, la
fontana de la ficha, puzo dela
Noce et altri verso Altamura:
fontana dela Vita, fontana di santa
Candida, fontana di Talvo et infini altri
puzzi che ovunque se cava alle Matine se trovane
acque bonissime; et verso Otranto è
fontana Imperatore dentro Ila difensa reale delle
regie razze delle giumente et la fontana del Cannile et
de la Terza, et il puzzo di
Lucigniani et altri puzzi et fontanelle quale per brevità si
lasciani, et la fontana di santo Pietro d’acqua longa
quale escie da petra viva con grandissima abundancia.
[Carta 2 verso]. L’edificii dela Città sono al più
palacci fabricati di petra bianca quadrata et grotti cavati di petra biancha
atta a fabricare et cossì li borghi et tanto l’attitudine de la petra ove se
cavani Ile grutte che in una di quelle si vedeno cammere, cantine, stalle,
cisterne, fosse da tenere grano et altre biade, in sino a luochi di tener
galline.
Et perché la Città et burghi non sono posti a terra piana et precise Ili
borghi se vedeno Ile chiese ove sono sepelliti li morti stare di sopra Ili
grutti dove alcuni habitano et cossì se dice che in Matera li morti
stanni sopra Ili vivi.
A notte oscura stando da sopra Ila città alli muri dal piano del
Arcivescovato et riguardando a bascio al burgo barisano
ove ad un suono di tromba tutti li habitanti escono Ile lume, chi granda et chi
piccola, fuora Ile loro case et palazzi si v’è un simile cielo stellato con li
segni celisti di stelle sotto li piedi talchè sincome li morti stanni sopra li
vivi, cossì per il contrario il cielo con Ile stelle sta di sotto li piedi di
homini et non sopra la testa.
Nella piaccia sono Ile poteghe ch’ogni sorte di mercancie, speziali,
drappieri, mercanti di panni, orefici et fundici di ferro di salnitri con ogni
altra sorte di artigiani, necessario al vitto et vestito, fundaci di formagio,
di lana et chianche o voglian dire boccieri fuora la piazza a luocho appartato
et due comode ostarie et molte taberne et cantine da vender vino et quelli chi
non hanno comodità nelle case tengono al convicino dela Città cantine appartate
fredissime che non tengon bisogno d’estate di neve nè di salazza.
Nel entrare de la Città è una fontana abondante surgente con una conserva
grandissima de acqua quale l’estate non si può bevere da chi non è usato che li
fa venire doglie et torcimento di ventre et alle volte flussi; et perché alcune
volte d’estate suole diminuire l’acqua dela fontana, la Città ha fatte due altre
conserve, una avante l’Arcivescovato e l’altra in un altro luoco comodo per
poveri, però dali cittatini facultosi non mancano cisterne alle case et dentro
et fuor la Città, et cossì fosse impatinate con calcina tegole, di mattoni et
bolo russo, quale conserve di grani, et orgi sono di tal bontà che conservano
optimamente et con poco soli ma otto et più anni, et per queste bone conserve et
per la quantità d’orgi et grani che in suo territorio [Carta 3
recto] si racoglie, et per altri chi da convicine terre vi si porta a
vendere questa città è uno deli più buono et gran granaro del regno.
Ha il seggio, carcere et stancia per il governatore et iudice in mezzo la
piazza; et proprie dove anticamente si diceva lo
pannayero che in tal luocho il lunidì et martidì d’ogni
settimanno Ila concurevani tutte Ile terre piccole del convicino et ancho molti
di Città grande a vendere et comprare a l’uso del venerdì et lunidì in
Napoli, per essere giorni privilegiati franchi oggi quasi
estinto per Ile tirranide di signori passati Ursini.
Ha midesmamente questa città la fera di otto dì cominciando dal dì di
Santo Lorenzo d’agosto qual si fa fuor la Città mezo miglio dove è il m[astr]o
mercato eletto dala Città il quale per detti otto giorni ministra iusticia, fa
novo camerlingo per la guardia noturna et muta tutti li officiali di guardia di
teritorii, catapani, et portulania, reservati Ili mastridatti et li proventi
sono li suoy et cessani ancho li baglivi et ogn’altra iurisdittione seculari.
La città è tutta admurata con alcune altissime torri, quali all’antica
quale a tempo che si combatteva con balestri hera espugnabile cossì come oggi
sarebbe a guerre senza artelleria et a tempo che la maestà di Re
Ferante donò questa Città a Carlo Tramontano di Santo
Nastaso, casal di Napoli, con farlo
Conte; il detto Conte si sforzò ad murarla tutta con Ili borghi et parte de
colline dentro et già cominciò a fare il Castello ad modo del Castel novo di Napoli anzi più
superbo et ni fè edificare solo una faciata con uno torrione grande in mezzo et
uno per ciascun lato più piccoli a tempo che si pagava la giornata de l’homi sey
grana et altre tanto del cavallo et si despese con danno del populo docati
vinticinqua milia como oggi si può videre nelle scadde di notar Roberto Agata il quale ttenne conto
di detta fabrica.
Le donne anticamente erane honestissime di modo che non si posseva videre
le citelle mentre non si maritavani, et li istessi mariti neancho se no il dì
del sponsalicio, il che si observa oggidì però non tante strette. Et oggi
cominciani a dissordinare di pompa et di vestiti indifferentemente nobili et
ignobili con ultima royna di poveri mariti.
[Carta 3 verso]. La Città sibe nella vechia
numerattione è di fuochi dui milia 495. A questa nova che questo anno si farà
credo sì per li disordini di citatini como ancho li forastieri che vi sono
concursi da terre convicini che se aumenterà di milli altri fuochi tanto più che
non vi è fra questo tempo stata mortalità di farvi stima se no di alcuni
figlioli di morvillo et sì per la grandezza, bontà et grassezza del luoco como
per essere pocho distante da Gravina et Altamura, città al pare populate et granari et per stare mezzo
altre provincie Basilicata, Bari et
Otranto et fra il mare Tireno e
l’Andriatico in un bisogno de guerre a queste Città si può fare
maxa di gente appiè et a cavallo con ogni comodità et di possere soccorere ad
qualsivoglia parte di queste provincie et di Puglia. Però dali Re
antiqui concesero a questa Città che havesse dato sussidio di grassa a
Taranto et che non fusse tenuto nè di darni ad altro luocho nè
meno si li havesse posto taglione nè paronati et a prezzo di grani il che oggi
non si observa ma si ben il subsidio di vittovaglie et lietti per soldati per
lloro comodità de dormire
Havria anticamente questa città per tutto il contato et territorio molti
casali delli quali in alcun luocho si vedeno reliquie di titti rutti in alcun altre grotti dirute con chiese all’uso greche et in
altri luochi sepulture antique con vasi neri sotterati et altre a uso di greci
senza vasi a un morto per sepultura nelli quali oggidì in alcun luocho si trova
ossa di morti, trovati per memoria di questo uno rivilegio concesso alla Città
ne l’anno 1373 da Filippo principe di
Taranto che la Città stia in domanio con li suoi casali,
possessioni, territorii iurisdittioni et pertinencie, quale privilegio si
conserva nel archivio dela Città: nel tenimento di Matera et provincie:
dala confine di Altamura avante il
Casale antico di Pisciulo et di
Ghyescie et per la strata che passa per la taberna di Viglione
e la strata Appia quale va da Roma per drittura a
Brindisi per comodità di soldati per imbarcarsi al porto di
Brindisi per andare a levante o alla Velona in Grecia et
altri luochi nella quale strata oggidì appareno Ile reliquie de Basilicata quale era per tutto [Carta 4
recto] il territorio domanio et difense.
Sono dela Città sey difense cioè dela Murgia, dela
Rifezza vechia et
nova, deli Riccioni
detta deli Termiti, dela Matina, di Timbaro novamente fatta (1577) et de li Sarole quale la Regia corte molto
tempo fa se la prese per tenerci l’inverno Ile razze Regie delle giumente quale
d’estate stanni a bisaccia, ove la Corte ha le altre sue difense; per dette
giumente il Demanio si possede daparticulari Citadini, da chiese et da
l’Arcivescovo poche però li citatini pagano alla Città la giummella di grani et
orgio che viene delli decedotto uno et alle volte occorrendo bisogno alla
università fa pagare dedudici uno et ogni altra sorte di biada et legumi sono
franchi di gabella. Et da quelle predette difense ni percepe la Università buoni
denari secondo la carestia d’herbagii. Dona la Università gratis alli maxari di
campo per lloro buovi et per due bacche domite per maxaro. La difensa de la Murgia et dela Rifezza et alle volte per bisogno Ile vende et cossì ancho
quella della Matina, ha di
proprietà, la Città Ile terre dela Selva con il puzzo di Lucigniano et lo parchitiello
dela Murgia comprati dal
duca di Gravina ad esso
pervenuto per donattione fattali da un Pascale di Cataldo concive. Possede il Castello fuor la Città,
locore et vigne cungionte et uno giardino extra Ile mure dal demanio in equa
quale furono del duca Ursino predetto et più possede la taberna di Viglione
comprata pocho fa per la Università dal marchese de la Terza per docati
milli et cinque cento, questa taberna fu dal duca di Tripalda venduta al
duca di Gravina signore
allora di Matera sopra Ile quale taberne una donna di quelle dal duca di
Tripalda nge havia la ragione di suoi alimenti et per via del
Sacro consiglio la fece vendere per depocagine di donna Felice
Sanseverina duchessa di Gravina et se la
comprò uno ad istancia di detta donna et quello poi la vendì al marchese de
la
Terza per vil prezzo et per Ile differencie correno fra detto
marchese et questa Città fu bisogno pagarla assai più di quello che vale con
certi buoni patti. Et perché la Città a sue dispose edificò il palazzo nella
piazza con Ile carcere di sotto ove habita il gubernatore et tiene iusticia essa
midesimamente racoglie il portiello da carcerati.
[Carta 4 verso] Le gabelle sono tutte dela Città et
primo era dela farina dove se pagava dui carlini per il tomolo di grano et alle
volte grana vinti quattri, poi per comodità de citatini se unì con il furno
quale era gabella separata et oggidì se paga tre carlini per tavola di pane
cuotto incluso un cavalluccio per rotiloallo fornaro per cocitura.
La gabella del mobile nella quale pagani tutti li animali quadrupedi.
La gabella del vino et la gabella delle legne et foglie ove se includeno
molti altre coselle minute: carvoni, calce et fornaci di creta.
La gabella dela carne con la buccina francha atteso Ile buzierie sono dela
Città con il luocho vacuo et lago d’acqua trista contiguo quali la Università
affitta per l’acqua et lutame et può tenere gratis alla difensa delli
Termiti tutte Ile bestiame che si hanni da macellare.
La gabella della bardella di pocho importanza.
Li pisi et mesure et portulania midesmamente sono dela Città.
Li proventi dela Corte del gobernatore civili criminali et misti sono dela
Città con privilegio Regio con che pagha la provixion al Capitaneo et iudice che
serà trenta onze, oggi non solo ne voleno più ma se usurpani tutti liproventi
l’intercetti et danni dati dalle defense et vigne, però nella difensa delli
Termiti et vigne la bagliva exige la mietà per privilegio et
tutte queste entrate incluse Ile giummelle sogliono fare la summa di docati
vinti cinque milia incirca.
La gabella del scannaggio è delli preti della maggior Eclesia ad essi
donata da donno Antonello de
Angelis concive comprata dal Re da uno mastro Tuccio de Angelis medico in
burgensaticho.
La bagliva et mastrodattie sono del signor duca di Gravina per culpa de citatini quali a tempo del domanio non li
volse intestare ad un citatino come fece delli pesi et mesure intestate ad uno
Pepa mat[erano] per essere poverissimo et caricho di
figlii, però detto signor duca li tiene con molto suo danno che pigliò 27 mila
docati ad otto per cento per comprarli et li rendono da milli et trecento in
circa, et si paga certo censo como se dirà parlando dichiese.
Nel territorio di Matera è la comenda
di Santa Maria nel monte de
Picciano di cavallieri di san Giovanni di
Malta con una difensola dove li citatini ponno seminare con pagare
meza semente et detti bovi godeno l’herbagio però da pocho tempo in equa la
dohana di Foggia ngi ha distese Ile mane. Del restante de detta chiesa se
dirà appresso.
[Carta 5 recto] Se goberna la Città da un Sindico,
sey ordinati cioè auditori di regimento et decidotto altri. A tempo si fa
consiglii privati: il Sindico uno anno è deli nobili et l’altro del populo; il
nobile è nell’anno paro et il populano l’anno imparo cioè nel mese di settembro
incomincia a gobernare: il settembre 94 entrante il 95 fu Giovanni Antonio de Angelis
sindico nobile, il sequenteanno 95 intrante 96 è Pietro Conturso mercante populano, et da
questo si può cognoscire li sindici nobili et ignobili antiqui; li ordinati sono
tre nobili et tre populani et cossì ancho herano li decidotto, però per disegno
di citatini tirannili fanni la magior parte populani vili per haverli ad ogni
lloro voluntà. Si suolo creare al Conciglio generale la prima festa del mese
d’agosto a ziò li novi officiali in detto mese possani vendere tutte Ile gabelle
si è per un caso per alcuni particulari citatini di fare il regimento et
consiglio generale di uno per famiglia et signanter dali Vercelli quali a lloro dispese fanno
queste lite nel sacro Consiglio atteso che li consiglii generali si fanni more
populari dove ogni sorte di vili et servili hommini imbriachi et di taberna ngi
votani et la magior parte si votani a gridi et voce confusamente, talis il
parere di chi sa non giova et tanto è la voce del più vile ignorante imbriacho
quanto del meglior dottore o vechio nobile, cosa certa molto dannosa
habominevole et nefanda.
Non si può fare consiglio nè generale nè privato nè parlamento senza
intervento del gobernatore et questo per privilegio ad evitare li scandali et
tumulti di citatini tyranni però l’officiale assiste, nè parla nè vota. Si
eligono al Consiglio generale il tesauriero quale raccoglie tutte l’entrate, il
Camerlingo et di questi seni eligoni tre che siani nobili originali delli quali
uno ni sceglie sua eccellentia et Collaterale et li fa commissione regia, però
anticamente il sacro Conciglio ne ballettava uno, questo ha pensiero della
guardia notturna, tiene Ile chiave delle Carcere et primo dava li allogiamenti;
oggi la Università nge interviene per levare Ile tyranidite et parcialità di
allogiare et contribuire.
Eligge tre mastri mercati delli quali uno ballotandosi ne resta.
Eligge dui Catapani quali mettono l’assisa reservato la carne atteso la
Università la dà alla baccina deli altre secondo se vendea Gravina et Altamura. [Carta 5 verso] Eligge il cancilliero et dui debutati al
suono del squilluccio, li procuratori et capellano delo spitale di Santo
Roccho il qual è ius patronato dela Università et perciò mantiene
li gittatielli; si eligono dui sindici delli quali ballotandosi ni resta uno, li
altri restani perordinati et delli ordinati dui per ciascuno et ballotandosi uno
resta ordinato, l’altro delli decidotto, nella elettione il sindico eligge un
altro sindico di poi resta senza eligere altro officiale cossì nelli altri
Consiglii prepone tutto quello che occorre alla Università et li sey et
decidotto concludeno.
Paga la Università cienti cinquanta ducati l’anno al signore di Genosa
per il legnare al bosco con che possiami transpiantare termiti et mortelle per
piantarli alli nostri chiusure et giardini del territorio, fra noi è comunità.
La Città di Gravina con
Matera non ha communità, eccetto che, volendo li nostri con Ili
bestiami pascoliare il territorio di Gravina, pagani sette
carlini per maxaria alla bagliva di Gravina et cossì
quelli di Gravina similmente
godeno il nostro territorio con pagare alla bagliva altrotanto.
Altamura, Laterza, Santo
Heramo, Genosa, Taranto
hanni citatinanza et cossì Bari, ma per tirranide
deli Ursini si è lassata,
atteso fecero pagare la piazza di extrattura di grani a barisani; quelli di
Miglionico pagani alla bagliva uno tarì per bove domito, a
tempo cultivano nelli nostri teritori et che vengani legati.
La Università nostra tiene lite con Altamura con
La
Terza et con La Terza de la bona
tenente quale importa l’anno più di cinquecento docati et più di vintimilia per
il passato et per la tyrannide di nostri citatini quali hanni parenti a dette
terre et precise ad Altamura con Ili
Melvindi, Santori, Gattini, Ferraù et altri si lassa di sequire et non si attende ad altro
quali sono del governo nel che fanno ogni lloro forzo di entrarci se no ad far
vendetta et di roynare lloro contrarii hemoli et inimici et dannificare non solo
Ile difense ma vigne et chiusure di particulari et delli chiese et angariare li
poveri quali non choaderiscono a lloro voluntà.
[Carta 6 recto] Sono in questa Città diverse minere, zioé
di oro in una arena rossingna et proprie al Castello del che fatto esperienza da
signori è più la spesa che l’utile; ngi è la minera di bolo russo, giallo,
biancho et cerulio al tutto simile alla cralennia quale con tanta reputazione si
siggilla per quanto da Galeno, Dioscoride et Mattiola chiaramente
si mostra, et non è bolo armeno orientale nè lapis bezoar; nelle crete se trova
il gisso et l’ocria et fra li sassi il detto bolo et la petra salegna et la
marchesita alla gravina di Santo Martino et altre se ni trovariani si da
diligenti exquisitori si cercassero è copioso il teritorio di semplici,
medicinali et teriacali fra li altri il mahaleb d’arabi chiamata da noi la nera,
ceraso salvatico, il terebinto vero, l’herba falangio vulgaramente detta
scorzonera, quale non solamente giova a morsi di serpi, et alle febra pestifera
ma anchora alli morsicati dalla tarantola specie di falangi quali a nostre parte
et per tutta la Puglia si guariscono
con il suono et il canto fandoli ballare al sole ardentissimo, il che fa
l’operattione il sudore onde il veneno dele tarantole si esala (carlina yxia
mandragore odorate). Ngi è lo scorpionide herba utilissima alli morsicati dal
scorpione tutte l’aristolochie, la peonia, Ilacentaures tutte, lagario filata,
il baccharis, il lapidio, il camedrios, il camepiteos, teriacale et il muscato:
un cardo senza spine con frondi bianche d’odore al tutto di muscho, il vero
calamento montano, il palio, il daucho vero, il dittamo biancho, il vero satirio
magiore descritto da Matteoli, una specie
discamonea vera, tutti li titimali et apios, l’orobanche, l’alchechengi, milium
solis il vero, maro, delle teriache, il rosmarino montano, il paucedano, Ile
squille vere et il pancracio, la pianta ferulacea del galbano, il giacinto, il
narciso, il timo con il vero de pittimo et altri sempiici infiniti et usuali et
il licio et l’acatia, veri, et la noce vomica, a tempa ros(sa) et la lunaria
greca: et il vero nitro naturale et il salnitro artificia(le).
Et perché lassai di ponere li nomi di casali ove appareno segni nelle
grotti di chiese greche et nelle campagne titti rotti et sepolture: Santo Pietro alla
refezza, Piziano,
Timbari, d' Egino, le grutti deli Melvindi, li
gruttolini, Brindiglio, Santo Martino, Ile gruttaglie dela chiesa,
li locori di Michele Ulmo,
Mantola, le locore di mastro Paschale, Monte Ritundo, Santo Andrea, Santo Basile, Libera, Pogio reale, Serrapizzuto, Sera magiore di mastro Coluccio Alvaro, La Lupana, Santo Nicola, Lucignano, La Terza, lo Cannile, la Selva, [Carta 6
verso]
Curtili russi, Grottella, le Sarole, li Danesi, la Rossa, Monte Granaro, lo Salicene, Hyescie, Pisciulo
Ile Granelle, Santa Candida, fontana di Vita, Ciccolo Cane, serra dela Casella,
Monte Gruosso, Monte Arataro, Fontana dela Ficha, Santo Staso deli Duce,
la Vaglia, Santa Maria Palomba,
Cavas Savorra, Santo Canio, Santa Lya, et altri deli quali non ngi
è memoria, Pantone, la Verdescha, Santo Heramo, Bazola, Montagniulo.
Anticamente nella Città fu il vescovo jus patronato della Maestà del Re
nostro et per suffraganei, La Terza, Genosa,
Torre di Mare, Pisticcio, Bernaldo, Montescaglioso, Pomarico, Miglionico, Ferrandina et
Grottila. Et perché a tempi antichi vi fu ammazato il vescovo
non solo perse il nome di Città et privata per cienti anni del vescovato ma fu
sottoposta con tutte Ile terre suffraganei all’arcivescovo di Cyrenza. Et passati poi li cienti anni, cercò la
reintegrattione di havere il suo Vescovo, et como che l’arcivescovo di
Cyrenza era povero d’entrate non valsero altrimenti dissunirlo.
Al che contradicendo, la città non voleva darli obedientia et perciò quelli dela
Cyrenza conservani una littera scritta dal’arcivescovo
Siciliano confessore che fu credo di re Ferante, il quale
scrive a preti di Cyrenza che siani
buoni cristiani et non como quelli di Matera quali sono
stati uno anno senza confessarsi. Al che volendo Papa Sisto Quarto
remediare cossì como Matera era Viscovato
lo fe Arcivescovato unito con quello di Cyrenza et che mentre
stava in Matera et sua diocesi se intitolasse Arcivescovato di
Matera et di Cyrenza et cossì
quando steva in Cyrenza et sua
diocese Arcivescovato di Cyrenza et di
Matera, il che poi si è observato, ma como che li luochi
piccoli si gobernani meglio che li grandi per essere quelli pochi et uniti et li
grandi di assai dissoniti et confusi l’acorentini non solo si hanni mantenuta
lloro diocese ma si usurporono la nostra, nel che oggidì se litiga in Roma.
Sono stati da tempi nostri in equa Arcivescovi, Andrea Matteo
Palammiero il quale fu fatto Cardinale da papa Clemente
Settimo l’anno 1527 et morì in Roma l’anno 1537, al
quale succese suo fratello, il quale morì in Napoli sta sepolto
dentro la sacristia di Santa Maria a fornello; a questo successe Giovanni Michele
Saracino, il quale fu fatto Cardinale da papa Julio
terzo l’anno 1551, fu gobernatore di Roma et Ila morse.
Questo fatto che fu Cardinale renunciò l’Arcivescovato a Sigismundo Saraceno
suo nepote il quale morse in Matera l’anno (1585)
et fu trasferito suo corpo a capo di tre anni integro illeso senza mancamento di
un pelo in Napoli nella chiesa di Santa Maria Donna
Romata, dove Silvia
Saracena sua sorella monacha li ha fatto fare un sontuoso
sepolcro di marmore.
[Carta 7 recto] Et per essere jus patronato di Re, vacò
molto tempo, et venne per arcivescovo Francisco Antonio
Santoro, o dicono Sartoro figlio et fratello di medico di
Caserta, primo homo d’arme poi parochiano a Santo Giorgio di
Napoli poi caninico di Napoli poi arcivescovo
di Santa Severina di
Calabria; con favore dil cardinale Santoro suo fratello qual fu
vicario di Napoli, fu arcivescovo di Matera et in pocho
spacio si fe riccho et litigando con Matera per suoi
dissordini se morì in Miglionico et fece
transferire suo corpo a Cyrenza.
Appresso a queste venne Villanayda dalla
Galicia di Spagnia homo veramente
di santa et immortal vita, il quale per dissaventura di subdità per infirmità di
ulcire corrisive et disagi patiti per longo camino in breve se morse, con
estremo dolore di tutti suditi, sta sepolto a Matera.
Appresso a questo venne Scipione la Tolfa
primo arcivescovo di Trani con Ili quali hebbe molte lite, et renunciandolo fu
capellano o priore magiore di Santo Nicola di Bari
poi fu fatto nostro Arcivescovo, fu homo molto iustifico senza rispetto però
dato allo lucro et maxarie et in breve tempo si morse; fe la cantina et stalla
nel suo palazzo, sta sepolto in Matera con havere
lasciato uno riccho spoglio al nuncio et gran travaglio a suoi.
Et per Ile cessioni che l’uno Arcivescovo insino a Sigismundo Saraceno
si erani fatti hebbe alquanto differenza il Re nostro con il Summo Pontifice
atteso si trovava essere jus patronato il vescovo maceranense havendo della
littera t fattoni c et poi trovata
la verità non solo li concese per jus patronato Matera ma anche la
Cyrenza quale non si incledeva al ius patronato et perché per
la nomminattione per la distancia si sta sede vacante uno et dui anni siami
quasi a llite con Gyrenza sopra il
Vicario Capitulare quali per lloro differenze elexoro per Vicario il vescovo di
Gravina il quale se
voleva tramettere ancho con Matera essendo equi
vicario appartato da quello sede vacante et con tutto le lite dela Santa
Congregattione si ni ha havuto recurso da detta congregattione et ad Sua
Eccellentia et cossì si è desistito senza ponirci il pie(de).
Ha sudite vinti quattri terre incluso il monte
Syrico dove è l’arciprete, solo ha cinque vescovi suffraganei,
di Venosa, Potenza, Gravina, Tricarico,
d'Anglone detto
Aquilonia oggi transferito in Turso per essere
Aquilonia
dissabitata.
[Carta 7 verso] È in questa Città la nostra chiesa
antiquissima quale havia il Campanile all’antica che oggidì se vede acanto le
case archipiscopale et tunc temporis
Santa Maria della
Bruna se chiamava Santa Maria di
Piscopio il che ho io in uno istrumento antico che si dà per
convicino et ancho Santo
Pietro deli prin(cipibus) sotto Ile case di Juliano Paulicelli, di poi l’anno 1270
fu renovato como oggi si vede, et dove hera il Campanile antiquo di Santo Staso
si fe’ questo moderno et per ciò se dice che le campane sono di Santo Staso.
Ngiera la parochia di Santo Pietro et
Paulo dove oggi è il Convento di san
Francesco transferito poi al >sasso Caveoso, et
si è impetrato di essere chiesa collegiata con titolo d’arcipreito da pocho
tempo in equa.
Nel Sasso Barisano è
l’altro Santo Pietro
parochia jus patronato di Cimminielli et di quelli di Luca di Spenazola. Santa Maria dela
Vetere quale oggi è unita con san Giovanni
Battista per essere di poche entrata et poche o nulla preito.
Ngi sono tre habatie mitreate, Santa Maria dela
Valle unita con l’arcivescovato. Santo
Staso di monaci di San Beneditto, perché
uccisero lloro Abbate, fu desolato il monasterio et unito con li preiti della
Magior Eclesia, a questa Abatia se dà l’anno il censo dali baglivi quale era una
torcia con sey docati d’argento et tre docati di cerase vino et biscotti per
collattione alli preiti il vespero dela festività sua, a 20 di magio si porta
per tutta la Città con suoni dalli baglivi, però como era novi docati oggi è
redutta a venti carlini et alla colattione. Questo Santo è il patrono di
Matera: ngi è il brazo suo et la testa del figlio posti in
argento, diconi l’antiqui a tempo di guerre esser stato visto a cavallo sopra
Ile mure et difensato la Città con gran spavento de inimici.
Vi è l’altra Abatia mitreata di Santa Maria de
Armenis; oggi si concedono le bulle di tenersi in comenda di
l’istesso ordine di san
Beneditto di grandissima devotione et pocha entrata da settanta
docati et moltissimi tarie. La Commenda de Santa Maria Anonciata di
Pizziano di Cavallieri di Malta,
d’entrata di sette centi docati, sey miglia distante dela Città ove il dì dela
Nonciata a 25 di marzo se fa la festività con molto concurso dei forastieri per
Ili grandissimi miracoli che fa signanter il giorno predetto, che allo alzare
del Sacramento comincia dal’evangelio sana tutti li guallarosi devoti et hanni
per segno che a tempo predetto suona una tromba et li figlio et grandi
guallarosi passani tre volte per uno ramo di cerqua fesso per mezo ecetto la
cima et poi li legano quello ramo che si unisce et salda, è esperimentato che
l’infermo guarisce.
[Carta 8 recto] Per il concorso se ngi fa una menza
fera senza bestiame però la iuridittione è delo fidale nostro et li baglivi
exigono la piazza.
Vi è un’altra comenda di Santo Lazaro extra menia un miglio discosto con chiesa et
habitazione di lazari ove a tempi mei ngi ni sono stati fi alli dieci, oggi
vaca; tiene da trenta docati d’entrata et di questa ni è stato Cavalliero et
comendatore delli moderni da Costolonei don Marco Antonio Viccari,
figlio d’Helionora Vercelli mio
consobrino como dal privilegio et bulla si mostra.
Vi è la chiesa di Santo Giovanni di
Matera dela famiglia de Scalcioni jus patronati di questi già equi estinti et ngi è il
suo brazzo posto in argento. Vi è il monasterio di Santa
Lucia con settanta monache dell’ordine di Santo Benedetto con molte intrate et signanter in Spinazzola et sono
richissime. Un altro monasterio di monache donne de l’ordine di San Domenico con
cinquanta monache midesmamente comode; hanno Ile loro madre abatesse Vicarie,
però quella di , Matera">Santa
Lucia ha il baculo ad uso de Abbati di San Benedetto, stanni di modo reigniuse che sono due spechii. Vi
è il monasterio di San Domenico
fondato dalli Ciccarielli ove
Ili Troyani non hanno che fare et ni son stati et sono fattori li Ciccarielli nel quale è confraternita del Rosario con molti Confrati et devotione.
Vi è il monasterio di Franciscini
mendicanti conventuali quali hanni più di sey cento docati
d’entrate, vi sono li studii publichi di logica et di filosophia et
Confraternita di dela Trinità devotissima.
Vi è il monasterio di Capuzini fuor la Città un miglio devotissima ove
ultra il studio del novici concorreno li admalati convicini.
Si fa modernamente il convento di padri di santo
Agostino intitulato Santa Maria dela
Gracia in luocho che si diceva Santo Guilieno, ngi è la
Confraternita del
Santissimo Sacremento devotissima che marita(no) l’anno molte
poverelle et fa molte lemosine con confrati nobili. Vi è l’ho Spitale di San
Roccho con Confraternita
congionto con la Carità et ancho vi è l’ho Spitale di
Convalescenti appartato et tutte Ile parochie hanni
Confraternita differenti concruci et confaloni. Vi è la chiesa di Santa Maria
Palomba di evidenti miracoli trovata novamente.
[Carta 8 verso] Nella madre chiesa è Santa Maria dela
Bruna dele cui entrate si repara la chiesa d’ogni bis(ogno) et è
capella con altare beneficiata per l’anime di morti da Summi Pontefici. Sono li
preti dela madre chiesa et parochie da trecenti; quelli dela madre chiesa et di
Santo Pietro
Caveoso haveranni d’entrate più di quaranta docati ciascuno dala
massa con eultra li beneficiari. Ngi sono li Canonici di Santo Clemente senza
entrate solo di titolo. Li signori antiqui sono stati li serenissimi imperatori
greci, li Re normandi, longobardi francesi, d’Aragonia,
del Balzo, li
principi di Taranto
et d’Austria, fu di poi un conte de Sanseverini quale da
sé se ni fuggì lassando una sua figlia sotterata nella madre chiesa acanto alla
Capella di Zaffari (l’anno del
signore 1515 di Santo Silvestro). Di poi il conte Giovanni Carlo Tramontano di
Santo Nastaso Casal di Napoli, il quale per
suoi cattivi portamenti fu ammazato da Tassiello di Cataldo et altri concivi. Di poi questo, fu uno
signore spagniolo il quale la vendette a D. Ferrante Ursino duca di Gravina con
titolo di Conte; a questo succese donno Antonio suo figlio et di donna Beatrice Fedarilla contessa di
Muro; a questo, don
Ferrante figlio con donna Felice
figlia del principe di Bisignano et equi si fenì il dominio deli Ursini, con gratia del Signore et
dela maestà di Re nostro; et il decreto del domanio l’anno 1577 fu che essendosi
venduta per debiti (con tutto lo stato reservato Gravina et il patronato di Napoli) al signore
Giovanni Geronimo
Gesualdo litigando noi che Civitas Matere reducatur ad pristinum domanium essendo stata
schiava di baroni di Settanta anni in circa dove hebbero in diversi tempi
settanta milia docati donati la Causa che non sono regnati fu che fecero horto
dela sacrestia dela madre chiesa.
Sono stati li Citatini sempre fedelissimi et hanni soccorsi Ili Re per
llo che ni è stata privilegiata la Città e nobiliti fra li altri Tota Santoro et Antonio Cataldo et fra li altri privilegii
ngi è nell’anno 1480 venendo Macometh granturcho et
pigliando Otranto ni fu cagiato da Re Ferante soccorso
in generale et particulare dalla Città et Citatini di Matera del che il
recordato l’anno 1481 fra li altri ni fe questo privilegio qualecomincia:
Cum itaque homines et universitas Matere sugetti
nostri amantissimi tales sint nobis quales Antea semper tum in hoc
periculosissimo bello quod contra nos inhumanissimi turci gesserunt presto
fuerunt officcionisissimi aut primi aut Certe cum primis opem subsidiumque
tulerunt: jure nos eos beneficiis graciis honoribus immunitatibus ac
prerogativis prosequi honestareque debemus.
et nell’anno 1501 Re Federico
d’Aragonia con altro privilegio:
Nos vero volentes cum prefata universitate et hominibus
Civitatis Matere graciose et bennigne agere ut optimum decet
principem nec non grata eorum servitia assidue memoria nostra repetentes que
serenissimis dominis nostris Regibus. Patri frati et nepoti nostris
Colendissimis memoria in mortalis ea nobis cum summa fide prestiterunt queve
prestitit ad presens et prestituros de cetero speramus Continuattione
laudabili1a.
[Carta 9 recto] Questa città have nel suo
territorio tre chiese quali evidentissimamente sono miraculose: Santa Maria de la Nonciata di
Piziano comenda di Malta quale di ogni
tempo et precise il dì di sua festività sana li crepati guallorosi oculatamente
a tempo che si dice l’evangelio: secondo la divottione o sua essendo di età o di
lloro patre o matre essendo figliolo.
L’altra è Santa Maria dela
Valle Abatia antica dove anticamente assai più che a Picciano
concurrevano da lontani paesi per Ili grandissimi miracoli che faceva a sanare
ogni infirmità, oggi per la pocha divottione se ni astiene, però ngi è una sua
imagine quale dicono che cavata dal muro et portata in mare da francesi per
condurla in Francia seni tornò ad suo luocho, dove oggi si vede intorno
essere stata cavata.
La terza è Santa Maria
Palomba chiesa antica desolata fu a tempo di casali dentro certe
locora da tenere pecore vicino il ponte di Savorra; oggi per suoi santi et continui miracoli
d’ogni sorte da una grotticella si è fatta chiesa bellissima ornata con più
altari et capelle servita da preiti della magiore Eclesia alli quali la concesse
il primo signore arcivescovo Saraceno essendo a suoi tempi demostrata
miraculosa.
Sono in questa Città otto Confrateria, due nel Santissimo
Sacramento, una di nobili l’altra di populani. Una alla chiesa di
San Roccho et
è dela Carità, la quarta a San Domenico
del Santissimo Rosario, la quinta ad San
Francesco de la Santissima Conceccione, un’altra a San Pietro parochia del burgo
Cavuso; et nel burgo
Barisano due: una a San Pietro, l’altra a
San Giovanni
parochie di quel burgo molto devote.
Et ultra queste confraternita ngi ni è un’altra antiquissima et di gran
merito et è la confraternita di proca morti et soni sartori et scarpari,
quali senza merce alcuna solo con essere franchi de alloggiamento sotterano
indifferentemente tutti li morti con quelli che nel territorio si trovani per
lontani et inzolenti che siani, a questi si li dà per sotterrare li morti credo
da vinti quattri candele per ciascuno, quale candele essi Ili dispensani poi a
preiti a tempo che qualche povero si sotterra per amor de Idio et tengono a
questo effetto torcie grande et tonde et l’altre per coprire li poveri corpi
morti et fanno questo lloro officio con tanta devottione, diligencia et honestà
che è cosa molto meravigliosa.
[Carta 9 verso] Se vive a questa Città secondo Ile
leggie di longobardi: il figlio non è suggetto al padre, le donne non hereditano
alli beni paterni ma si maritani de paragio, Ile donne maritate morendo il
marito guadagniano secondo l’uso di nobili il quarto et meffio, zioé la quarta
della quantità di sua dote et il quarto poi del remanente bene stabili et mobili
di suo marito con la restituttione di sue dote et morendo la donna si senza
herede, l’huomo ha da restituire l’integra dote et lasciando figlioli il padre a
quelli non succede se non quanti vengoni li figlii nella età legittima di anni
18, et morendo il marito ab intestato quecumque morino li
figlii succede lloro madre a tutti beni paterni et si ben sono li figlii di età
legitima compete alla madre la legitima di detti beni et ab
intestato; et questa proterva legge se costuma in danno di mariti, anci
li figlii morendo lloro madre ponno domandare al padre la dote materna et vivere
scorsum a patre et que peius nelle dote che si danni
alle donne per fare numero di dote alli panni stabili et mobili agiongine il
terzo del valore: di quelli che si vale vinti aprezano trenta.
In questa Città regna fra nobili uno odio occulto secreto et palese che
per uno carlino farebono morire un citatino nelle carcere et poi lassano di
sollicitare Ile lite di bonatenente di Altamura inportante
decina di migliaia di docati a complacentia di parentele et lassano di seguire
Ile lite di territorii et bonatenente de La Terza et
Santo Heramo de più
importanza et que peius dì per dì ni vedemi occupare
territorii che presto seni veniranno fi dietro Ile porte della Città. Stretti al
tornese fra citatini et larghini allonza con forastieri inimici di lloro istessi
li nobili inpazenti fanno lloro figliole monache, li ricchi li maritani con
forastieri et li populani per apperentare con nobili restani mendichi, il che
non succese al perfido. In questa Città questo anno 1592 è nata fra nobile una
nova inimititia et lite che essendo Bellisario Troyano per invidia d’ Herico Melvindo misso per farsi cavalliero di Malta
havendici despeso una buona quantità [di] dinari a due volte nella esamina al
passaggio per Malta ad vestiti ed altri cose necessarie, o per sua superbia
et difetto, o per altro opungno [Carta 10 recto] fi oggi
non possendo venire a quel grado con occasione di fare declare li nobili
originali per godere l’officio di Camerlingato conforme al privilegio di detto
officio et con questo occasione farsi declare esso et suoi di patre et matre
parenti che sono nobili originali ha con altri dato memoriale a sua Eccellentia
come detto officio non si deve dare se no a nobili originali et lo godevano
speciali et figlii, cyrugici et figlii, notari et figlii, et figlii di hommini
d’arme forastieri quali non mostravani di essere nobili alla loro patria, et per
questo tolto il brazzo della Cità con occasione di fare venire Commissario a
fare il novo regimento introdussero in questa Città il signor auditore Nigrone da l’audiencia di Lezzie:
il quale dovendo videre solamente chi in quello officio non si eligesse se no
nobile originale declarò con decreti li sottoscritte famiglie essere nobile zioè
li Santori, li Melvindi, li Saliceti, li Troyani, li Gattini, li Ferraù, di Noya, di Jacopo, et
li Agati senza intenderci università
o altri citatini nobili, per il che un’altra parte di nobili havendono recorso
in Napoli ottennero inibitoria per revocare alcune famiglie
realmente populane precise li Agati
quali sempre sono stati populani notari et iudici a contratto; li Saliceti et de Jacobo como a ribelli impicati li loro
antecessori da San Clemente l’anno 1530 in circa, li Gattini si sono ricchi et hanni havuti
due arme che queli di Stasi Gattini
patre di Cicco chiamato il barone
vecchio nella sua casa sopra la porta tene nell’arma come si può vedere tutto
hora per impresa la gatta con li serpo in bocca et multo in
umbris radiant, quelli di Biaso
Gattini invece de il serpo si bene Staso et Biaso sono
stati frati tene sopra la porta fatta in uno scuto uno leone con una pignia.
Dippiù Cicco Gattini dentro sua
casa ha fatto dipingere in uno scuto l’arme dicono di Caravaglia patre di sua matre il leone
con la pigna et la brancha di leone del
Santore de sua moglie mai di casa Gattino se trovarà dottore ma però
armigero come Donato Gattino Cavallo
legiero del battaglione dela Compagnia di Angelo Mininno di Gravina qual
fu d’ Achille Melvindi.
[Carta 10 verso] Li Troyani, Tragiano fu lazaro, Angelo Troyano suo figlio gabellato
publicano che di continuo non fece altro esercizio nè si trova essere stato
eletto nel goberno per nobile nè per populo, Lucio suo figlio fu ammazato iovinetto, et Giulio Troyano comminciò ad havere officio
l’anno 1560 che fu Sindico di nobili. Li Melvindi da Luisi in
equa, li Ferraù dal Francioso in equa per essere stato
calabrese che sono tre età. Et noi Vericelli ppostingi da questi precise dali Troyani per essere che Giovanni Vericelli nostro patre fu
cyragico, non obstante che fusse privilegiato per Carlo
quinto imperatore con titolo di nobile et che nell’anno 1580
fussimi per tal causa declarati nobili et goduto l’officio di Carmelingo in
persona di Pantaleo nostro
fratello habiamo di novo avante detto signore Nigrone examinati testimonii predetti privilegii di dottorati et
dui decreti fede de Università non solo di Matera ma di
Altamura et fede di più officiali dela nostra vita nobile et
sigilli antiqui arme antique capelle antiqui a fundattione eclesie signori
francisci et stando da hora in hora aspettando la confirmattione di detto nostro
decreto, et io volendo non per atto di superbia nè di vanagloria lassare a
posteri memoria deli nostri antiqui Anticessori cominciando dall’anno 1300 a
tempo di longobardi che fu sire
Pantaleone Vercelli del quale noi oggidì habbiamo il sigello di
argento con suo nome et arme con littere longobarde et sequendo li successori fi
al dì d’oggi ni farò libro con Ile arme deponte cossì nostre como de nostre
moglie con approbattioni di publiche scritture et privilegii et cossì ancho
scriverò la gemologia di Leonarda Ulmo
nostra madre incominciando da Francisco
Ulmo avo di mia madre per essere stato il primo che da Miglionico venne in Matera con tutti li
suoi discendenti homini et donne quali sono apparentati quasi con tutti li
nobili di questa città ne ngi è nobile in questa Città che possa dire che sua
famiglia non sia meschiata con li Ulmi
o per sanguinità o per affinità [Carta 11 r. e v. sono in
bianco].
[Carta 12 recto] La Maestà del Re nostro Signore
have in questa fidelissima Città di Matera il titolo di
principe come si è detto essendoli devoluto il stato di Taranto et nelli istrumenti antiqui a tempi dominava
">Giovanni Antonio Ursino del
Balzo se trova dominante ill.mo Domino Gio: Antonio Ursino del Balzo
principe Tarenti et Matere et comes licii et have il jus
presentandi l’Arcivescovato di essa Città nel che è occorso chi essendo molto
tempo detto Arcivescovato fattoni cessione da uno Arcivescovo all’altro cioè dal
Cardinale
Palummiero ll’arcivescovo Palumbiero et da quello al Cardinale Saracino
et da questo Cardinale a Sigismondo Saraceno
suo nepote quale dominò trenta anni. Di poi la morte di questo si hebbe alquanto
di difficultà al presentare di detta dignità et tanto più che nelli
Arcivescovati non se trovava Matera. Eccetto
l’episcopato Maceranense per essere la t fatta c et per essere stata anticamente Matera episcopato et
privato di quello per la morte di uno vescovo fu fatto suggetto all’arcivescovo
di Cirenza con tutta sua diocesi et, passati li cienti anni, fu
fatto Arcivescovato et unito con la Cirenza nel che
essendoci discordia nella pretendencia di chi si haveva da intitulare fu per il
Sommo Pontefice per visto et espeditoni bulla che quando assisteva in Matera
et sua diocese de chiamarse Arcivescovo di Matera et di
Cirenza et quando assisteva nella Cirenza et sua
diocese se intitulasse Arcivescovo di Cerenza et di
Matera et cossì tornando al primo intento trovandosi che la
maestà del Re haveva il jus presentandi nel viscovato di Maceranense se
domandava lo Viscovato di Macerate et cossì per
il Sommo Pontifice fu di novo confirmato et concesso a sua Maestà di havere il
jus presentandi non solo all’Arcivescovato di Matera ma ancho della
Cirenza, con il quale è unito et presento Francisco Antonio
Santoro fratello del Cardinale Santoro
citatino di Caserta figlio et fratello di medico et primo arcivescovo di
Santa Severia di Calabria essendo primo stato homo d’arma nella
compagnia di detto suo principe, di poi a tempo di suo fratello hera vicario di
Napoli, fu cano[nico di Na]poli et sacristano
di San Giorgio dove io
molte volte l’ho visto... fu molto tiranno et avido de dinari che la città [Carta 12 verso] di Matera fu forzata di
mandare in Roma lo magnifico Lorenzo
Vericelli mio fratello consobrino a dare suppliche contra detto
Arcivescovo quale Lorenzo havendo
impetrate molti ordini in favore della città et clero et diocese standosi detto
Arcivescovo a Miglionico molto
dissordinato cossì del suo governo como ancho aviluppate seconda dicevano con
una cattiva se vidova, per il dissordinato coyto se morse lassando che il suo
corpo fusse portato nella Cerenza dove già sta
sepellito; questo arcivescovo fe più proventi in uno o dui anni che domminò che
non l’arcivescovo Saraceno in trenta,
nè mai detto Saracino hebbe
cattivo nome anci alla venuta et al procedere di questo Santoro molti
inimici et emoli del Saracino forono
forzati a dirno bene et lodar sua vita che altro non si li poteva dire se non
che si dellettava di tenere cani per Ile caccie et teneva musica et corte meglio
di cardinali. Il suo corpo di poi tre anni morto fu trovato sano integro senza
mancharli un pelo come che dormesse et cossì integro dentro una cascia fu
portato da Gesmundo suo pagio a Napoli
alla signora Silvia Saracena sua
sorella monacha a Santa Maria donna
Aromita nel quale chiesa l’ha fatto fare sepolcro di rilievo di
marmoro, et questo con licencia del Sommo Pontifice.
Apresso a questo Santoro quasi dui anni di poi sua maestà mandò da Spagna et
proprie dal regno di Galicia
Francesco
Avellancida dottore consigliero di sua maestà et canonico di
San Jacobo di Galicia
per Arcivescovo con pensione di sette cienti docati l’anno; nella venimento del
quale essendo stato vetato l’uscire di grani da officiali regii per una vintina
et più di villani mascalcioni sdegniato sua Eccellencia per relattione malefatta
mandò ad allogiare quasi ad escrettione due compagnie di soldati spangnioli
ultra due altre italiane quale pocho vi stettero, il che fu danno alla Città di
trenta milia docati et alla fine detti villani di poi lunga carcere nella
Vicaria et per Basilicata inteso bene
il fatto furo tutti liberati salvo dui morti nelle carcere.
[Carta 13 recto] Al venire di questo arcivescovo certo di
santa et exemplare vita supplicò in Napoli sua Eccellencia et impetrò che se
levassero da Matera dette compagnie spangniole et sì per questo come per Ile
male opere del suo predecessore quale fra li altre tiranide voleva levarci la
difesa nova dela Refezza per causa de certe poche terre della menza del che la
città ni paga tomola 60 di grano l’anno.
Nel entrare che primo fece questo santo Arcivescovo si uscì all’incontro
quasi tutta la Città et primo Gasparro
Festa vestito con roba di villuto et catene d’oro con sorgentina
in mane con sey sue figlii per staffieri con archebusci; conduceva quasi tutti
li figlioli di Matera vestiti di
biancho con banderole alle mane con Ili arme dell’Arcivescovo che il numero più
di dua miglia et videndo questo Arcivescovo questo Gasparra quale havia una barba lunga fi
alle genochie di suo naturale et Ili mostacci che si legavani dietro il collo
che se li ingenocchiò davante dicendoli a tempo li basò Ile mani: quem vide(s) ita me natura creavit; cosa certo di spanto
mosse il cuore di detto santo Arcivescovo videndo tante anime a piangere
dirottamente, appresso venne il populo tutti con arbori verdizante et suoni di
naccari et canti simili alli ucielli et pareva un folto et lungo bosco arborato
et questi forono da tre centi et più; di poi a questi venne una compagnia di
soldati tutti ben vestiti con bandera et tamburri condutta da Pietro Antonio di Jacobo, da tre
centi altri et più et appresso di questi venne un’altra compagnia di nobili
tutti vestiti alla tedesca con catene d’oro non solo al collo ma ogni capello
tutto fornito d’oro perle et gioe, con bandere et tamburro certo cosa
maravigliosa per Ile gran gioe et oro che portavano.
Appresso a questi venne la Cavalleria con il Sindico et Eletti dela Città
a receverlo et condurlo sotto il baldachino di broccato et poi al’ultimo tutto
il Clero che furono da tre centi tra preiti et monaci et como è detto questo
santo Arcivescovo sempre piangendo et benedicendo passava per li archi triunfali
donde li erani cantati in sue lode molti orattioni.
[Carta 13 verso] Et perché haveva per la testa et
nel petto certe ulcere corusive quale si medicava con unguenti composti con
mercurio portato da Roma, havendo io primo
medicato per la lunga mutattione de l’ayro li prehibetto detto unguento et
sopravenendolo altre infirmità curato da valentissimi medici et per Ile podagre
non possendoci io andare et medicati con l’unguento di mercurio il santo Vescovo
in breve se morse et in scambio di dinari lassò il riccho nome di sua santa
vita. Sta sepolto nella cappella delli Zaffari humilissimamente per suo ordine, questo fu l’anno 1591.
Et perché se usa farsi li vicari per il clero sede vacante per tricare
lungo tempo il creare del novo successore pretendendo il vicario di Cirenza havere Ile scritture quali se trovarono in Matera
et processi di suditi ha forzari la città et clero di mandare a Sua Santità D.
Giovanni Jacobo
Palummieri prete dottore di Matera a supplicare
che la sede sinodo et altri titoli et residenza si faccia in Matera
per essere tanto populosa et non alla Cirenza città
destrutta senza preiti. La città spende due parte et una il Clero et questo è
incluso questo anno 1593 nel mese di marzo et posto in efetto.
Questo Arcivescovato tiene bellissima chiesa con molte capelle ornate,
riccha di teritorii et possessioni et have il scannaggio lassatoli per
testamento da Citatini et fra le altre capelle ha Santa Maria di
Bruna dove il Cardinale don Flavio Ursino como a Citatino nato in Matera fe concedere
dal Sommo pontifice la indulgenza di cavare l’anima dal purgatorio dicendovi in
suo altare la messa, et ha molte entrate quale non se divideno fra preti ma
quelli si despendeno a reperattione a cera et ornamenti dela matre Ecclesia.
Sono preiti assai et ha ciascun de entrata da detta matre chiesa più di ducati
50 lo anno. Ultra li beneficii particulari ngi sono li Canonici solo di titolo
perché non hanno entrata se no Santo Clemente al Sasso Caveoso di cinque tornesi per uno et
quattri candele per morto et la dignità di portare l’orniello. È in questa
chiesa la Capella et Confraternita del Santissimo Sacramento con molti entrate et
masserie deli quali si despensani a cera et maritagi di poveri.
A questa Capella io trovandomi in Napoli li comprai con
suoi denari [Carta 14 recto] tre bellissimi lampioni con
vetri cristallini di vago ornamento.
Sono in questa Città tre Abatie con mitria, una è Santo Eustachio
chiesa antiquissima dove sono li suoi santi reliquii et questo santo è il
protettore della città, il dì di questo santo li banglivi sono obligati per
censo perpetuo portarci quindici docati cerase vino et biscotti nella vespera et
questo si vede nella compra ultima che fece il signore duca di Gravina della bagliva di Matera et oggi non
ngi danno se no da vinti o trenta carlini di valuta. L’altra è Santa Maria dela
Valle unita con lo Arcivescovato et li baglivi similmente nge
sono obligati tenerci il Capellano con peso di una messa la settimana et sey
docati di elemosina. La terza è Santa Maria da
Armenis quale per depocagine di nostri si possede da forastieri
et sue entrate se affittane.
Primo vi erani quattro parochie cioè al Sasso Barisano:
Santa Maria dela
Vetere et a tempo mio desolata et unita con San Giovanni a
parochia, la terza è Santo Pietro jus
patronato di Ciminielli et di
Luca di Spennazola, cossì per
cognome detti, et nel Sasso Cavuso
Santo Pietro però
appare fonte di battesimo a San Giovanne di
Matera però non è in possesso. Questo Santo fu di Matera
di la nobile et antica famiglia di Scalcioni, oggi estinta; però nge ni sono in Altamura; il corpo di questo Santo sta a Santa Maria di
Pulzano al monte de l’Angelo
Gargano, in Matera ngi è solo il
brazzo quale si tiene per li preiti di Santo Pietro
Caveoso.
Queste parochie hanni cossì buone entrate como quelli de l’Arcivescovato.
Tutti li preiti tengono conventione con la Città del loro franchicia.
Santo Pietro
Caveoso è chiesa collegiata.
L’Arcivescovato ha per supremi officii il decano con il beneficio di
Santo Canio et di Santo Lio et
ha l’arcipreito inferiore al decano dignità di poche entrate.
Nella Città sono due Comende l’una di cavallieri di Malta et
è Santa Maria Annunciata di
Pizziano con suo terio et per grancia Santo Spirito al
piano di San
Domenico et santo Thomase sopra li
magazeni di Pietro Vericelli d...
ch’era c(hiesa) scoperta [Carta 14 verso] et ngi è la
commenda di San
Lazaro con poche entrate donde è stato Cavalliero et
commendatore delli moderni reformati per il gran mastro Castellioneo don Marco Antonio Viccaro
figlio de Elionora Vericelli
sorella di mio padre, in questo hospitale fu confinato Tragiano Troyano bis avolo di Julio Troyano per essere lazaro et si per
suo albergo fece edificare quello palazulo scoperto che sta al fondo dello
cortiglio con certe scalette di petre et si ngi confiscarono molti suoi bene
precise Ile terre alle Matinelle et altre
occupate poi per li Troyani, però
Ile terre se recuperorono da Julio
Troyano per il detto don marcho Antonio et perciò fra Troyani et Viccari è odio.
Et sono in questa Città quattri monasterii di monaci: l’uno di San Domenico
edificato per primo dalli Ciccarelli del
quale oggidì ni è protettore mastro Angelo, et non dali
Troyani quali si fanni della
istessa famiglia atteso li Ciccarelli con il cane che morde l’osso fanno ancho l’arboro de
oliva ma li Troyani non fanno se
non il cane che morde l’osso solamente, et questa differencia è si oggi senza
che fra essi non si trova grado propinquo in parentato nè lontano; questo è
povero monastero che appena nge ponno vivere sei frati, però di questo ordine et
in questo luocho sono stati valentissimi predicatori Citatini di Matera
como fu Maestro Vito,
Maestro Paduano
et delli moderni maestro Roberto delli Cayoni o Scappa Sceppa.
Ngi è il monasterio di San Francesco
detto primo San Paulo, antiquissimo dove è l’antica nostra sepoltura et
Capella della Matalena oggi detta del Carmino beneficiata con lampa accesa fondata da nostri
antecessori Vericelli et per noi
oggidì posseduta: si ben li nostri da nostro patre in equa si sono sottoretati
nell’Arcivescovato, questo fu per pigliare il possesso de l’hereditate di
Cola de
l’Aquila per sopra nome Cola Spinale lloro
avo per parte di matre per essere sepulcro di quello. Questo monasterio è
richissimo ngi sono molti frati maestri studenti et bacillieri per esserci il
studio ordinario di logica, filosophia et theologia; al regente del quale la
Città dona docati ondici l’anno per elemosina per comodità di studiare li
Citatini.
[Carta 15 recto] In questo monasterio ngi è uno
abuso molto profano contra lloro consciencie che havendo il magnifico Battista Melvindo lasciato tutta la sua
facoltà quale valeva più di sey milia docati in diverse possessioni con che fe
l’entrate, li frati se ni pigliassero solamente novi docati per elemosina de una
messa il dì da dirse per detti frati nella sua Capella della Nonciata dentro
lloro chiesa di San
Francisco, et il restante delle entrate se spendessaroni a
maritagio di povere orfane della Città lasciando epitropi et procuratori di
questo Giovanni Francesco
Gorisio suo nepote mentre viveva et di poi di quello il più
propinquo di sua linea di Melvindi, il Sindico protempore di Matera, il
reverendissimo Arcivescovo o suo Vicario protempore; pochi tempi di poi li
Melvindi et monaci se divero
questa facultà con chi ni maritassero o due o quattri per uno et da Ila certo
tempo nè l’uno nè l’altro ni maritava, onde li frati con il loro disegno de
inpatronirse afatto di questa heredità hebbero ricorso alli officiali dela
fabrica di San Pietro li quali levato tutto quello che
occupavani Ili Melvindi una con
Ili frutti decorsi como al signore Calistro
Forza como a marito della figlia de Ferante Melvindo. Molto ben caro costò
la fabrica retinendosi li frutti, consignò li stabili al monasterio di San
Francisco quali si godeno et hanni godute dette entrate senza
maritare povera alcuna con tanto pocho pensiero di epitropi et procuratori di
questo monte, il testamento fu fatto per notar Roberto Agata sta in poter di notare
Mario Paulicello quale
io ho vista et havutani copia a tempo che litigai la chiusura detta
di mastro Renda già devoluta alli monaci.
Et similmente ngi è a questa Città il monasterio di Capuzini dove Leonarda Ulmo ngi donò il giardino quale è verso la Gravina con certe gruttelle et ngi sta a questo monasterio
l’infirmaria et li novicii et viveno opulentamente, il monasterio è sontuoso di
buon aere.
Si fa di nuovo il monasterio di Santa Maria dela
Gracia di l’ordine de Santo
Agostino, nostro signore lo faria venire a perfettione per essere
cominciato questo anno 1593 alla ripa della Gravina nel
Sasso Barisano in uno Eclesiola grancia di San
Pietro parochia di Ila.
[Carta 15 verso] Ngi sono dui monasterii de donne sacre
con lloro Abatese et vicarie, una de l’ordine di San Domenico
detto dela Nonciata primo de Santa Maria delle
Virtù in una grotta al Sasso Barisano alla
ripa della Gravina dove oggidì
appareno molti segni antiqui di essere stato monasterio et oggidì è chiesa molto
devota et di poi secondo dicevani li antiqui, da Ila fu fatto il 2° monastero
chiamato Santa Maria della
Nova al piano vicino Santo Rocche
chiesa molto antica fatta tutta a lamie senza un pezzo di legno salvo Ile porte
con coritori di petre che se camina per tutto dentro et fora ad intorno, dicese
essere stata edificata da una regina di Cipro et che in
Cipro li haveva resignate molte entrate già estinte per
lontananza di paesi.
L’altro è di Santa
Lucia de l’ordine di San
Benedetto il quale primo stava a Santa Lucia dil Sasso
Caveoso et altri diceno di S.to....; questo monasterio è assai
più riccho del altro et tiene territorii, fieghi, ciensi dentro et fora
Spinazzola et la Regia dohana
di Fogia paga ciascun anno a detto monasterio per locati ordinarii
docati cienti cinquanta; ha territorii assai fa maxarie di campo, pecore et
bacche et l’uno et l’altro viveno opulentissime, sono in ciascun di essi
monasterii da settanta et più monache ultra Ile citelle che stanne per serve.
Vicino a questo monasterio di
Santa Lucia per essere vicino la Gravina ngi è uno luocho de acqua chiamato il
Gurgo li antiqui lo chiamarono fontana bona per essere a tempi
secchi nel fundo di quello una acqua sorgente che mai diseccha quale escie da
vivi sassi; questo locho è per dui comodità a Citatini per la vicinanza, l’uno
per Ile donne a lavare li panni l’altra a figlioli ove se imparano di notare.
Il mondo può dire non che il regno di havere simili monasterio di donne ma
non megliori in tutte Ile perfeccioni et bontà pertinente a monache caste
religiose et di santa et esemplare vita senza mai havere havuto nome di machia
alcuna primo a complacentia di signori spirituali o temparali... e entrava
alcuna forastieri ma oggi non vi entrano in ... do alcune salvo Ile citatine et
con buona elemosina per lo substentamento.
[Carta 16 recto] Ne l’anno 1518 dipo la morte del conte
Gioane Carlo
Tramontano quale fu ammazzato da Citatini como è detto l’anno
1515 che si trovava in demanio sotto il goberno di Rodorico Cusciano il quale fece
edificare Ile buccerie fuor la Città, mandò Giovanni Battista Saliceto et
notar Roberto Agata del populo
in Spagnia alli serenissimi Carlo de Austria et
donna Giovanna d’Aragona
sua madre successori nelli reg(ni) di aragonesi per farsi confirmare tutti li
privilegii et dubitando per la morte del conte predetto impetrarono da Papa
Leone decimo breve apostolico di racomandatione un
instrumenta.
«Leo papa Xus carissimo in Christo filio nostro Carolo
hyspaniarum regi captolico, salutem et apostolicam
benedittionem.
Accepimus Materam civitatem Regni tui Apulia neapolitani in sinu
tarentino provincie ydruntine positam sub dittione tamen Regia perpetuo
permansisse et licet illius civitatis et regimen per aliquot annos elapsos in
aliud dominium alios devenerint tamen divina ac tua favente clementia in
pristinum ac maiestati tue dominium sunt restituti cupiunt que magnopere in
Eodem statu conservari et ut devoti et fideles Maiestatis tuae captolice
authoritate favorabiliter confirmari et hac de Causa dilettos filios Giovannem Battistam Salicetum
et notarium Robertum d’Agata
Concives pro negocio predetto huius modi exequendo honesto nuncios destinarunt,
Nobis que humiliter supplicarunt ut eosdem ipsi maiestati tue commendatos
reddere dignaremur. Nos igitur eorum honestis precibus annuere volentes
presertim pro civitatem predictam contra turcarum et pyrattarum infidelium in
illa hora impetus atque incursus et rebus et viribus semper obstitisse fortiter
intelleximus, Eadem Maestate, tuam ortamur in domino atque paterne requirimus ut
eisdem nunciis se facilem benignumque prebere ... eosque voti compates hac
nostra evidente co(..)dattione graciose remittere velit, inquorum et tue
maiestati dignam et nobis plurimum gratam faciet.
Datum Rome apud santum petrum sub anulo piscatoris die 25 mensi iulii
1518 pontificatus nostri anno sexto».
Li quali imbascitori havute questo breve non bisogna andare in Ispagnia
perché la maestà di Carlo venne in
Italia per incoronarsi imperatore et cossì credo che a
Bologna fussero dalo imperatore confirmati tutti li nostri
privi(legi) et la magior parte dammodo in possessione esistant et tanto avante
qu(anto) poi mai questa Città per depocagine et gara di Citatini si ha saputo
conservare la possessione nè di questi nè di altri privilegii como dalli
privilegii et gracia concesse chiaramente appare, nemeno oggidì a questo se
attende poiché la Sumaria tiene ordine di observare tutti li privilegii di
Aragonesi. Il Saliceto et l’Agata voleva pagati et remunerati como fussero andati in
Ispagnia et mai valsero presentare li privilegi [Carta 16 verso] et notar Roberto ni tenne nascosto uno
dentro la saccoccia a mano destra dove li venne una stiomena corrosiva che si
mangiò tutta la coscia et di quella si morì con estremo suo dolore et il
Giovanne Battista per
una fellonia di poco momento ni fu con infamia appicato. E sempio di chi occupa
scritture et privilegii del publico.
Furono questi privilegii expediti l’anno 1519 quali cominciani:
«Nos Giovanna et Carulus dei gratia et itaque eam Universitas et homines
fidelissime Civitatis nostre Matere dicti nostri
regni Sicilie Citra farum precipue fidelitatis eorum erga serenissimos
predecessores nostros reges aragonum et archiduces Austriae in utriusque fortune
successibus signa ostenderunt equum videtur in hiis qua nobis honesta presertim
pecierunt audiri debeant»
ut de libro Cronicarum f: 342 da Philippo rege padre Ludovici Regis per Ile continue
guerre con li Saraceni nell’anno 1371 havendo questa Città persi li suoi
bestiame Filippo allora
imperatore di greci signore di questa Città per remunerattione di servitii
prestiti li fa un privilegio con chi li rebassa la mietà delli pagamenti
fischiali qual privilegio cossì dice:
«Nos itaque considerantes zelum devotionis et quem fervente ad maestatem
nostram et progenitores nostros vos hommines civitatis Matere gessistis et
geritis fervore sincero, ob que spoliati mobilibus bonis vestris quondam modo
vertitis ad innopiam in presenti paterno amore fundentes dominicam
caritatem».
Et altri diversi privilegii quali nel archivio si conservano ultra li
occultati et persi per depocagine et per malicia di alcuni a compiacenza di
baroni quali in cossì pocho tempo che hanni domminato pensavano al tutto
impatronirse a fatto di quanto la Città possideva et oggidì possede.
A tempo che Signori venetiani possedevani Minopoli per alcune
iuste cause fu da marchese del Vasto
assediato et preso et da questa Città il suo esercito fu subvenuto di gente et
vittovaglie fidelmente et volendosi detto marchese venire
a refrischiare con sue gente in Matera: secondo il
solito li citatini del borgo salvoro le donne et robbe nella Civita ad evitare
li dissordini che soglioni fare la moltitudine di genti, con buone parole, si fe
aprire Ile porte della Civita et como fu nel piano del Arcivescovato buttò la
bacchetta in terra e fece sachegiare la Città salvo l’honor delle donne: atto
empio et crudele. Nella istessa inchiostra don Giovanni d’Avolos
suo figlio havendo presa [Carta 17 recto] per moglie donna Maria Ursina fece Ile feste torniamenti et
altri suntuosi giochi pompa di donna Felice
Sanseverina allora signora con danno et inganno dil signor Duca
suo figlio. Questa donna Felice
fu superba vendicativa tiranna di subditi et per suoi crapizzi per litigare con
vassalli per il stare suo in Napoli et per questo
maritagio redusse a fare vendere il stato al duca suo figlio et morendo mostrò
ancho il suo odioso animo con Gravina dove morse
lassando in testamento che si sepellisse alli Capuzini di Matera
all’entrare dela chiesa per farsi capistare la faccia da tutti quelli che Ila
entrano stando il suo retratto di petra d’entaglio sopra terra. Non mancorono di
poi venduta et fattasi di domanio questi signori Ursini di rehaverla un’altra fiata in
lloro dominio et perciò mandarono il Dottor Donato Maria de' Cristiani di
Gravina alla Corte di
sua Maestà in Ispruch per rehaverla
per se che era stato leso al prezzo et che vi havia il titolo di Conte con
accapare primo di farsi capitanio di nuova compagnia di cavalli legieri per Ile
guerre dil duca di Savoya credendo levarsi con questo il nome di fellonia in che
si trovani questi Ursini, da tempo
del treccho et retrovandosi per buona sorte nostra in corte di Sua Maestà il Re,
Anibal Moles regente di Cancellaria
il quale gi era stato in Matera per
l’informattione a tempo si fe del regio domanio et informato de tutti privilegii
antiqui et servicii prestiti alli Re aragonesi, la ostinata (vo)luntà di
Cittatini di farsi di domanio et levarsi dalle tyranide d’Orsi(ni) moderni differenti deli primi
Ursini quali allettorono con
ogni bontà li suditi con lloro avantagio di donativi, però Ila in corte fu
discussa la Causa et terminatum che impetratum perpetuum silencium per llo che
lo Donato Mario fu
disgraciato dali suoi signori pretesti che havia atteso al continuo in ... et
finalmente per remunerattione fu ammazato in Gravina da uno
travestito tinto di negro con barretta di preiti senza che di sua morte se
par... però fu ben ditto:
qui veneri, domino, populo paret orbus honore, te(mpus)
opes que suas perdet et ipseruit: sioé chi serve donna populo et signore
perde lo tempo, la robba et l’honore.
Si trova anticamente che essendo in questa Città un signore tiranno
l’anno 10.. Maniaco homo potente et
valoroso Citatino ammazò il tyranno et lo populo lo creò lloro signore: per la
subtilità del’ayra et cer(ve)llo sottile di citatini sogliono ogni Cinquanta
anni fare alcun mo... se trova che l’anno 1018 essendo un altro tyranno fu
ammonito da Santo Eusebio...
temporis Episcopus Vercellensis dal quale
credo che dependiami [Carta 17 verso] da questa famiglia
et che fussi vescovo di Matera poiché
Santo Eusebio quale
fu vescovo di Vercelli Città in
Lombardia fu nell’anno del signore 350 et visse 80 anni et non
so como questo vescovo di sì lontano paeso che da equa fi in Vercelli credo siani trecenti miglia et più ma che più presto
como ho detto fu vescovo di Matera et il suo
cognome fusse di Vercelli cossì
come il Sigismundo
Saraceno, però sia quomodo cumque Ile parole
et versi sono l’infra scritti.
Anno ab incarnattione domini nostri Jesu Cristi 918: erat
quidem princeps et patricius Materanensis
ditissimus inter heroes et gloria mundi florebat sed vanitate huius seculi
et fragilitate carnis. quam etas iuventutis solet habere, multum erat
impurus, que pro auttoritatem illud agebat, unde, a suis civibus fuit
interfettus, misit ad eum beatus Eusebius carmina per viginti duas litteras.
Ita dicendo.
Audax est. vis iubens dum fervet caro mobilis
Audatter agant perperam sua membra coinquinans
Attende princeps quia de terra es et in terram reverteris
Breve est tempus imber ut perdas flores optimos
Audatter agis perperam tuam membra coinquinans
Carni tue consenciens animam tuam decipis
Deo placere non cupis qui de celo conspicit
Dentes tui fremitant et animam exsceperant
Lingua dolorem generat et tua fides trepidat
Eleva oculos tuos vanitate ut videant
Deo placere non cupis qui de Celo conspicit
Fecisti malum consilium et offendisti minimum
Quia multum secutus es amorem et libidinem
Gloriam queris in populo, laudem humana diligis
Ibbi relinques omnia ubi superbi ambulant
Hoc si est cordis intellige, quale preceptum legis est.
Dicesi che un monacho di casa Goriso amazò l’abbate di Santo Staso et per
ciò (in penitencia del successore et monaci sta nel archivio dela Città) non è
maraviglia si sono estinti et lo monasterio fu desolato.
Detto Tassiello con
Cola di Salvagio nobili et
altri del populo a 1515 il dì de Santo Silvestro ammazzò il conte Tramontano et
similmente non si meraviglia si li Cataldia et Salvagi sono estinti, et similmente li Saliceti; li Jacobiello di Jacobo, et li Saliceti, et con essi Giorgio di Cataldo sono estinti quali
furoni ribelli a lloro Re d’Aragone mattescamente in favore di francesi.
Nel muro dela magior Ecclesia vicino l’altare di Santa Maria dela
Bruna et proprio dove starmi depinti li profeti stava con
intaglio scritto:
[Carta 18 recto] Anno 1350 die
28 ottobris Mucius di sire
Pantaleonis cum suis sequacibus decolavit viginti otto
hommines intus Ecclesiam Sancte Mariae de
Nova
il quale si accompagnò Alemo di Giovanni Brunello
cognato di detto Mucio et
questi morti furono dela famiglia di un mastro Martino Cipolla dottore ricco primo nobile di sua famiglia per
la competencia di precedere al tempo che in detta chiesa si faceva il consiglio
generale: et per essere equi nonminata detta chiesa dirò di quella: dicesi che
passando per Matera una regina di Cipro trovò che Ile
monache di l’Annonciata che stavani nelle grotti di Santa Maria di le
Virtute, et per sua devottione fece edificare questa chiesa che
si camina tutta dentro et fora et di sopra con scale di petra senza esserci un
segno di legno accio che con il tempo non fussi venuta meno et Ila appresso dove
oggi è il suo giardino hera il monasterio dove reinchiuse dette monache
assignandoli dudici docati il de... vive entrate nel regno di Cipro et
per ciò dicevano che in detta chiesa ngi era un buscio che li dava una libra
d’argento vivo il dì, però poi venuto questo regno in poter di altri Re dette
entrate se persero al tutto; et poi per Ile guerre stando Ile monache a luocho
solitario fuor la città fu trasferito vicino Santo Eustachio
dove oggi si trova, a tempi antiqui stava quasi aperto ma poi fu chiuso et
stretto como si vede dal Cardinale Saraceno
essendo vicario et decano don Francesco
Ulmo mio cio.
Le monache similmente di Santa
Lucia stavani a santa Lucia di
Casalnuovo similmente a grotti, di poi se transferì dove oggi si
vede alla pistergola.
Et perché mi trovo smandato a ragionare di chiese dicesi che la chiesa di
Santo Staso è più
antica di l’arcivescovato secondo l’epitafii de l’una et di l’altra alche non si
deve attendere perché la matre chiesa se renova a quella bella forma che si vede
levandola dal modello antico et ... composta et la figura dela Madonna dela
Bruna si diceva Santa Maria di Piscopio, et si finì di renovare l’anno 1270
secondo suo Epitaffio quali dice, mille duecentenus erat annus
settuagenus dum fuit completa domus spettamine leta. Però la propria et
antica fundattione di Santo Staso fu ne
l’anno mille et ottanta como da suo epitaffio nella colonna dacanto l’altare
magiore appare ove si legge:
Stefanus Abas senex,
quam cepit condidit edem
hinc placet Arnaldo
sacrari presule magno
millenis annis ottodecies que perattis
ut deus est nostram dignatus sumere formam
maius agenorici, dum tauri cornua premit
[Carta 18 verso] Alli 1088 fu papa Urbano a questo monasterio… nel quale epitaffio appare che
Stefano Abbate cominciò et finì di
edificare la chiesa, et che Arnaldo la
consacrò, il quale era vescovo talchè in detto tempo bisognava
esserci il vescovato nel quale tempo di mille et ottanta sette hera summo
pontefìce Urbano secondo
successore di Vittore papa terzo et
l’uno et l’altro monaci primo di S. Ben(edett)o con li
favori delli quali allora si edificorono infiniti monasterii poi che in
Matera ngi ni furono dui questo et Santa Maria
d’Harmie(nis) et porebbe essere che questo Urbano per Ile
differenze del regno fussi venuto in Matera et allogiato a
questo monasterio per honorare la religione di Santo
Benedetto, però non trovo a che tempo fu desolato.
Alano materano detto
universale per Ile sue gran virtù et signanter in
filosofia et theologia, il quale fu lettore nel studio di Parisi
l’anno 1300 in circa fugendo li sedittioni di sua patria compose più et diversi
libri di diverse sciencie come Ile antiche croniche si può videre si bene le
stia notato che fussi teutonicho però oggidì nella contrata di Lo lapillo tra il castello et
il puzzo dove sorge l’acqua dela fontana hera sua vigna con una casuccia di
pietre piccola mal fatta casa propria di filosofo quale oggidì si chiama la
vigna et casa di Alano et porebbe
essere che dispregiato da proprii citatini si havesse sdegnato et fattosi
chiamare teutonicho essendo cosa verissima che nemo profeta
acceptus est in domo sua in cognattione farce in patria sua: sincome
usò anche Domitio figlio di Giovanni Campo, speciale di Matera,
il quale essendo divenuto optimo stampatore di libri per non ponirsi Citatino di
Matera si sotto scriveva Domicio
Campo del mondo.
Nel 1170 incirca a tempo di Rugiero di suo nome
2° et primo titulato Re di l’una et l’altra Sicilia et de Inocentio 2° pontefice romano, fiorì in questa Città Santo Giovanni di Matera nato da nobili, figlio delli Scalcioni, il quale per quarto di sua
vita s’intende et si legge da sua fanciullezza sconosciuto et vilmente vestito,
se ni andò all’isola di Taranto dove molti
anni fece penitencia et vita santa in vano da suoi per molte parte cercato et
poi per Calabria se ni andò in Sicilia in uno heremo
inabitato dove mangiò solamente herbe e fichi salvatichi secche et per levarsi
d’ogni tentatione dormiva in uno lagho d’acqua et con Ili continue orattioni
scacciava da sé varie illusioni diabolichi deli quali di continuo hera
travagliato, ispirato poi dal S. padre Santo se ni venne a stare a Genosa
dove [Carta 19 recto] scono[sci]uto trovò il patre e la
matre fugiti da Matera per Ile guerre
et cossì sconosciuto como a mendico avante la casa di suoi genitori si stette et
poi in una taverna nel boscho dove li abitanti di Genosa da sopra le
ripe di quello ombroso vallone chiamandolo, in scambio di pane, li buttavani
petre per llo che pregò Idio che li Citatini naturali di Ila fussera sempre
poveri et li forastieri quali fussera andati ad abitarci fussera arrichiti.
Racordatosi di quello che Moyses con minacci
disse al populo hebreo nello "Deuteronomini" al cap. 28: Advena qui tecum versati in terra tua, ascendet superte erit que sublimior
tu autem descendes et eris nferior ipse fenerabit tibi et tu non fenerabis
ei, ipse erit in capud et tu eris in caudam; il che oggidì se vede con
esperiencia che li abitanti antiqui sono tutti poveri mendichi et li forastieri
quali vanno ad abitarci si arrichiscono di modo che dominano et hanni li primi
luochi.
Fra detto tempo fece edificare con sua diligencia una bella chiesa et
facendo questa opera santa fu calluniato d’havere trovato un thesoro dove havia
cavate Ile pietre dela chiesa, fandolo stare pregione in una oscura et crudele
pregionia con ceppi et catene ben custodito et per divino miracolo li ferri
catene ceppi se ruppero: le porte s’apersero et li guardiani si sbigottirono et
il Santo homo indi si partì et stracquo del camino como fu a Pisticcio sotto Ile siepe a quello largo fuora la porta al sole
se adormentò et passando da Ila alcune figliole di Pisticcio di otto in
dieci anni, videndolo cossì malvestito adormentato alzandosi Ile veste lo
pisciorono et risvegliandosi li disse che Ile donne di quella terra tutte a quel
tempo pisciassero il sang(ue), il che oggidì se vede che Ile donne di Ila a 8 a
9, a dieci anni al p[are] tutte hanni Ila purga et molte di questa età se
maritano. Et da (Ila) caminando seni andò a Capua et da
Capua se ni tornò a Bari dove predi[cando]
il Santo evangelio con chiamare li peccatori a penitencia, fu dal vescovo et
[preti] di Ila calunniato per heretico ponendolo in uno oscurissimo carcere et
volendolo in ogni modo farlo brusciare; il che venuto all’orechie del princi[pe]
mandò dui exploratori dotti et fatto certo che il tutto era per invidia di
sacerdoti lo fece liberare como ad innocente et da Ila seni andò (a) stare al
Monte
Gargano vicino la chiesa di Santo
Angelo del monte et edifi[can]do la chiesa di Santa Maria di
Pulsano, un lupo andò ad amazare l’asi[no] il quale carriava la
monittione per la fabrica, et il Santo homo prese il lupo (et) lo fece faticare
con limbasto in scambio de l’asino morto et finita la chiesa li canciò et perché
notte et giorno observava l’hore canonice son[ava] [carta 19
verso] sempre Ile campane li monaci vicini fastiditi notte et giorno da
detto... lo presero di notte et legato lu buttorono dalle più alte ripi et
balz(e) del monte dentro il mare et il Santo homo a tempo de Ihore solite
[ca]nonice per divino miracolo se trovò a sonare Ile campane como primo ille[so]
et senza danno alcuno et cossì dinpoi avante fu tenuto per homo santo et
essendosi fatto monacho li monaci istessi lo fecera Abbate di (detta) chiesa di Santa Maria di
Pulsano per forza atteso opugnò et ricusò di non essere habbate
allogando essere indegno et innabile.
Et fatto Abbate gobernò [con] molta santità et contento di monaci mentre
visse; di poi morto legesi che nella sua camera si trovorono molti lumi accesi
et uno suavissimo odore et Ile campane da sé sole sonarono et beato quello homo
chi possette havere un pocho delle sue veste et vivo et morto fu miracoloso in
fare ogni sorte di miracoli, consolò aflitti, sanò informi, resuscitò moni,
illuminò ciechi, fe parlare muti, et camminare li struppiati. Fu canonizato et
posto nel catalogo di santi, la sua festività si celebra a 20 di giugnio, fu
nella Città da suoi edificata la chiesa del suo nome, et è loro ius patronato di
Scalcioni con bone entrate,
di sue reliquie vi è un brazzo posto in argento quale se conserva da preiti di
santo Pietro parochia del
Caveoso burgo et un pocho delle veste nella cascietta di
reliquie nella magior Ecclesia.
Fiorirono a tempi mei maestro Paduano ecclesissimo et
dottissimo predicatore patre dominichino Maestro nella sacra theologia, et con
esso il famoso Maestro Vito Volpe il
quale fu lettore nel studio di san Domenico di
Napoli per molti anni et fra le altre cose notate di questo
dottissimo homo discoperse l’heresie che predicava fra Bernardino di Siena per ordine di sua beatitudine con farli
brusciare tutti suoi libri in una disputa generale che sopra zio fece
nell’arcivescovato di Napoli con molto suo
honore et sotisfattione di tutti i disputanti et del populo dicesi che in una
disputa che si havia da fare in Roma fu fra li altri
chiamato questo maestro Vito il quale per
essere corpulento extra misura et deforme di faccia recusava andarci et animato
da suoi superiori officiali di san Domenico di
Napoli, andò con molta sua fatica dove disputando avante sua
beatitudine fu tale che meritò che sua beatitudine li dicessi: Numquam viddi clariorem disputantem isto et il maestro del sacro
palazzo per segno di suo valore li posse al deto uno ricchissimo anello d’oro.
Et nel Catalogo di dottissimi maestri nel monasterio di san Domenico in
Napoli fra dottori et illustri padri al pare del dottore
angelico detto maestro Vito è
descritto…
[Carta 20 recto]… di Taranto verso dove
sua moglie et figlii stavane et cognosciuto... gran capitanio l’ostinattione di
questo homo tentò il negocio con il Conte [di] Potenza et l’accapo et
ni hebbe Torre di Mare et la
Roccha Imperiale et ciò non è maraviglia si questi signori di
Potenza sono quasi estinti et senza quasi.
[So]no stati a questa Città molti armiegeri antiqui et moderni fra li
altri Francisco di Jacobo
capitan di fanteria, Giovanni Ferraù
et Antonio Ferraù suo figlii, et l’uno et l’altro capitani di fanteria di
Castrovillari et molti altri alfieri. Andriano Cara Vasciale accasato in
Matera alfiero di gendarme di Solimona, Francisco Lombardo
alfiere di gendarme di Pignatiello et ancho Marcho Nelvi[ndi], Achille Melvindi
et Calistro Forza l’uno et l’altro Capitani di cavalli ligieri.
Non lasserò di dire di molti legisti et philosophi senza numero Giovanni
Pietro del Duce Auditore della serenissa regina di Polonia officiali in diversi
luochi, Giovanni Battista suo figlio Auditore generale di monsignor arcivescovo
Saracino.
Et fra medici et philosophi degni di memoria Giovanni Antonio Vercelli
mio fratello consobrino il quale essendo di anni vinti cinque meritò essere
lettore della nattione tedescha in Padua, tenne conclusioni publiche et stampate
di tutte Ile sciencie etiam nella sacra theologia fu di tanta memoria et
retentiva che quasi alla mente recitava Platone et Aristotile, et ovunque lo
tocchavi respondeva sempre et all’improviso con veri testi. Medicava al più con
medicamenti semplici et di rado con composti quali da sé componeva…, may
fallirono li suoi pronostichi et a tempo che in regno venne la… Regina Bona,
Regina di Polonia, passando per Venezia et cercando per un m[edico] di regno per
sua persona li fu anteposto dali signori veneziani questo per homo atti[vo] et
cossì mentre visse fu suo medico salariato con setti centi scuti l’anno et setti
rattioni di vitto per esso et servi et cavalli. Morse a tempo che ancho morse la
Serenissima Regina et sta sepolto a Bari d’età di anni vinti cinque in circa al
fiore di sua gioventù con danno et lacrime non solo di suoi parenti ma di amici
et concivi et con tristo nome del Pappa[coda].
È stato a questa Città di gran virtù professo in legge et valore fra
preiti Donno Francisco Ul(mo) decano et Vicario mentre visse, di Matera
fu ancho Vicario absente [et] Episcopo di Lezzie et in questa
Città et in quella con molto suo honore formò preiti et monache et signanter a
Leccie dove stavani a porte aper[te].
[Carta 20 verso] Fu in questa Città don Marco Antonio Viccari
cavalliero comendator di San Lazaro delli n...,
fu di questa Città a tempi mei fra Beneditto monaco di san Benedetto il quale [si dice] che havia la coda et fu di tanta
forza che fra le altre cose con un pu[gno] ammazzò un altro monaco, spezzava con
Ile mani uno et dui ferri di cavallo, teneva con uno dito dela mano uno castrato
mentre il buz[ziero] l’occideva et scorticava et a tempo che nel largo
del’arcivescovato si faceva il giuocho del tauro fugendono uno si scontrò con
questo S... fra la porta di suso et di bascio verso la piazza et il buon monacho
l’aspetta animosamente et pigliatolo per Ile come lo tenne mentre fu da soldati
del giocho ammazato, fu sottil maestro di fari orologii in...
Fu ancho a tempi mei maestro Giovanni Pietro nobile et predicatore senza rispe[tto] et dale
elemosine di prediche si havia fatto molti vasi et piatti di argento che seni
servia a sua tavola del che ni fu castigato da Idio che a tempo morse cercando
un pocho d’acqua da monaci ingrati attenti ad pigliare sue robbe non li fu data,
et morendo disse: «neque aquam inveni in morte mea».
Oggi fiorisce a questo istesso monasterio di
Francisco nostro Conventuali il maestro Ventura Porcio nobile et valentissimo
predicatore et lettore nelli studii di Matera, Bitonto, Taranto, et altri
luochi di di Ila sacre l... Vi è Thomase
Vercelli medico filisopho dottore l... il quale per sua virtù et
continui experimenti sta previxto in Altamura con quattri
centi scuti ultra li lucri de finora et vi sono altri Vericelli meritevoli di eterna memoria
per le buone oper[e].
Concluderò quest’opera con lo illustrissimo et Reverendissimo Cardinale Ursino don Flavio nato cresciuto et
fatto litterato a questa Città il quale racordato di la sua patria per la
naturale bontà de donna Beatrice
Ferrilla sua matre et di don Ferrante Ursino primo suo patre
impetrò da sua beatitudine che nello altare di Santa Maria dela
Bruna dentro l’arcivescovato nostro fussi altare beneficiato di
cavare l’anima di purgatorio ad ogni uno che in per li morti ngi fa devotamente
celebrare la messa quocumque et si be ho detto che questi Orsini sono stati nostri patroni tyranni
non e stato di natura lloro ma di poi apparentati con Ili Sanseverini calabresi et con Ili Giesualdi hanni mutato la naturale
bontà.
Con tutto ciò non lasserò di dire di Pietro del Guercio primo habbate
di l’Armenio et vicario
generale di Matera et poi per sue vertù vescovo di Motula sono stati di
questa Abbacia molti Citatini Abati fra li altri Cola Salvagio nostro fratello
consobrino.