Al S. Gio. Vincenzo Brancaccio
Un rametto di diversi vaghi et odorosi fiori contesto e dipinto, quantunque colto dall’altrui giardino, è nondimeno della divozione et affetto del donatore indice chiaro e manifesto al personaggio a cui si dona, il quale in un medesimo tempo gradisce il duono, loda la fecondità del giardino, la soavità del cielo e la mano industre di chi l’innaffia e cultiva. Ecco, io avendo colto dal giardino dello studio del Sig. Dottor Orazio Persio un rametto di diversi fiori contesto, che è il Mal Marito, sua terza comedia composta due anni sono in pochissimi giorni, e nell’ozio talora de’ caldi estivi e quando dava pausa a’ suoi più gravi studi delle leggi, e recitato dalla nostra Academia de’ Sfaccendati, con molto utile e diletto (proprio fine dell’opera) de’ spettatori, per quanto la fama comune preconizzar si sentio, lo presento e dono a V.S. acciocché odori gli pensieri, gli motti, i concetti e i sali di quella in segno dello smisurato affetto che ho di avere occasione di potere al mondo dimostrare e far chiaro le gentilezze e le maniere uniche e sole (ma non vuo’ dir altro) e da’ suoi pari, lucidissimo raggio del suo nascimento e fameglia, nota per molti secoli nelle prime corti e regie e ne’ più segnalati campi e singolari steccati del mondo, della quale ben è che io in silenzio trapassi, acciocché con la mia trascurata penna non m’inviluppi et intrighi, anzi sommerga, in un mare così immenso e profondo. Gliela dono, e donar ben la posso, ché n’ho libera potestà dal detto Signor Orazio, non men suo divoto che io, e che non men di me brama e desia di essere annoverato fra’ suoi più affettuosi, come a gara desiano tutti di questa nostra città che si sentono legati in tal guisa che non vorriano che venesse l’ultimo giorno del suo felice governo, per non essere privi della sua gentilissima presenza. Et il duono di questa commedia del Mal Marito, assai più a V.S. che ad altro personaggio mi è paruto che dicevol sia; sì perché con il suo nome in fronte la difenderà da’ maldicenti, sì perché, destinandole il Cielo consorte a sé et a’ suoi costumi conforme sarà l’idea dell’ottimo marito e, con l’opposito di questo male, verrà a conoscere più le sue grazie e duoni del cielo che a V.S. abbia prescritta ottima consorte et a’ suoi meriti eguale; acciocché siccome al presente è felicissima prole del signor suo padre Fabrizio e di tanti avi, ne sia ancor ella padre et avo. E, per fin di questa, acciocché abbia occasione un giorno in cerchio di cavalieri suoi pari narrare l’esercizio della nostra Accademia e la sollecitudine del Sig. Orazio di tener le nostre memorie esercitate con nuovi suoi componimenti, le do avviso come fra pochi giorni si è risoluto di far comparire in scena il Romano alloppiato, quarta sua commedia, et ha voluto in ciò secondare un mio desio, e speriamo che averà felice riuscita, come hanno avuto le tre precedenti e tutte le altre opere sue. Le fo umilissima riverenza, pregandole dal Cielo compimento di vero bene.
Di Matera a 2 di luglio 1622.
Di V.S. Illustrissima Divotissimo Servitore
Romano Paulicelli