Denominazione Basilicata

date

1874

author

Homunculus [Giacomo Racioppi]

title

Storia della denominazione di Basilicata [estratto 3]

bibliography

  • Storia della denominazione di Basilicata, Roma, Tipografia Barbera, 1874, pp. 21–24.

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Che l'uffizio o la dignità del Basilico esistesse negli ordinamenti dell'amministrazione o dell'aula bizantina, è facile dimostrare con autorità di scrittori e documenti sincroni; benché non sia agevole conoscere, con qualche determinatezza, le attribuzioni dell'uffizio medesimo.

Negli Atti del settimo Concilio generale, che fu il secondo Niceno dell'anno 787, è occorso di far menzione del Basilico, all'aprirsi della seconda sessione. Ragunato il sinodo nella chiesa di Santa Sofia, sotto la presidenza di Tarasio metropolita di Costantinopoli, e con l'intervento di uffiziali imperiali che sono detti patrizii, magistri, cometi, ostiarii e logoteti,

Niceforo, accetto a Dio, diacono ed archivario del venerabile patriarca, disse: -L'uomo imperiale (basilicos anthròpos) è alle porte di questo venerando tempio: egli conduce con sè il vescovo di Neocesarea. Il santissimo patriarca Tarasio disse: - Che entri: L'inclito Commissario imperiale (olomprotatos basilicos mandator) entrato che fu, disse: — Io sono mandato da' nostri ottimi sovrani per condurre alla sacra sinodo il reverendo vescovo di Neocesarea, che è questi .

Il Ducange, che io non so nominare altrimenti che con un senso di ammirazione e di stima, ricercò brevemente quale fosse il significato del basilicos anthropos (Imperialis Vir) surriferito; ed egli, dal contesto appunto di questo passo, fu di avviso significasse uno di quegli uffiziali che Imperatorum mandata perferebant. Io li direi perciò Commissarii regii o imperiali; uffiziali incaricati di una missione speciale e temporanea, simili, su per giù, ai missi dominici dei capitolari di Carlo Magno, il quale li ebbe come strumento di ordine e di amministrazione, incaricati sia di ispezionare provincie e dominii concessi o terre libere, sia di correggere abusi e di riferirne all'Imperatore.

Cotesto concetto è confermato da un documento proprio del tempo in cui versano le nostre indagini, e di uno scrittore bizantino, che, oltre allo scrittore, fece anche il mestiere d'Imperatore.

Questi è Costantino Porfirogenito, che nella seconda metà del secolo X scrive, ad istruzione di suo figlio un libro sull'amministrazione dell'imperio; e spiegando sotto gli occhi del regio scolare la somma di tutto lo Stato, e le forze dei nemici e quelle degli alleati, ricordando i consigli le ragioni della politica a seguire, descrive le origini, i costumi e le stanze di molte genti formidabili all'impero di Bisanzio, Russi, Bulgari, Turchi, Franchi, Slavi e Pecinechi. E trattando dell'annodare relazioni con cotesti Patzaneciti, o Pecinechi , barbare genti del basso Niester , si esprime in questi termini:

Venuto dunque con tale missione nel Chersoneso lo Imperiale Commissario (o basilicos), mandi subito in Pecinecia, e chiegga ostaggi e guide al viaggio; gli ostaggi lasci sotto custodia nel castello di Cherson; ed egli vada con le guide ai Pecinechi per eseguire i comandi(dell'imperatore)... I Pecinechi hanno stanza verso la Bulgaria, in quelle parti dei fiumi Danafro e Danastro. Il Commissario (basilicu) quivi mandato con le navi, non è obbligato di andare fino a Cherson: ma potrà subito e senza pena incontrare quivi stesso i Pecinechi; restando lui, il basilico (o basilicos), nelle navi a custodire le cose dell'Imperatore, e annunziando per mezzo di un servo il suo arrivo a quelle genti. E dopo che costoro, secondo la consuetudine e secondo che è giusto, si saranno stretti con giuramento al Basilico (pros ton basilicon) egli potrà loro presentare i doni imperiali.

Sacrosancta Concilia Ecumenica, raccolti dal LABBE, etc. - Parisiis, 1671, vol. VII, pag. 98 - ove la traduzione latina è regius homo, e regius mandator. DUCANGE, Glossarium M. et I. latinitatis, ad verb. Basilicus. - Egli riferisce altresì, dagli atti del Concilio generale VIII ( anno 879), un tale che sottoscrive: «Ego ille Basilicus…subscripsi». In questo luogo, e nel resto del passo, il Banduri traduce il Basilicos per Casarianus quispiam; ove il quispiam significa la poca sicurezza, anzi la titubanza del traduttore. Anche il Cuiacio traduce la stessa parola, nella novella I di Giustiniano, per Cæsarianum, interpretando per officialem Cæsaris.

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