
date
1909
author
title
Basilicata e Calabria nella descrizione di Eugenio Azimonti [estratto 6]
bibliography
- In "Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle provincie meridionali e nella Sicilia", vol. V – Basilicata e Calabrie, Tipografia Nazionale di Giovanni Bertero, Roma 1909, pp. 16-19.
teibody
Distribuzione sul territorio
– La popolazione è in grandissima parte accentrata. Solo alcuni Comuni hanno una percentuale non molto forte di popolazione sparsa nella campagna.
Citiamo: nel circondario di
Come si vede, è quasi esclusivamente nell’alto
Categorie professionali.
– Coloro i quali attendono alla coltivazione della terra, sieno essi proprietari, fittuari, coloni parziari, salariati, giornalieri, rappresentano più della metà della popolazione superiore ai nove anni […].
Quanti sono i contadini?
Tolti i pochi proprietari fittaiuoli, che conducono le loro terre senza dedicarvi il loro manuale (ed in questa zona non sono pochi, come vedremo meglio più innanzi), tutti gli altri, e cioè moltissimi piccoli proprietari, quasi tutti i fittaiuoli, i coloni parziali, i salariati, i giornalieri di campagna, sono contadini.
Condizioni tecniche, industriali e commerciali dell’agricoltura.
L’agricoltura si può ritenere pressoché uniforme in tutta questa zona di montagna. L’estensione delle superfici destinate alle varie culture in tutta la zona non è dato conoscerla neppure approssimativamente, mancando ancora i dati catastali per gran parte dei Comuni del circondario di
Molte sono le terre a produzioni spontanee (pascoli, boschi); ben poche sono le terre di proprietà privata assolutamente improduttive, perché le rocce nude non sono molto estee.
Le terre a produzione spontanea (pascoli) sono andate aumentando in questi ultimi venti anni coll’aumentare dell’emigrazione. Quelle improduttive sono cresciute da quando, per effetto del disboscamento e dell’abbandono del territorio, le acque sregolate hanno causato rovine immense, sia ricoprendo di materiale grossolano terre prima coltivate, sia mettendo a nudo la roccia sterile. La coltura è piccola dovunque, nel senso che scarsissimi sono i capitali investiti, sotto tutte le forme, per la coltivazione delle terre. Prevale su tutti quanti il lavoro vivente (umano), che rappresenta, in un con la semente, spesse volte tutto il capitale investito!
Dopo il bosco e il pascolo. Predominano per estensione le colture erbacee: grano, granoturco, avena, patate, orzo, ecc. Le colture arboree (vigneti) sono diminuite notevolmente di estensione, a causa dell’abbandono portato dalla deficienza della mano d’opera. La rotazione più adottata sugli apprezzamenti coltivati è quella triennale: primo anno granturco, con patate, fagiuoli, cavoli, oppure (limitatamente alle masserie) maggese nudo e crudo; secondo anno grano; terzo anno grano o avena.
Quasi sempre, dopo alcuni turni triennali, la terra viene lasciata a riposo per un tempo più o meno lungo. Sono in coltura solo ristrette zone di territorio adiacenti agli abitati, o, come che sia, in particolari condizioni di fertilità.
Si fa limitatissimo uso del concime di stalla o di stabbio di pecore e capre. Gli strumenti agrari sono, si può dire, ridotti quasi esclusivamente alla zappa e all’aratro chiodo.
L’allevamento del bestiame è limitato alle masserie, cioè a quelle aziende riunite in un sol corpo, che dispongono di superfici relativamente vaste di terreno pascolatorio. Bovini, ovini e caprini vi sono egualmente rappresentati ed egualmente allevati a regime di fame continuato. Più curato è l’allevamento del maiale, che è per gran parte casalingo, se si eccettuano poche mandrie allevate a sistema brado nei boschi di querce. Curato è pure l’allevamento dei polli. Il baco da seta è conosciuto soltanto in pochi comuni del
Il caseificio è sempre primitivo, ed ha perduto, per quantità di prodotti, ogni importanza: irrisoria si può dire la produzione di latticini in questa zona. L’oleificio può ritenersi mancante quasi completamente. Primitiva e di ben poca importanza, pochissimi Comuni eccettuati (
L’esportazione è alimentata principalmente dal grano, dal bestiame, dal legname, dal carbone, dalle uova, dai semi di leguminose (vecchia, dolica, ecc.), ma, complessivamente, è una ben misera cosa. Il grano stesso, che è senza dubbio il prodotto principale, non è esportato da tutti i Comuni, e vi rientra, poi, in parte notevole, sotto forma di paste alimentari!
Esportano vino soltanto i comuni di
Il cacio pecorino che si raccoglie a
La viabilità, condizione indispensabile pel progresso dell’agricoltura, influisce sinistramente, cagionando, per lo stato deplorevole di essa, enorme spreco di energia e di capitali.
La instabilità di gran parte del territorio determina spesso gravi interruzioni sulle rotabili, massime nel periodo invernale, e rende non di rado del tutto impraticabili lunghi tratti di mulattiere; onde, a volte, durante i mesi invernali e primaverili, estesi tratti di territorio sono accessibili soltanto all’uomo a piedi. Le strade rotabili servono pochissimo o niente al movimento agricolo. In questa zona il trasporto delle merci di uso agricolo e delle derrate è fatto ancora, quasi interamente, su vie mulattiere, a schiena di mulo o di asino. In questi ultimi anni, nel mentre si sono costruite, con enorme dispendio, delle rotabili allaccianti, con lunghissimi giri, i vari centri abitati, si sono d’altro canto lasciate in completo abbandono le vecchie mulattiere, che sono così diventate pressoché impraticabili. Non sono rare le rotabili su cui è tornata a crescere l’erba; sono molte le vie mulattiere frequentate che si possono chiamare piuttosto burroni semi-impraticabili. Permangono qua e là in parte gli antichi tratturi, che si allacciavano ai grandi regi tratturi. A riguardo di essi si trascinò per molti anni una causa tra il
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