DIARIO D'AMORE
1
Queste notti le ho viste morire
una alla volta con il tuo lamento
di belva silenziosa, le tristi ore
sono sgusciate fuori dal mio sonno.
Ogni sera come una sposa mi chiedi
la data della mia morte, potevo un tempo
trascinarti con me, ora non basta.
«È il sangue nei tuoi occhi; se avanza l'autunno
tu sai dove cercarmi, inutilmente, come cerco
un albero diverso lungo il viale, là dove nasce
il giorno, tra la Città del Santo e i miei faggi».
Ho indugiato per tutta la vita
dinanzi a poche cose, nel mio paese
ogni suono ha un indizio, nella conca
tra gli orti anche il Basento conosce
la tua voce, porti la luce nei capelli.
Io resterò muto quando salirà il rumore
dei tuoi passi legati alle mie voglie amare.
2
Dormi con me, aperta
come l'alba, sai risvegliarti
quando sotto l'erta
che dà alla campagna
senti spiegare le foglie.
T'accompagna nella sera
la mia voce; le tue doglie
mansuete, la tua timidezza
mi scendono sugli occhi.
Anche la bellezza ti sfiorisce
lentamente, a me s'allunga
il giorno ai tuoi piedi.
Vedi, i miei ginocchi
arrossati hanno un riposo.
3
Sdraiata attendi il morso,
ti manca il sole sulle ciglia,
niente hai da me se non la noia.
Sulle dita si posano le mandorle;
ortofiorito, mia speranza in cui la luce
ha un soffio.
Anche la terra è tiepida.
4
È caduto ottobre sulle vigne acerbe
e tu non sai deciderti, morderesti
i miei anni con la tua insofferenza.
Ho spiato in un attimo quei gesti
del tuo cuore, hai le notti agitate;
sotto il braccio nascondo i rimorsi,
le amate cose, il verde pallore
come m'appare impossibile stasera
quando muovi il piede stanco alla danza!
Anche dalla stazione fumiga un vapore
nella valle, sopra i dolci muretti.
Forse all'alba, nella stanza, se aspetti,
porterai il rossore del volto alla partenza.
5
Dolce amica dalle spalle di gelo
anche per te offro sconfitto
la fronte bruciata. Vivrò in città
silenziose, solo, senza lo sguardo
di chi alletta i ricordi,
quella voce giunge nel mio tardo
tramonto. La giovinezza ha piegato
il tuo spento desiderio di felicità.
6
Anche stasera il fiore bianco di novembre
ha rivolto al cielo la sua raggiera
moribonda. Sono queti gli ultimi deliri
prima che giunga il vento invernale.
Tu sospiri lontana nella tua villa,
prigioniera nelle tue mura vedi i cani
rubare il sonno al bambino impaurito,
ti specchi nella vasca e rinchiudi
i pensieri, la mia audacia ti esaspera.
Ahimé i risvegli crudi mi trascinano
lungo questo mese senza un limite,
un anno che non scorre, bacia
improvviso il volto la tua mano.
È questa la stagione che declina in me
inesorabile, stilla a stilla,
il rosso, il giallo, il verde dai tuoi occhi
nel giardino lombardo, dal mio davanzale
sullo sterrato. Posso ricordarmi di te,
hai lasciato un'impronta sul viale,
dove la luce cade dai palazzi
schiusi tra gli oleandri e i platani bruciati.
Ecco la voce dei ragazzi impazziti
sui pattini nel sole e le mani
nei miei sogni interrotti dalle tue parole;
questa è la mia primavera, l'altra
si disperse nel rapido meriggio del nostro addio.
7
Ora al tuo cuore esausto
aggiungi l'ultimo gesto delle nostre serate
trascorse lente con la luna d'agosto.
Ora potresti privarti di me,
delle mie parole dimenticate,
forse il bianco sole di Cernusco
riporterà a te, tra i pioppi,
le impossibili grida del ragazzo.
Il mio giorno l'ho segnato sul muro,
il duro esilio è compiuto, intorno
il vento ha un sibilo, dal ponte,
dalla piazza d'armi il nano del circo
con la fronte illuminata offre la mano
ai tuoi sogni, volteggiano le dita
tra gli urli, ogni rissa mi muore dolcemente.
Dalla tua terrazza le luci tenere
si mutano, stasera hai lasciato
la nera stagione, ancora una volta
e dalla valle una nube aprirà i tuoi pensieri.
8
Via Lagrange
Sulla strada ha gridato il cane
come una volta. Forse ti accarezza
la rada ombra sui cancelli
aperti da sempre e le favole
delle monache riverse alle preghiere
come santi. Nelle sere
di piena estate una sigaretta
può dare luce a questa via
appassita di glicini dove la morte
pietisce e i bambini in fretta
si scambiano i cappelli
(Paolo, Ilva, Marjorie, Lucia).
Tu deludi questa mia stanca sorte
dietro i vetri segnati; la memoria
non si ferma, il tuo profumo
sconvolge ciò che resta
in questo imbuto che chiudi
dai binari alla piazza.
Nei giorni di festa l'alba
è più lieve qui del tuo respiro.
9
Tu somigli alla sera che mi sfugge
in queste ore di silenzio, dal basso
la sega mi ripete sola il fischio
rapido, poi nient'altro. Tu somigli
al filo che mi lega le giornate
senza un riposo; a quelle foglie
raccolte in mucchio sulla ghiaia
di Villa Glori. E così giunge l'inverno
in quest'angolo nascosto dalle mie dita
incrociate, dal corpo curvo, dai cenni
indistinti e lenti sul quaderno.
Ora mi piace rivederti seduta
al margine del fiume; cadeva
il cielo sul libro aperto da te
per incanto, la stanchezza si sciolse
dalle labbra sul verde della veste;
chiamava dagli spalti il primo lume
le antiche talpe, nuvole di fumo
nella dolcissima stagione.
T'investe il fuoco delle mie mani
più deboli del sonno, tu riprendi
nel lontano giardino i passi lesti
lasciati sul ponte, dove la polvere
stingeva gli occhi e le tue scarpe rosse.
10
A fine d'anno ho cercato
a lungo la tua ombra, è indecisa
la pena di qua dalle grida
degli amici. Ai piedi
dell'albero tu trascuri il foglio
con le mie parole d'amore.
S'è levato il vento sulle pendici,
adesso la terrazza s'è divisa
per la tua partenza, i muri,
le piante grasse, l'orlo del tuo cuore
tra questa neve; si compie
la festa con i fuochi di dicembre.
Un solo urlo intralcia le giornate,
dove sei tu non canta il merlo
scontroso, e il freddo falcia
i riposi che chiedi alle spalle.
Ma qui i saluti non suonano più
sulla porta, qui alla curva
ho atteso invano, ogni ragazzo
stanotte ha chiesto a me la tua presenza
disamorata ormai (ad un mio gesto
dai balconi è volato l'ultimo razzo
sugli orti sempreverdi).
(S. Silvestro '46)
11
È alta la luna di febbraio,
sui lunghi brecciati del fiume
cade una voce, le colline
desolate e tu dall'orlo
della balaustra guardi l'ombra
distesa sul muro, ai lobi una piuma
si disfa come cenere: questo
è l'ultimo rimprovero al cuore.
Sono tornato vagabondo quassù
a cercarti, anche il vento
mi porta un nome e veglia
il freddo sulle piazze dei Parioli.
12
Quando tornerai a stringermi
le dita, a spegnere il fuoco
sulle valli, a torturarmi
con un giro della mano, con la voce
più grigia di una tortora?
Anche allora ripeterai quei cenni
e dalle tue narici fumerà
il soffio della primavera.
Tu manchi nelle ore più lievi
della giornata, da tanto
tu pensi ai discorsi d'altri tempi;
cosi in questa città mi cadranno
le memorie, passa stasera
una nube sopra i ponti,
e tu riposi incantata.
13
Su questa nuova dimora
ha battuto il vento
dai giardini d'inverno.
Ancora s'è chiuso
il fiore superstite, mai
saprò ascoltare gli zittii
degli uccelli dietro i vetri.
Forse è già tardi, non sento
l'acqua sulla terra,
sembra un monte il selciato.
Tu resti, tu non vai
con il nastro di sposa sul dorso
della mano e il corpo
inchinato, il passo leggero
sui graticci rumorosi.
14
Ogni giorno è prigione
tra i fiori del viale
che la stagione apre
rapidi e affonda
sulla terra da te mai
calpestata. Io non so
se rivederti domani,
tu non sai di questo cielo
splendido sulle case intorno
alla città che ti consiglia
un lungo sonno, ma sono lontani
i tuoi sospiri. Nessuno più
batte alla mia porta, a braccia
tese da quassù attendo, da questo
altare tiepido le stelle
cadono nel fosso con una traccia
leggera, e le bestie curve
le lambiscono, silenziose.
15
Suona una campana per te,
sul costone la sera si fa fioca,
trema il vocio della circonvallazione
là dove gioca il vento
tra le case d'oro: la tua attesa,
la mia. La schiera dei ragazzi
precipita dal monte, su un piede
su un altro, con le mani
dietro la testa; è il loro
dolce regno, come la parola
a te ristretta in cuore.
Non hai fretta stasera, sospesa
è ogni cosa, tu sola
e i colpi battuti di lontano.
16
Soltanto i rami polverosi
intorno ai lumi di Viale Angelico.
Le ragazze svogliate cantano
in cerchio sotto il cielo basso
e aperto, guardinghe ai richiami
di là, dagli orti odorosi.
Non sai passare oltre i muri
di mattoni; stasera ho con me
tutti i ricordi, anche il tuo passo.
17
Uccelli alti nella sera
e la tua bella immagine
estranea, confusa. L'occhio rosso
sulle antenne sottili come larve,
e da nessuna finestra schiusa
il grido amico...
18
Ti rincorro a piedi scalzi
dove tu chiami, è inutile
l'affanno. Tu balzi sui binari
senza un gesto, come nell'anno
del nostro primo incontro.
Qui non c'è che il fumo
dai vagoni, e più non s'ode
un litigio, un urlo che ti porti
la mia ansia. Soltanto ora
ti so dormente sotto il bianco
cielo del mio paese.