ERA IL TEMPO DI LUNA
Aspetta, si rifà giorno sulle nostre voci
addolorate; e lungo il Corso questa notte
breve posa i suoi passi, i sospiri atroci
che mia madre mi dette abbandonandomi
al gran cuore d'una città in festa.
Un nome sulla strada mi ridesta
il caldo quieto dei miei focolari, quando
un cane battuto era per me un vessillo,
la gloria d'un dolore nei miei campi,
d'una terra perduta, e teneri fiumi,
come per scherzo, lasciavano tra i lampi
Castel Lagopèsole, Avigliano, e forse un grido
di treni senza meta. La famiglia
si rannicchiava allora sopra il fango
nel mezzo della casa; era febbraio
e sopra il tetto parlavano i miei morti
della caccia al cinghiale, della gente
d'un tempo, dei forti desideri dei pastori
a Poggiocavallo. Erano notti insonni
che vegliavano sul bianco dei davanzali,
urlava il bue nella stoppia, cercava il vento
la pace nelle serre, a tanti mali
la donna curva premeva i suoi dolori
con la cenere calda in mezzo all'orto.
Era il tempo di luna sui canneti,
il freddo raccoglieva il fuoco spento
dei nostri giorni lieti, che non trovo
nella città, nel verde dei giardini a Monte Mario.
(Roma, gennaio 1945)