
I Dictamina di Pietro da Prezza
Presentazione
Pietro da Prezza fu un importante notaio e dictator attivo presso le cancellerie degli ultimi rappresentanti della dinastia sveva. Di lui abbiamo poche notizie, perlopiù ricavabili dalle lettere che gli vengono attribuite: sappiamo che si trovava al fianco dell'imperatore Federico II a Parma, nel 1248, quando le truppe comunali distrussero l'accampamento di Victoria, e ancora che seguì il giovanissimo Corradino nella sua sventurata vicenda italiana del 1268, quando fu sconfitto a Tagliacozzo e successivamente fu decapitato a Napoli sulla pubblica piazza. In seguito a questi eventi il retore fu costretto ad espatriare, probabilmente a Praga, dove intraprese il suo magistero.
Il primo testo qui pubblicato è la Adhortatio, l'opera più nota e importante, scritta in conseguenza della battaglia di Tagliacozzo e della feroce esecuzione del giovanissimo Corradino di Svevia (1268), ordinata da Carlo I d'Angiò, che nel 1266 era già divenuto signore del Regno di Sicilia sconfiggendo Manfredi a Benevento (1266). Con la sua esortazione appassionata e raffinata incita il marchese Federico di Meissen, nipote di Federico II e parente più prossimo di Corradino, a rivendicare i suoi diritti sul Regno e a punire l'infamia di Carlo I d’Angiò, che aveva compiuto un misfatto inammissibile, contrario al diritto e alla religione.
Si raccolgono, inoltre, 19 lettere attribuite al retore e pubblicate nel 1913 da Eugen Müller (Peter von Prezza, ein Publizist der Zeit des Interregnums, Heidelberg) sulla base di tre manoscritti:
- Jena, Universitätsbibliothek, El. Phil. Q. 1 (XV sec.);
- Berlin, Staatsbibliothek Preußischer Kulturbesitz, lat. Fol. 188 (XIV sec.);
- Leipzig, Universitätsbibliothek, 1268 (XV sec.).
Le lettere, che hanno già subito la trasformazione in dictamina, cioè in modelli retorici (sono infatti prive di ogni riferimento puntuale a persone e luoghi, nonché di una datazione certa), sono quasi tutte cronologicamente collocabili nel periodo della disfatta di Parma (1248), in seguito alla quale Pietro trascorse un periodo non meglio definito di tempo in carcere. Trattano svariati argomenti: le pene della prigionia; l'arbitrarietà della fortuna; l'amicizia; la lettura degli antiqui auctores come evasione dallo squallore della carcerazione.