I percorsi di Giustino Fortunato

date

1917-08-30

author

Fortunato, Giustino

title

Lettera di Fortunato a Benedetto Croce

summary

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bibliography

  • "Carteggio", vol. II – 1912-1922, a cura di Emilio Gentile, Bari, Laterza, 1979, p. 276-277

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Rionero, 30 agosto 1917

Carissimo Benedetto,

come mai? Giungemmo qui il 30 luglio, assolutamente ignari dello stato di esaltazione e di esasperazione di tutti i contadini, che della guerra non vogliono saperne più: le donne, letteralmente invelenite. Circolava ne’ paesi all’intorno la voce, che i «signori», i «borghesi», gl’«imbrattacarte» segretamente firmavano e facevano firmare una petizione al Governo per la più lunga possibile guerra, non meno di altri due anni…Rionero, si diceva, restio alla petizione. Ed ecco «don Giustino», il «deputato» (ché io son qui sempre il deputato!) calato a bella posta da Roma, per volere de’ ministri, a fine di indurre Rionero alla sottoscrizione…Fu il delirio. Notai una tal quale inimica indifferenza, da parte del contadiname, che pure amò e stimò sempre e i miei vecchi e me; ma fui lontano le cento miglia dal sospettare, che essi ce l’avessero proprio con me, poi che io li avevo traditi, unendomi col re e co’ ministri e co’ deputati, tutti favorevoli alla guerra solo per disfarsi del troppo numero de’ contadini…Altro che , di immortale memoria! E la sera del 2 agosto, tre soli giorni dopo il nostro arrivo, passeggiando con alcuni amici al chiaro di luna, un riformato (oh la pazzesca chiamata delle 22 ultime classi di riformati!), contadino mezzo matto, e certo avvinazzato, vistomi dalla cantina, ov’era con altri a imprecar contro la guerra, salta fuori e mi slancia alle spalle, ferendomi con un punteruolo nel fianco destro…Fu un lampo; che sparve di lì, visto però e riconosciuto da’ presenti. Il colpo fu dato tremendamente, e mi ferì; ma fu cosa di nessunissimo conto, alla lettera: se fosse stato un coltello, mi avrebbe conciato per le feste. Arrestato il giorno dopo, disse di non aver voluto offendere me, a lui ignoto, ma i signori in genere, i quali, a detta sua, passando, lo avevan deriso; e chiese il mio perdono, che, naturalmente, io gli concessi. Sissignore, nullo il pericolo, e, dopo tutto, di nessuna importanza il fatto. Ma chi poteva mai supporre che tutto il contadiname, che pur tanto amore e rispetto aveva sempre avuto per me e i miei maggiori, restò ostentatamente indifferente, tanto era e tanto rimane convinto, che io lo abbia tradito, tanto era e tanto è contrario al prolungarsi della guerra? Sì, io mi do conto di tutto; ma non vi nascondo che lasceremo qui a sei o sette giorni Rionero con un senso profondo di amarezza, che non ci abbandonerà mai più. Quel che è toccato a me, nel mio paese natale, non è mai toccato ad altri, non mai! L’ultima vana illusione di mia vita è crollata.

Chiesi e ottenni dall’Orlando il silenzio, grazie alla censura. È stato l’ultimo servigio, che ho reso al disgraziato mio paese.

Qui, intanto, pullulano i disertori, e tutti i boschi all’intorno sono preda dell’incendio. Che sarà, durante l’inverno?

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