Denominazione Basilicata

date

1912-11-11

author

Fortunato, Giustino

title

Lettera di Fortunato a Pietro Silva

bibliography

  • "Carteggio", vol. II – 1912-1922, a cura di Emilio Gentile, Bari, Laterza, 1979, p. 98-99

teibody

Napoli, 11 novembre 1912

Mio caro professore ed amico

io non so dirle quale gioia e quale commozione mi han dato la Sua lettera dell’altro ieri, che qui mi giunge mentre le molte belle navi d’Italia tuonano a salve tra Castel dell’Ovo e Posillipo; e sento di dovere il beneficio della Sua amicizia, che pur ne’ pochi momenti del nostro incontro m’è parso come un sorriso di giovinezza, al «nostro» Salvemini, che oggi so di amare anche più di ieri. Grazie, al profondo del cuore! Se sapesse che triste solitaria vita ho quaggiù passata!

Ma non è di me, no, che devo parlare: a me basti, nel tardo 65º anno di età, sapere che giovani settentrionali della Sua fede e del Suo valore abbiano ormai la visione di quel che sia e che importi la la questione del Mezzogiorno. Vuole che anch’io Le faccia una mia confessione? Ebbene, se anch’io avessi ritenuto possibile una «muraglia» da Roma in giù, o «mostruosità» peggiori, forse neppure io sarei stato alieno dall’invocarla, come «soluzione unica e vera» del problema. Ma il guaio è, od il bene che sia, che la nuova grande Italia non sarebbe, senza tutta una metà di essa, da secoli infinitamente sofferente, non per colpa – no – de’ suoi abitatori…Io posso dolermi che mezzo mio corpo, dalla cintola in giù, sia infermo; ma devo pur pensare, che senza di esso io non sarei, e che, quindi, suprema mia cura sia quella di apprestarvi gli opportuni rimedii. Perché questo avvenga, occorre che sia ben noto il male che ci affligge: occorre sia ben noto quel che realmente sia cotesto benedetto o maledetto Mezzogiorno. A tale intento fu diretta tutta la mia vita, nelle poche ma sincerissime sue forze. E il modesto frutto della mia opera è consacrato, qua e là disperso, ne’ due volumi de’ miei «discorsi politici»: se io Le dicessi quel che mi costò, trent’anni fa, dire in pubblico quel che io, fin da prima, vidi, pensai ed espressi delle cose nostre! Qui, tra’ miei, io venni chiamato e proclamato «denigratore del Mezzogiorno», io, che più d’ogni altro meridionale sentii profondo il dolore della nostra terra; da Roma in su fui accusato di «borbonismo» e di «separatismo», io, che più d’ogni altro, forse solo de’ miei conterranei ho creduto e credo, che soltanto l’unità potesse redimerci, avendo ritenuto e ritenendo il Mezzogiorno assolutamente incapace, tanto basso e misero era giunto, di propria nativa redenzione. Or che cosa io mi auguro da Lei? Che nelle ore perdute Ella duri la eroica fatica di scorrere, non oso dire di leggere, que’ due volumi, ma ordinatamente, un discorso dopo l’altro, secondo il loro ordine cronologico…Eroica fatica, ma durata, io spero, per amore della patria comune. Dopo, soltanto dopo, senza alcun limite di tempo, Ella – la prego – mi sia cortese di dirmi se qualche nota nuova io avrò saputo aggiungere alla nuova visione che, grazie al Salvemini, Ella ha già del Mezzogiorno. Se sì, io ne sarò incredibilmente felice.

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