Denominazione Basilicata

date

1889

author

Ciccotti, Ettore

title

La Basilicata [estratto 1]

bibliography

  • Gazzetta Letteraria, a. XIII, n.20 del 18 maggio 1889, pp. 153-154.

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Descrizione generale

Una delle regioni meno conosciute, forse a dirittura la meno conosciuta tra le provincie italiane, è la Basilicata. Fino a pochi anni or sono non vi giungeva se non chi dovea farne meta del suo viaggio, ed, ove se ne tolgano que’ pochi, italiani e stranieri, che la visitarono per iscopo di ricerche storiche o di studi sociali, non ne faceva meta del suo viaggio che chi da un’assoluta necessità vi fosse sospinto.

Ivi non centro popoloso di coltura e di civiltà, che vi richiamasse lo studioso; non vantate bellezze naturali e monumenti di arte famosi, che v’invitassero i viaggiatori e curiosi ed, oltre a ciò, era così lunga, così triste e disagiata ed irta di rischi la via, ch’era fatta a posta per disanimare parecchi di quelli che per culto di vecchie memorie, o per cagione d’indagini avessero avuta vaghezza di percorrere quel tratto di paese.

Da pochi anni a questa parte la barriera, che segregava a dirittura la Basilicata dal resto d’Italia, è stata, dirò così, forzata, ed una prima linea di ferrovia, superando con miracoli d’arte le infinite e continue difficoltà naturali, ha solcata la parte interna della provincia. In tal modo, oggi tutti quelli che si dirigono verso le Calabria od a Taranto, attraversano la Basilicata. E chi move da Napoli, dopo aver per un pezzo percorso contrade, che la bellezza del paesaggio, la vista del mare ed il sorriso della natura fanno una delle zone più beate d’Italia, a misura che il treno sale e s’inoltra tra i monti, vede improvvisamente mutare la scena e resta vivamente colpito dal nuovo aspetto de’ luoghi e dalla forza del contrasto.

Il treno, che qualche ora innanzi correva lungo il lido del mare, per l’immensa pianura, od alle falde di liete colline rivestite della più rigorosa vegetazione, sbuca ora dal seno di un monte per addentrarsi immediatamente in un altro; e quando le strette gole delle montagne si allargano nel letto di un torrente, un aspetto insieme rude e triste si presenta all’occhio di chi guarda. Non vista frequente di città e di villaggi, non orti, non vigneti e liete colture, ma da un lato monti ripidi e brulli, onde pendono, quasi a continua minaccia, grossi macigni, e, dall’altro lato, lontano, la lunga distesa delle pendici meste, monotone, incolte, la cui uniformità è rotta appena talvolta da qualche rara casa di campagna, da qualche rudere, da un breve vigneto o da un campicello coltivato, da una bassa macchia di frutici, o dalla lontana vista di qualche villaggio abbrancato quasi alla cresta di un monte. E, a rendere più triste e sconfortante l’aspetto del paese, fiumi e torrenti, che or dilagano gonfi, or, poverissimi d’acque, errano pigri e tortuosi per un vastissimo greto, che, non contornato da argine da chiuse, ogni giorno si vien dilatando; e per tutto un senso di desolazione: niente di allegro, di lieto, di vivente: appena, di rado, qualche bove o qualche cavallo alla pastura, od uno scarso gregge ed un pastore immobile su di un vetta, che stacca come una figura di bronzo sul fondo del cielo. Così, quando il treno irrompe di nuovo al mare, e, nel tepore dell’aria, riappariscono gli aranci e la serena vista dell’azzurro, al viaggiatore deve parer quasi che la brezza lo ridesti da un sogno penoso e lo sottragga ad un incubo, e deve pensare con un senso di pietà e di tristezza alla gente che vive là, su quelle melanconiche lande e tra quelle forre paurose.

Pure, se, vincendo la prima ed istintiva ripugnanza, egli volesse conoscere più addentro il paese, si troverebbe davvero fuor de l’usate vie, in un ambiente molto diverso da quello in cui si è usi a vivere tutti i giorni, e ne riporterebbe impressioni, conoscenze, ricordi non privi di frutto.

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