
Denominazione Basilicata
date
1889
author
title
La Basilicata [estratto 4]
bibliography
- Gazzetta Letteraria, a. XIII, n.20 del 18 maggio 1889, pp. 153-154.
teibody
(Condizioni sociali ed economiche alla vigilia dell’Unità – parte prima)
E le condizioni sociali non progredirono meglio. In un paese qual era e qual è in parte ancora la cafoni, un numero relativamente piccolo di più grandi fittavoli, e proprietari della terra costituivano il fondo della popolazione, e vivevano tutti in un ambiente non molto diverso, né separati da grandi differenze intellettuali o morali; semplicemente la relativa agiatezza e la soluzione in parte tradizionale, in parte dettata dalla necessità dei presenti, inspiravano al contadino verso il galantuomo una reverenza che in parte era ossequio, in parte servilità, in parte paura. Il livello intellettuale in tutti era basso, ed istituzioni di coltura che potessero rialzarlo non v’erano, né v’era chi pensasse d’istituirle. Il Governo, inspirato da quel volgarissimo concetto che la dottrina de’ dominatori sarebbe maggiore quanto più grande fosse l’ignoranza de’ soggetti, non faceva niente per diffondere l’istruzione, anzi si adoprava a tutt’uomo perché avvenisse il contrario; e le cose veramente volgevano per esso a seconda.
Non scuole popolari, non biblioteche, tranne che le raccolte di libri chiesastici e teologici de’ vecchi conventi; non giornali; L’unico istituto d’istruzione venne presto in mano a dei Gesuiti, e per ragioni economiche non era accessibile a tutti. L’istruzione professionale non era seguita da molti, e per i bisogni di una coltura mezzana sopperivano i seminari o le scuole private che nei più oscuri paeselli tenevano uomini, secondo lo spirito dei tempi, dotti soprattutto di latino e di diritto e di una certa loro suppellettile filosofica, insufficienti d’ordinario, o poco meno, nel resto.
A nuovi libri, a giornali stranieri, a nuove correnti, se anche si fosse voluto, era precluso l’adito in diversa maniera. L’economia pubblica e privata poi era delle più semplici: scarsi i bisogni, frugali in genere, od almeno non soverchiamente dispendiose, le abitudini, ed arte e condizione insieme di dispotismo ed equivalente della ristrettezza di servizi pubblici, poco gravose le imposte. Onde massimamente avveniva che trovandosi una popolazione relativamente piccola sopra una superficie relativamente grande la coltura prevalente della terra dovea essere certamente l’estensiva, e tale fu. A mutare la coltura di estensiva in intensiva, ad accrescere la produzione non erano di stimolo i soverchi bisogni, e si seguiva anche in ciò la tradizione. Diversi metodi di coltura o non si conoscevano, o sembrava troppo ardito tentarli, mentre con poca fatica si poteva far rendere abbastanza la terra; e quando veniva fatto, il che certamente accadeva, di accumulare un capitale, sembrava più conveniente riporlo in serbo, od impiegarlo nell’acquisto di altri fondi, ed anche altrimenti, anzi che investirlo nella terra, perché rendesse vie maggiormente.
Un impiego molto conveniente del capitale economizzato era ritenuto l’acquisto di mandrie e di greggi che mentre riuscivano di sussidio a quel modo di coltura potevano essere senza molto dispendio mantenute sulle estensioni lasciate a pascolo, o ne’ boschi vasti e presenti, ed oltre a ciò, proprio presso le popolazioni barbariche, davano una certa considerazione, quasi un’aria di nobiltà a chi ne era il fortunato possessore. E lo stesso sistema di coltura estensiva, non obbligando il coltivatore a dimorare continuamente sul fondo, spiega in parte la scarsezza di case coloniche, che colpisce a prima vista chi attraversa la
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