I.
Estensione e confini della
Lucania
.
La Lucania, latino
Lucania
, greco
Λευκανία
, fu una delle più vaste ed importanti regioni dell’Italia antica.
I suoi confini erano, a maestro il fiume Sele; a ponente ed a libeccio il mar Tirreno per un tratto di circa 185 chilometri; a mezzogiorno il fiume
Lao
, il
Coscile
ed il
Crati
pel corso di 18 chilometri dalla sua foce; ad oriente il
Bradano
. Questi confini sono indicati esattamente per tre lati, mancano di sufficiente precisione per la frontiera settentrionale, ossia dal fiume
Bradano
alla sorgente del Sele. Geografi e Storici sono in ciò disaccordi: ma dal considerare che
Venosa
era sul confine della
Lucania
e dell’Apulia, giusta la testimonianza del sommo
Orazio
, e per altre ragioni, il fiume
Bradano
non deve prendersi ristrettamente al suo alveo come limite lucano, ma deve includersi nell’antica patria nostra tutta la sua valle, e quindi
Montepeloso
e
Palazzo
. Da
Venosa
alle sorgenti del Sele ha dovuto correre il confine lungo gli
Appennini
: vale meglio a determinare da
Venosa
al
Vulture
la catena secondaria dei monti che va a distendersi nel Barese, e poi la catena principale dal
Vulture
fino al Paflagone, che dal versante suo orientale dà origine al Sele, e dall’opposto all’
Ofanto
. Così circoscritta, la
Lucania
veniva a comprendere tutta la presente nostra provincia (salvo, volendo sofisticare, qualche brandello lungo le sponde dell’
Ofanto
, ed il luogo ove è sita
Matera
); i circondarii di Sala, Vallo, e quasi tutto quello di Campagna in provincia di Salerno; la parte settentrionale del circondario di
Paola
e buona parte di quello di
Castrovillari
nella
Calabria Citra
. Le sue limitrofe regioni erano abitate dai Tarantini, Peuceti a Dauni a greco ed a settentrione; gl’Irpini e Picentini a maestro e ad occidente; i Bruzii a mezzodì: luoghi corrispondenti ora a parte della provincia di Lecce, Bari, Foggia, Avellino, Salerno e
Cosenza
.
Intimi rapporti esistettero tra la
Lucania
e la
Magna Grecia
: vi sono dei Geografi che tutta la
Lucania
includono nella
Magna Grecia
, e di quelli che alla
Magna Grecia
fanno appartenere la parte littorale del mare Ionio.
II.
Monti e sua feracità.
La
Lucania
è traversata per intero dalla catena degl’
Appennini
, che pervenendo direttamente al mezzogiorno, va nel
Bruzio
.
Per tutto il suo corso questa catena si avvicina notevolmente assai più alla spiaggia occidentale che all’orientale: lo spazio tra la catena centrale ed il mar Tirreno è coperto quasi interamente da giogaie di alte e dirupate montagne, mentreché verso il lato orientale le montagne si abbassano gradatamente man mano che si avvicinano al mar Ionio. I monti più eccelsi o più celebri di questa catena sono: il
Vulture (
Vultur
)
vulcano estinto, il
Carmine
ed il
Foy
che raggiungono l’altezza di circa 1625 metri, il
Marmo
, i
monti della Maddalena
,
Vulturino
, dell’altezza di 1836 metri, il
monte di Viggiano
di 1724,
Raparo
1762,
monte Papa
sommità del
Serino
2006,
Alpe
di
Latronico
1894, monte Cervato sopra Teggiano 1898, monte sito sopra Sala 1466, l’Alburno (
Alburnus
), le montagne di Laurino, di Novi, di Sanza, di Rocca dell’Aspide, di Cuccaro. Ma a tutti sovrasta la giogaia del
monte Pollino
(corruzione di monte di Apollo,
mons Apollinis
), la cui sommità
monte Crispi
si innalza a metri 2215: un tempo tutta la lucana, ora divide la nostra provincia dalla
Calabria Citra
. La catena secondaria orientale che si distende dal
Vulture
, va nel Barese e successivamente declinando fino in Terra d’Otranto, varia nei suoi culmini da 1300 metri a 650. Tutti questi monti coi loro contrafforti e le loro diramazioni fanno della
Lucania
una delle regioni più montuose d’Italia.
Ciò non toglie che avesse bellissime vallate ed estese pianure lungo le sponde dei suoi fiumi e la spiaggia dei suoi mari. Piane le campagne verso
Metaponto
, le quali per
San Basilio
,
Policoro
,
Rocca Imperiale
e
Roseto
, continuano allargandosi fino al
Crati
ed al
Coscile
ove fu
Sibari
e
Turio
; piane quelle intorno al Sele, intorno a Pesto ed Acropoli; piani i luoghi per cui l’Alento passa, ed intorno a Velia; simili quelle che bagna il Melpi ed il Mingardo. Vasta e lunga di 40 chilometri è la pianura del Vallo di Teggiano, lunga e larga ancora quella dell’
Agri
, e così quelle del
Basento
e del
Bradano
.
La
Lucania
così vasta, avendo tutte le esposizioni, tutte le gradazioni di clima, in essa vi prospera qualunque pianta. L’abete maestoso si eleva alle falde dei monti più alti, boschi di faggi, querce e castagni covrono i monti minori, Le sue valli e le colline con pingui terreni, riparate da venti e da geli, riscaldate da quel sole del mezzogiorno che i popoli del settentrione di Europa ci invidiano, dànno ogni ben di Dio, gli ortaggi, il prato, il frumento, il lino, la canape; la vite, il fico, il mandorlo, l’ulivo, il melo, il pero, dànno abbondanti e squisiti prodotti; gli agrumi, la liquirizia, il cotone, il carrube, la palma, la canna da zucchero, il cacto vegetano e fruttificano alle sponde dei suoi mari; da per tutto prospererebbe il bestiame, le api, il filugello. Non è patria vanità se asseriamo che la
Lucania
è una delle terre più feroci dell’Italia e dell’Europa intera: solo la Puglia pei suoi grani e naturali praterie, la Campania pei suoi svariati prodotti, e la Sicilia e la
Calabria
pel vino e per la frutta, possono reggere al suo paragone.
Eppure al presente questa patria nostra, quanto non è derelitta e disprezzata! Noi per lo contrario inetti a fare valere le nostre ragioni, siamo abbandonati da tutti gli uomini, e da qualunque governo. Essi avevano vie a dovizie, noi non abbiamo altro che scoscesi e dirupati sentieri, ove per transitare bisogna prima fare testamento. Noi non abbiamo nessuna opera di moderna civiltà! Il bilancio dello Stato nulla o pochissimo spende per le nostre vie, non dà nulla per l’arginazione dei nostri fiumi, niente per la ricostruzione dei nostri porti.
Gli uomini che seggono al governo della nazione non ci rivolgono benigno uno sguardo: solo sono prontissimi a levarci anche una cara aspirazione del nostro cuore, quale si era di richiamare la patria nostra col glorioso suo nome di
Lucania
!
III.
Mari e fiumi.
La spiaggia tirrena della Lucania si riparte ora nei seguenti golfi: porzione di quello di Salerno dal fiume Sele al promontorio della Licosa, golfo di Velia dalla Licosa al promontorio di Palinuro, di Molpa da Palinuro al capo Morice, e parte di quello di Policastro, dal capo Morice al fiume
Lao
. In antico il golfo di Salerno era il
Praestanus sinus
, quello di Policastro
Laus sinus
. I promontorii quello della Licosa, da Licofrone chiamato Enipeo, veniva comunemente denominato promontorio Posidio o Posidonio,
Posidonium promontorium
: e quello celebre di Palinuro,
Palinurum promontorium
. Dirimpetto al promontorio di Posidio sta l’isoletta che i Greci chiamavano Leucosia, da cui trae oggidì il promontorio il suo nome di Punta di Licosa; ed un po’ più a sud dell’altura della costa di Velia sono le due isolette o piuttosto i due scogli che dai Greci chiamavansi Enotridi. Tra
Maratea
ed il fiume
Lao
esistono le Itacesie: esse sono molte e per lo più di piccolo giro, la prima ad occidente chiamasi la
Matrella
, l’altra
S. Ianni
, a questa è vicina
la Sica
o
la Sicca
, siegue dopo 13 chilometri la
Mantinera
, due chilometri ad oriente di questa viene chiamata senz’altro nome l’Isola che ha 22 chilometri di circonferenza, poi quella chiamata
Fiuzzo
, siegue un’altra detta di Mare piccolo, dopo due chilometri ad oriente quella di
S. Nicola
, e poi dopo cinque chilometri quella di
Dina
, così detta da un piccolo Tempio di Venere appellato alle sue scarse dimensioni
Aedina
quasi
Aedicula
.
La spiaggia ionica fa parte del Golfo di Taranto,
Tarantinus sinus
.
Fiumi. Sboccano nei due mari il Tirreno ed il Ionio. Quelli che metton foce nel Tirreno sono:
Il Sele, anticamenti
Silarus
e
Siler
, si trova pure detto
Silarum
, ed anche viene da Giovanni Boccaccio chiamato
Silarius
, è il più gran fiume del Principato citra pei confluenti che riceve nel suo corso di 65 chilometri.
Nasce dal monte Paflagone che divideva gl’Irpini dai Lucani, ed ora i due Principati citra ed ultra. Suo principale confluente è il
,
Tanager
, corrottamente detto il Negro: questo viene dalle montagne di
Lagonegro
col nome di Calore, scorre pel vallo di Teggiano ed arrivato a Polla si sperde in una voragine; e dopo avere scorso per due miglia sotterra sbocca in una caverna che si dice la Pertosa presso Auletta, donde ingrossato da altre acque va ad unirsi al Sele sotto Contursi. Altro confluente del Sele è il Calore,
Calor
, diverso dal suddetto che scorre pel Vallo di Teggiano. Ha il Sele maginifico ponto vicino Eboli, opera romana: da qui corre diritto a mezzogiorno per feraci campagne, discosto 9 chilometri da Pesto. Se fosse il suo corso regolato potrebbe per questo tratto essere navigabile a piccoli legni.
L’Alento. Si può dire di questo piccolo fiume quello che si dice del Sebeto: ricco d’onor, povero d’onde. È di breve corso, e raccoglie i varii confluenti del Circondario di Vallo: nasce in tre luoghi, sotto Magliano e Gorga, vicino Trentinara, e sotto Monteforte, e poi tutte e tre queste sorgenti si uniscono sotto Cecerale. Venne a seconde degli antichi autori chiamato
Heles
,
Elees
,
Hales
,
Haletes
,
Heletus
, e da Strabone
Ελεητος
: questo nome o lo dava o lo prendeva dalla città di Velia o Elea, ad occidente della quale è discosto 4 chilometri e va a scaricarsi nel mare. È desso che ha dato origine alla parola Cilento, sia che questa indicazione si avesse voluto dare a quel tratto di paese sito tra il suoi letto ed il Sele
inter Silarum et Alentum
; come ai luoghi suoi circostanti
circum Aulentum
.
Il Molpa o Melpi è un fiume-torrente altrimenti detto Rubicante ed anticamente
Melphes
,
Malfa
,
Melfa
,
Malpa
,
Melpa
: ha la sua sorgiva in una montagna due miglia sopra Cuccaro, e va ad occidente dalla distrutta Molpa a scaricarsi in quel seno.
Il Mingardo è dall’Antonini chiamato Mengardo e Menicardo, fiume più piccolo dell’Alento, e più breve di corso, si scarica sullo stesso golfo della Molpa ad oriente del precedente quasi due chilometri lontano. Nasce dalla parte di oriente della montagna di Novi, gli si unisce il Faraone, 4 chilometri lontano da Rofrano, riceve le acque della montagna di Laurito, delle colline di Roccagloriosa e di Abbatemarco.
Il Pissunto o Bussento,
Πιξους
,
Pixus
, o
Buxentum
dava il nome alla città di Bussento che sorgeva non lontana dalla sua foce. Vuolsi che sia stato così denominato dalla quantità dei bossi onde sono ricoverti i burroni, tra i quali corre il suo letto. È piccolo fiume che ha origine dalla montagna di Sanza ed accresciuto dalla Ferriera corre fino all’agro di Casella: quivi si sommerge in un luogo detto li
Tironi
in una profonda voragine, e scorrendo per tre miglia sotterra esce sotto li
Morgerati
, e va a sboccare in mare. Antonini nega che questo fiume sia l’antico Bussento, ma alla sua opinione è contraria la maggioranza degli storici e geografi, al cui parere ci atteniamo.
Il
Lao
,
Λάος
,
Laus
, formava la frontiera meridionale della
Lucania
dalla parte occidentale del versante degli
Appennini
. Ha origine dal
monte Mauro
, due chilometri distanti da
Viggianello
, cinque chilometri più sotto se gli unisce il Cornuto che viene dal
monte Pollino
, e due chilometri appresso accresciuto da altre acque prende il nome di
Lao
; indi riceva quelle del fiume
Mormanno
che nasce dalla
Pantana
sotto
Campotenese
, e così nel corso di circa 37 chilometri riceve il tributo di ben altri trenta torrenti e fiumicelli. Entra in mare al mezzogiorno di
Scalea
.
Il Crati,
Κραθις
,
Crathis
e
Crathus
, ha origine dalla
Sila
, e propriamente da
Craticella
11 chilometri sopra Cosenza. Ha il corso di 111 chilometri e passa per
Cosenza
. Ha il corso di 111 chilometri e passa per
Cosenza
. Fra i venti tributarii che accoglie, il più considerevole è il
Coscile
, del quale dobbiamo fare speciale descrizione, siccome quello che segnava il confine fra la
Lucania
e la
Bruzia
dalla parte del versante orientale dei monti
appennini
, mentre il Lao lo demarcava dalla parte opposta come precedentemente si è accennato. Il
Coscile
anticamente chiamato
Sybaris
dal nome della città di
Sibari
, nasce dalle falde del monte
Pollino
, al luogo detto
la foce
presso
Murano
, e nasce ben grande: scorre pel territorio di
Castrovillari
, ingrossato dal
Garga
ed altre acque, si scarica nel
Crati
18 chilometri prima che questo fiume si gitta in mare, nel quale tratto il
Crati
si rende navigabile a piccole barche.
IlSinno
, anticamente
Siris
, sulla Peutingeriana
Semnum
, presso Licofrone,
Sirin
,
Cirin
, e
Sinis
, e nelle carte del medio evo anche
Signo
. Sorge dalla falda meridionale del monte
Serino
. Nel suo corso di oltre 93 chilometri riceve circa venti torrenti e fiumicelli; tra i quali principalmente a sinistra il
Cogliandrino
, ed il
Serrapotamo
, il quale scorre tra
Chiaromonte
e
Senise
, e che viene chiamato
Syrapus Lucaniae
da Vibio Sequestre, ed a diritta vicino
Favale San Cataldo
il
Sarmento
. Presso la sua foce era l’antica
Siris
.
L’
Agri
, detto anche
Acri
, anticamente dai latini
Aciris
, ed
Acheros
dai Gregi, nel medio evo
Acina
. Ha un corso di oltre 112 chilometri, sorge dalla montagna di
San Vito
sopra
Marsiconuovo
: vicino il luogo ove fu
Grumento
, è ingrossato dallo
Sciauro
anticamente detto
Sora
, e dal
Maglio
presso
Spinoso
, riceve più sotto le acque della fiumara di
Armento
e quelle del
Racanello
che viene da
Castelsaraceno
e da
San Chirico a Raparo
, e poi il
Sauro
che è il suo principale confluente e che nasce dalla montagna di
Corleto Perticara
. Secondo Strabone, negli antichi tempi doveva essere navigabile: ciò va inteso di piccole barche presso la sua foce, e quando non dissodati i boschi doveva avere un alveo ristretto e profondo.
La Salandrella,
alcandrum
nasce presso
Accettura
, riceve nel suo corso le acque della
Misegna
e dell’
Agroso
, e dopo 74 chilometri mette in mare, discosto 22 chilometri dal
Basento
. Ha dato il nome a
Salandra
che è sulla sua sinistra.
Il Basento, Casuentum, è uno dei maggiori fiumi della nostra provincia. Trae la sua origine da un laghetto sito nell’agro di Pignola, e da un viciniore abbondante sorgiva, subito si accresce con altre acque che scendono dall’Arioso e dai monti circostanti. Scorre al piede della collina ove è sita Potenza, e poi passa tra Trivigno ed Albano, Miglionico e Ferrandina, e per sotto Bernalda va a metter foce al mare Jonio vicino la torre di Mare. Tra i principali suoi confluenti sono la Latiera e la Camastra: questa che è una grossa fiumara sorge dalle falde del Monte Volturino di Calvello.
Il Bradano, Bradanus, in tempi antichissimi si chiamava Metaponto dal nome della splendida città presso di cui scorreva, correttamente poi si è detto nei tempi di mezzo Blandano, Brada, e Brandano: nasce dal Lagopesole, nel bosco di Forenza, anticamente Ferento. Riceve a sinistra tra i principali confluenti il Basentello e la Gravina; a destra l’Alvo ed il Bilioso verso la sua foce, prima doveva scorrere più verso Taranto: mutò corso nel 1243.
Questo fiume era l’ultimo confine settentrionale della Lucania, e se ne scorgono tuttavia le vestigia nel popolo: anche al presente qui si ripete lo stesso che abbiamo notato del Sele, esiste una notabilissima differenza di usi e di costumi, e più di tutto di dialetti ed accento tra i Pugliesi che sono al di là della sua valle, e noi Lucani che siamo al di qua.
Il Bradano diede il nome alla nostra provincia nei tempi eroici ed insiememente infelici della repubblica Partenopea. Quel sommo Filosofo e Legislatore di Mario Pagano chiamò questa sua provincia natale col nome di Dipartimento del Bradano. Se è destinato che non debba la nostra patria venire ridetta Lucania, almeno fosse chiamata provincia del Bradano, o di qualche altro nostro fiume o montagna: se non vuolsi alla storia, almeno rendiamo omaggio alla natura che stava prima degli uomini; ma gettiamo giù il nome servile ed estranio di Basilicata!
Questi propriamente sono i confini della Lucania, come con raro accordo ci sono indicati da antichi e moderni tipografi; intanto primieramente comprendeva ancora la Bruzia, e perciò si estendeva dal Sele e da Metaponto fino a Reggio. Occuparono e tennero ancora i Lucani sull’Adriatico una piccola regione che si estendeva dai Frentani fino a Siponto: ma questa non si può veramente chiamare Lucania, ma paese abitato dai Lucani a guisa di colonia. Veggasi su di ciò l’Antonini, il Corcia ed altri scrittori.
Noi col richiedere il ripristino dell’antico nostro nome, non vogliamo apportare nessun perturbamento amministrativo alla circoscrizione delle provincie sorelle. Stiano pure i nostri regionali fratelli uniti ai Salernitani e Cosentini; ma vogliamo solo che a noi, che siamo sul sito della massima parte della Lucania, si restituisca il suo glorioso nome.
Fu detto Σίλαρις dai Greci; ma il suo nome primitivo è Σειλα come leggesi in una medaglia di Pesto.
Segnava il confine tra i Lucani ed i Picentini. Oh! come anche adesso questo fiume segna una demarcazione tra noi Lucani e gli abitanti della sponda opposta! È un fatto che colpisce ogni osservatore. Al di qua del Sele io ho incontrato robusti e svelti contadini, donne bellissime ed alte che al costume, al dialetto, all’accento, alla fisionomia mi hanno ricordato i contadini e le loro donne del mio comune natale, il quale da queste sponde dista oltre 100 chilometri, e non vi ha alcuna relazione di interessi; mentre il contadino e la contadina di Eboli, di altra fisionomia, diversamente vestiti, parlanti con altro accento mi hanno ricordato sempre l’uomo e la donna del basso popolo di Salerno, di Napoli, e di Terra di Lavoro: essi sono Campani.
Tra i torrenti-fiumi di questa parte della Lucania facciamo menzione in nota del fiume che ha diversi nomi, Torbido, fiume di Trecchina, fiume grande della Noce, il quale sgorgando dal monte Sirino, serpeggia nelle vicinanze di Lagonegro, passa per sotto Rivello e la Trecchina, e sbocca in mare.
In nota del pari accenniamo: del Raganello, il quale sorge dal monte Pollino, ed accresciuto da altri influenti, irriga le terre di San Lorenzo Bellizzi, Cerchiara e Francavilla e si gitta in mare. I Greci lo chiamarono (secondo il Corcia) Cilistarno o Cilistano Κυλιστανος. E del fiume o fiumara di Ferro o dei Ferri, il quale nasce presso Oriolo, e mette in mare presso Capo Spulico. Malamente dal Corcia e da altri topografi è creduto l’antico Acalandro: il quale nome si appartiene alla Salandrella, di cui appresso.
Σίνις, Σίρις.
Il Sarapotomo, Serapotamo, e Sirapotamo in greco Σφρα πος πόταμος,
syrapus fluvius
, sorge dal monte Armizzone. Evvi nella Lucania un altro torrente con questo stesso nome che scorre nell’agro di Laurenzana, e confluisce nella Camastra.
Aκιρις.
Ακαλανδρς.