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1902

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Zanardelli in Basilicata [estratto 3 dal discorso pronunciato a Potenza il 29 settembre 1902]

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    Una contrada posta nelle condizioni che vi accennai purtroppo fatalmente viene abbandonata dai suoi abitatori: e così la Basilicata porge, sola fra le Province italiane, l’esempio di aver veduto nell’ultimo ventennio la sua popolazione subire una diminuzione di 4.700 abitanti mentre nello stesso periodo di oltre quattro milioni crebbe la popolazione complessiva del Regno.

    È vero che colla odierna popolazione e cioè con una den sità media di popolazione che risulta di 49 abitanti per chilometro quadrato, la Basilicata ha ancora una densità notevolmente maggiore di quella della Sardegna; ma in Sardegna la popolazione di molto è aumentata ed essa ha almeno fiorenti industrie ed una rete completa di strade di ferro. La deplorata diminuzione della popolazione, come accennai, non dipendette da eccedenza delle morti sulle nascite, che all’opposto havvi eccedenza dei nati sui morti, e i nati che in Basilicata sono di oltre 38 per ogni 1.000 abitanti, superano proporzionalmente i nati nel regno, i quali furono secondo l’ultimo censimento di circa 33 per 1.000. La diminuzione della popolazione dipende invece soltanto dalla emigrazione, che si verifica estesamente in tutti i Comuni della Provincia, ma che ebbe luogo in più larga scala nel circondario di Lagonegro e si lamenta gravissima in questo stesso capoluogo di Potenza città che da 21.000 scese a 16.000 abitatori.

    Questa emigrazione va continuamente, soprattutto in questi ultimi anni, aumentando; da 8 o 9 mila individui all’anno che dava nel triennio 1897-99, salì a quasi 11.000 nel 1900, ad oltre 17.000 nel 1901, e tutti i sindaci che andai interrogando mi parlarono del contagio con cui cresce a dismisura per quella che pure potrebbe dirsi la emigrazione di «richiamo» e cioè di persone che trovansi in America e mandano a chiamare parenti e compaesani.

    Anche nel circondario di Melfi dove fino al 1899 1a emigrazione era abbastanza limitata, dal 1899 in poi si è quasi quadruplicata e fu nel 1901 di 5.154 individui. Erano un tempo i soli musicisti di Viggiano che in liete compagnie di concerti emigravano in America e tornavano con discreto patrimonio formando, mi disse il sindaco di Viggiano, la fortuna del paese. Ma ora anche colà, come dappertutto, vi ha una larga emigrazione di contadini. Sicché mancano lavoratori alla terra. Questi e con essi gli artigíani, partono a torme, partono non pochi con le intere famiglie, in esodo doloroso, fuggendo la patria desolata, la terra nativa, la quale non ha da nutrirli. Si vedono villaggi, come Lagonegro vecchio, affatto spopolati, con tutte le case vuote di abitatori. Vanno nell’America meridionale, ma più ancora negli Stati Uniti, e il sindaco di Gallicchio mi diceva che dal suo paese vanno principalmente nelle miniere di carbon fossile della Pennsylvania, dove trovano lusinghieri guadagni.

    Per quanto anche l’Abruzzo e il Molise abbiano una emigrazione proporzionalmente ancora maggiore che quel la della Basilicata, pure ivi gli effetti non ne furono così universalmente sentiti.

    Alcuni fra gli emigranti, quelli che non trassero seco le famiglie, mandano più o meno ragguardevoli somme di denaro in patria e il sindaco di Rionero mi diceva che 30 mila lire al mese giungono in quel Comune dall’America alle famiglie degli emigrati. Per effetto della improduttività del suolo, della conseguente vita di miseria, di stenti, per effetto della malaria invadente, purtroppo grandissima è in questo paese la mortalità. Mentre la media della mortalità nel Regno è in cifra tonda del 23 per 1.000 abitanti, nella Basilicata, nonostante la salubrità dei luoghi più alti e di aria purissima, la mortalità va oltre il 27 per 1.000, superata soltanto dalla Provincia di Foggia, che sale oltre i1 28 per 1.000. E come accennai, a formare questa così elevata mortalità entra in gran parte la malaria che qui miete il maggior numero di vittime dopo la Sardegna.

    A fornire sì alto contingente di mortalità entra certamente altresí la tristissima condizione delle abitazioni. In un memoriale presentatomi a Matera dal Comizio Agrario di quella città è detto che «cinque sesti della popolazione materana abitano in tugurii scavati nella nuda roccia, addossati, sovrapposti gli uni agli altri, in cui i contadini non vivono ma a mo’ di vermi brulicano squallidi avvoltoi nella promiscuità innominabile di uomini e bestie, respirando aure pestilenziali».

    E quasi dovunque non diverse sono le condizioni delle abitazioni, quasi dovunque le camere dei contadini ricevendo aria e luce soltanto dalla porta che mette sulla via. Veri antri sono tali stanze, che chiamano sottani, e molti di essi mi fece oggi vedere in questa vostra Potenza l’ottimo Sindaco, abituri che in me destarono non solo meraviglia, ma profonda pietà. Cosí queste case dei contadini potessero andare sparse per le campagne.

    Carlo Cattaneo da quarant’anni diceva che quello che rese fiorente la Lombardia in confronto dell’Italia meridionale fu appunto la vita del coltivatore vissuta nel campo, mentre qui io vedeva negli scorsi giorni in sulla sera nei circondari di Matera e di Melfi tornare a cavallo o in carretto i contadini più fortunati, uomini, donne, fanciulli, dai solchi lontanamente coltivati.

    A fornire sì grave contingente alla morte e alle malattie entra in molti casi la mancanza di sana acqua potabile, per cui reclamano aiuto 55 Comuni della Basilicata, e vivissimo ebbi, rispetto a ciò, nella mia gita l’appello di Viggiano, Moliterno, Sant'Arcangelo, Accettura, Bernalda, Craco, Montalbano, Salandra, Pisticci ed altri ancora.

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