Denominazione Basilicata

date

1874

author

Homunculus [Giacomo Racioppi]

title

Storia della denominazione di Basilicata [estratto 8]

bibliography

  • Storia della denominazione di Basilicata, Roma, Tipografia Barbera, 1874, pp. 53-56.

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DELLE PROBABILI RAGIONI, PER CUI FU DATO IL NUOVO NOME DI BASILICATA ALLA LUCANIA

Ma quali speciali ragioni potettero fare sì, che, nell'uso comune del popolo, all'antico nome di Lucania fosse sostituita la denominazione di Basilicata, anche prima che la monarchia napoletana si costituisse? Questa ricerca rifletterà, io spero, maggior luce su quanto da noi è stato detto nel capitolo precedente.

La nuova denominazione dové essere conseguenza di nuove necessità; dové rispondere ad un nuovo stato di cose, al quale l'antica denominazione di Lucania o più non bastava, od era forse in opposizione. Senza la esistenza di nuove necessità, sentite da tutti e che a tutti s'impongono, non si potrebbe spiegare, nel periodo spontaneo della vita de' popoli, un mutamento di parole nel patrimonio della loro lingua. Soventi, presso i moderni, questo processo di generazione etnologica non è un portato spontaneo, poiché la riflessione di un solo si impone alla spontaneità di tutti. Un decreto crea i nomi; se non li crea, li impone: un governo oggi battezza il vascello, testé varato nei suoi cantieri, con nomi di augurio, di gloria o di benemerenza; dimani appropria un nome, pescato nelle stesse fonti, al porto, al fiume, alla rada di terre che esso scovri primo o primo occupò: diman l'altro, a tempo avanzato, dimanda all'astrazione o alle reminiscenze del passato una parola da imporre ad un paese che esso comanda che sorga. In questo processo riflessivo non è sempre dalla parte dei facitori di decreti e di deliberazioni accademiche la ragione sufficiente del nome o del fatto: spesso la ragione ne è tanto inaccessibile agli stessi contemporanei, quanto sarà ai posteri che si affaticheranno a chiarire di un dotto commentario le dotte elucubrazioni dei loro antenati. Perché, ai nostri giorni, Oppido, antichissima città osca di Lucania, che ha dato alla filologia italica le famose, tentate e ancora non del tutto penetrate, tavole di bronzo letterate, si è mutata in..... Palmira? perché Vignola in Pignola? perché Noia in Noepoli? perché questo santo si muta in quell'altro? perché un antichissimo nome antiromano si muta in un nuovo e scipitissimo? o viceversa? Chi sa? Forse nient'altro, che il capriccio di chi fece passare il partito! o la erudizione mencia, o il pregiudizio di nobiltà, poiché anche la geografia dà diplomi di nobiltà!

Ma ritornando alla nostra tesi, la nuova condizione di cose, onde nacque il bisogno del nuovo nome, io penso derivasse dal fatto, che l'antica Lucania, fino dal secolo IX e X, fu divisa fra due padroni, e due potestà. L'antica Lucania, come si sa, incominciava dal corso del Sele, e cavalcando l'Appennino, onde si diramano verso oriente le fiumane lucane che si scaricano nel Jonio, essa arrivava fino al Jonio stesso, quando il lembo estremo marittimo, già occupato dalle grandi e famose città della Magna Grecia, venne in potere della gente lucana. Tale può dirsi il confine della Lucania sotto lo impero romano; ed è probabile si mantenne tale anche al cadere dell'imperio, ed agli stanziamenti delle genti bizantine dopo il secolo VI. Non è però improbabile che, durante il lungo dominio di queste genti, e allora quando il nome di Calabria veniva dato tuttavia al promontorio Japigio, cotesta stessa denominazione di Calabria comprendesse anche le città della Magna-Grecia-lucana sul littorale del Jonio fino al Crati. Questa, è vero, non è che una congettura: ma mi pare sia necessario di ammetterla come fatto certo per ispiegare come egli poté avvenire, che la denominazione di Calabria passasse all'antico paese de' Bruzii, se la Lucania fino al Jonio restasse incuneata fra l'una e l'altro nel mezzo. La soluzione di continuità non avrebbe permesso che uno sbalzo: e lo sbalzo di un nome è inverosimile. Checché sia di ciò, la Lucania che cominciava dal Sele e giungeva alle rive del Jonio, fu divisa (fin dai tempi non brevi che dominarono sulle terre meridionali d'Italia i Longobardi di Benevento e Salerno e i Bizantini dell'Apulia e della Calabria Otrantina), fu divisa, dicevo, sotto due potestà. Discernere i confini tra queste due potestà è opera vana, ancorché fosse possibile il farlo; perché i confini mutavano e rimutavano nelle vicende di una lotta perenne e fortunosa tra due irrequieti vicini. Prendendo in digrosso le cose, come al buio dei tempi si addice, le terre napoletane si può ritenere come divise in due grandi zone; - la parte settentrionale dominata dai Longobardi di Benevento, che si estendeva al Gargano sull'Adriatico, al Tirreno verso Salerno, e alle sorgenti dell'Ofanto verso Consa; - e la parte meridionale dominata di Greci dell'Apulia e della Calabria di oggi. I Longobardi arrivarono un tempo fino a Cosenza, fino a Taranto; come Greci arrivarono fino a Salerno, e in qualche anno fino a Benevento : ma cotesti estremi limiti, per gli uni e per gli altri, non furono duraturi. I Bizantini, che ebbero sempre una città forte e uno scalo importante in Rossano sul Jonio, come Otranto e Bari sull'Adriatico, erano in condizione di sospingere indietro i Longobardi, sempre mancanti di forze navali, e di occupare invece, con probabilità di più stabile durata, le regioni all'intorno e la Lucania. Di queste fluttuazioni di limiti si può trovare qui e qua gli accenni negli scarsi documenti del tempo: ma della lunga e continua dominazione dei Bizantini (non solo nella Calabria otrantina e nella Calabria bruzia) ma eziandio nella Basilicata e in buona parte dell'odierna provincia di Salerno, si potrebbero indagare testimonianze di prove ignorate di sotto alle denominazioni topografiche, per entro agli accenni di privati atti sopravvissuti alla ingiuria del tempo, e nella ricca e intentata miniera dei dialetti popolari nostrani : cose tutte che aspettano il lavoro de' nuovi esploratori delle nostre storie municipali.

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