Il viaggiatore del Basento
Paesi zittiti dall’assenza
strade a taglio sui campi lentissimi d’autunno
sbalorditi al colore che le greggi
nemmeno fissano intente all’erba bassa
disagio della pietra
È il nessun dove d’un italico ieri
fra calanchi bianchi di terra e fiumi di pasture
sotto il vento che apre le ferite
che sparge voci dallo Ionio ai monti
dove s’incanta il tetto delle madri
nel giro degli orti e dei richiami
a preparare il fuoco quand’è buio
Subito il tempo sfioca e poi sparisce
nella mano che indica la traccia dei ritorni
Accanto alle porte semichiuse
un solo abitatore mi biascica le sillabe
e col gesto fra pozze d’acqua e d’erba
sagoma un tempio profilo d’orizzonti
antichi accecanti verso Metaponto
Come pianeti a pezzi ho visto rotolare
arance e sassi nella galassia gialla
fin dentro l’antro delle grotte
memoria solitaria e fatta eterna
dall’ingegno artista ossesso dalle blatte
veloci negli strami del fieno
macchie nere per l’ombra di madonne
dipinte sulla roccia mute e vive
L’allegria d’un carro già intravede
la casa di legno spaccata dal riarso
invano benedetta dalla preghiera greca
di monaci e di vescovi
di sillabe appena pronunciate
a sortilegio d’inospiti stagioni
È fiorito cemento dal pietrisco
e il vetro-acciaio dell’architetto
progetta un’immagine assurda di futuro
sulle genealogie sparite delle attese
sull’incessante ritmo delle lune
pronto a guidarmi dentro quest’incanto