Spiritus loci

date

1947

author

Giagni, Gian Domenico

title

Confidenze lucane: G. D. Giagni

summary

bibliography

  • Il Costume politico e letterario, 16 luglio 1947, pp. 86-87.

teibody

Confidenze lucane

Potenza, aprile 1947

Tornato quaggiù per qualche giorno («a raccogliere ricordi, a parlare la lingua familiare, a fare patti con gli amici e con gli amori» come già scrissi tempo fa quando considerai la natura dei miei pellegrinaggi) poche cose mi sono rimaste tra le dita. Oggi che sto per ripartire, per riguadagnare l’inferno delle notti lunghissime di città, oggi, seduto dinanzi a questo tavolo che mia madre conserva per me come una reliquia (sa bene della grande favola che ora mi spezza il cuore, nata su quel tavolo, le parole, i timori, le titubanze) so quanto m’abbia dato questo recente viaggio tra le mie care cose: una delusione e un incontro straordinario. E qui ho gli appunti, della prima cenno per cenno, ricordo per ricordo, immagine per immagine, tutto dentro di me, del secondo poche, pochissime parole su un foglietto di carta lucida. Durante il corso leggeva le poesie Capitano Sisinni, calabrese Comprare vestiti Unione Militare Cervignano Palmanova Aquilieia Bagnaria Primo bagno pidocchi bianchi. Ungaretti. Ed altre parole che non trascrivo, tutte le parole che un amico del poeta mi suggerì nel suo ufficio lindo, Francesco La Capra agente generale delle Assicurazioni nella mia cittadina, caporale nel giugno-luglio 1917 alla Scuola di Allievi Ufficiali di Fanteria di Campolongo. Sono troppo giovane per ripetere quelle parole, troppo giovane per riportare alla memoria quei giorni lontani, l’aria che si respirava, la voce di Ungaretti meno stridula di quella che conosco, quel curvarsi sul foglio, il silenzio nei baraccamenti di legno, i soldati raccolti intorno a lui, e su tutto le splendide notti dell’estate avanzata.

Chissà se qualcuno farà la storia di quei giorni, se lo stesso Ungaretti ripeterà quei gesti. «Si scrollava di dosso i pidocchi, a centinaia, e parlava di Papini lungamente, parlava di fiumi, parlava del Nilo, della terra rossa, dell’Egitto. Nella pianura fra Palmanova e Cervignano, con una voce che ricordo ancora perché era una strana voce sottile, ma più aspra di tutti i tuoni che giungevano sulle nostre brande dal fronte vicino. Venne dalla Carnia e si scrollò tutti i pidocchi che aveva addosso da mesi, e con lui un suo amico napoletano. Tutti i pidocchi bianchi dell’allievo ufficiale caporale Giuseppe Ungaretti, nato ad Alessandria d’Egitto, poeta». Potrei dire ancora di più, ma questa corrispondenza è venuta fuori da un capriccio, dietro le parole di un agente generale delle Assicurazioni in una cittadina di provincia, proprio oggi che preparo la valigia per tornare esausto al mio lavoro. Avevo voglia di raccontare altre cose, tutto quello che porta una primavera quaggiù, tra abeti, fiumi, aceri, sassi e uomini come me; lo farò un’altra volta quando m’accorgerò di essere risanato e indurito, e di poter leggere anche con i pidocchi bianchi su tutto il corpo. Sarà la mia vittoria dopo una battaglia perduta.

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