Formulario di petitioni, responsioni e repplicationi per Astorre II Manfredi, signore di Faenza

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XIV

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Petitione al signore di Faença quando un fusse superato dal’adversario suo cum buone ragioni.

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Petizione al signore nella quale si denigra l’avversario in una causa.

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  • Bologna, Biblioteca Universitaria, 226 (già 272), cc. 13v-15v.

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Petitione al signore di Faença quando un fusse superato dal’adversario suo cum buone ragioni.

1. Gran conforto e singular soccorso è, magnifico Signore, a coloro che non hano peritia né limata eloquentia nel suo dire, quando alcuna sua causa se ritrova essere posta nelle mano d’alcuna persona pratica e docta [14r] come è la vostra magnifica Signoria, la quale subito cognosce li errori e scorge la malignità deli homini li quali sono senza discretione o timor de Dio. 2. Come è ser Marco, mio adversario, il qual, credendosi per alquante lettere che lui ha, che son ben poche e grossamente imparate, ch’el non sia homo sì eloquente che li possa resistere, né che a sue ficte e malitiose parole sappia rispondere. 3. Le quale non son però di tale effetto quale a tanto huomo se convegneriano qua‹n›to lui se extima e dimostra essere per li sfogiati ornamenti d’i suo’ panni e dele lunghe e foderate pelande che lui porta, le quale forsi anchora non son pagate, come più volte se è sentito querele del mercatante e del sartore haver fatte di lui.

4. Et s’el non fosse, Signor mio, ch’io cognosco la Signoria vostra haver de ciò optima experientia [14v] e perfecto vedere da conoscer le cose iuste e le inique, io remaria molto sconsolato e quasi desperato d’una certa mia causa ch’io ho cum lui, et maxime non me ritrovando cum quella peritia et ornamento de dire che se rechederebbe dinanci al conspetto dela magnifica Signoria vostra, la qual continuamente è usata de udire excellenti homini e dotati de singulare ingegno, ala quale io grandemente me racommando. 5. E priego quella se degni voler cognoscere la arrogantia e malignitade di questo huomo, il quale per dovermi usurpare una certa mia povera possessione dela quale io vivo, e che molti anni ho posseduta per vigore d’un testamento de mio avolo, del quale per successione son rimaso herede.

6. E costui, cum sue fictionate parole e nove inventioni, me [15r] ha agiunto a tale, che homai non ho più che spendere, e per impotentia temo non perdere il piato.

7. Né altro homai mi resta a consumarmi in tutto che esser privo di questa possessione, la qual perdendo bisogna che per forza io sgombri questa terra, e che mi vada cum Dio, stentando per le terre altrui, imperoché costui non altramente in verso de mi se move che fare sogliono gli afamati lupi sopra una vile e misera peccorella, la quale non si può dale sue force diffendere. 8. E questo fa lui per esser temuto acquistando fama de crudeltate, acioché, sbattendo questo e quello, ogni homo venga in terrore di lui, e che poi sia dala Signoria vostra e dagli altri magiori dela terra reverito e temuto grande e valente; al qual grado, se lui può per alcun tempo pervenire, serrà pessima casone de grandissima roina e de infamia [15v] dela nostra patria.

-c- aggiunto in interl. Segue un segno di riscontro. -i- aggiunto in interl.

9. Ma io spero in la prudentissima Signoria vostra, la quale cum la sua sapientia ha più volte imparato a domare la rapace iniquitate e la superbia di presumptuosi e arroganti, che costui cognoscerà premendo sì la altereza sua, che lasciarà riposare chi del suo proprio vuol ben vivere e stare in pace.

10. Siché ala iustitia dela Signoria vostra mi racommando, ala qual niuno s’apogia indarno.

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