E mentre l’uno, invidioso dell’altro, pensava giorno e notte qualche stravagante soggetto col quale potesse comparere in cossì honorata compagnia, ecco che repentinamente un giorno fuoro tutti congregati nel loro solito loco e dettoli che per corriere a posta dalla città di Bari erano stati inviati ad essi signori accademici molti poemi, quali fuoro letti e reletti in presentia loro e fuoro lodati di molta scienza. Et fu imposto dal Principe dell’Accademia che ciascuno s’affatigasse in farci alcuna bella e dotta risposta conforme, si sperava, in essi.
Alla molto eccellente e virtuosa Accademia di Piacevoli di Venosa
Donna che in Cipro, in mare, in terra e in cielo
regni fra stelle, ninfe, onde e viole,
qual stella in ciel, che sorgi innanzi al sole,
diurna luce e dietro oscuro velo
qual figlia in mar, dea in Cipro, Apollo in Delo,
pareggi con trofei d’eterna mole,
e focosi pensier, atti e parole,
qual ninfa in terra accendi, opposta al gelo,
ecco ch’una leggiadra e dotta schiera
di piacevol poeti, ordendo al segno
del tuo nome divin, ghirlande e fiori,
hor venga in terra i pargoletti amori.
Or a i lumi del ciel alza il disegno
or a Cipro, or al mar, la mente altiera.
Quivi spiegar si vede occulti ardori
sotto incognito stil, quivi aventure
liete, sotto color di sorti oscure,
fra purpuree rose e verdi allori.
Quivi, sotto pensier di nuovi amori
antique fiamme, e sotto aspre figure
mille dolci, amorose, alte testure,
fra piacevole fronde e bei lavori,
vanne Venosa homai, riccha e gioiosa
di nuovo honor, di nuove imprese ardente,
cangia, Diva gentil, l’antico seggio,
che del suo mal presaga, il vecchio freggio
sospira, e se ne va mesta e dolente,
tratta a vivo valor Cipro, in Venosa.
Venusinae Accademiae que Placida inscribitur
Quos italis nuper libuit mihi visere metris
His ego nunc eligiis, Cypria diva loquor.
Pauca prius retuli Veneris sub numine blande
Et modo sub Veneris, numina pauca feram
Quam bene res gessit Venusini nominis ortus.
Inclitus ex Veneris nomine nomen habet
Hic albi feriunt elevato vertice montes
Sydera, et arboribus florida membra gerunt
Ima petra, gelidae ualles, mirteta virescunt,
Aurea mala vigent, punica grana iubent.
Hic quesit casum, referens Philomela dolentem.
Hic plorat lacerum, Daulias ales Itym.
Hic aliae modulantur aves, cava saxa loquunt,
Vernat ager, resonant flumina, prata virent.
Hic solitae Nymphe, varios decerpere flores,
Et varia nitidum cingere fronde caput.
Puniceo croceos redimere papavere vestes,
Et laetos, laeta ducere fronte, choros.
Hic liquido placido labentes murmure fontes,
Undique frondiferis rupe tegente comis.
Moenia prisca fovent urbem patriosque penates,
Moenibus auxilio delubra prisca foris,
Denique cum Cypriae Veneris ter grata voluptas
Hic oleat Veneri ter locus aptus erat
Insuper ardenti veneranda Venusia classis
Ferre tibi poterat stegmata sola Venus.
Hinc rutilans tante prefers insignia ducis
Et puer in pueris, hac dive, ludit amor.
Perge hilaris coeptis adsit fortuna secundis,
Ad superos actus, evehat usque tuos.
Hac placido placidum veneranti carmine coetum
Bis placidos placido pectore redde sonos.
Furno molte le risposte in Vulgare et in Latino che se rimandorno in lode dell’authore che s’era degnato scrivere in lode di questa honorata Accademia, ma perché all’hora mi ritrovai nella città di Salerno per li studii de legge e sacri canoni non hebbi persona che havesse havuto pensiere di raccogliere tali belli poemi già che non pensava alcuno mai che di essi, se ni havesse havuto da far raccoglienza […].