I percorsi di Giustino Fortunato

date

1918

author

Fortunato, Giustino

title

Riccardo da Venosa e il suo tempo [estratto n.3]

summary

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bibliography

  • Riccardo da Venosa e il suo tempo, Vecchi, 1918, pp. 37-39.

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CHE COSA FU LA REGIONE DEL VULTURE DURANTE IL REGNO SVEVO.

Che cosa mai era il Vulture, prima che Federico II avesse preso ad amarlo? Una Tebaide, col verde e la frescura d’Italia: una Tebaide assai doviziosa e corrotta, in un paese assai povero e selvatico, sparso, dentro e fuori le mura d’ogni terra, di pie cappelle votive. Prima de’ normanni contava sette vescovati: Venosa, anteriore a’ longobardi, Melfi, Rapolla, Lavello, Montemilone, Cisterna e Vitalba, tutti di origine bizantina; gli ultimi tre, venuti a mancare sullo scorcio del secolo undecimo: Cisterna e Vitalba, allora appunto, non più abitate. Ne avanzavan, dunque, soli quattro: molto ben dotato il vescovato di Melfi, cui era stato aggregato quello di Cisterna; assai meno il vescovato di Rapolla, che si era annesso il contermine di Vitalba. Accanto alle chiese vescovili, e a brevi intervalli l’una dall’altra, numerose le badie benedettine, che nelle varie successive migrazioni, per la Puglia e la Basilicata orientale, di cassinesi, cavesi ed aversani, avevano, per tempo, conquistato mezzo il territorio a furia di lasciti e di feudali concessioni: Santa Maria di Banzi, surta prima fra tutte nell’anno 815 per opera del principe Grimoaldo III di Salerno, la Santissima Trinità di Venosa, tomba de’ primi duchi normanni, Santo Stefano in Giuncarico di là dal ponte di Santa Venere (l’antico pons Aufidi dell’via AppiaAppia vetus), Santa Maria in Elce sotto Calitri, San Michele Arcangelo tra’ laghi di Monticchio, forse originaria d’un chiostro beneventano, San Lorenzo in Tufara presso Pescopagano; e, spiritualmente da esse dipendenti, ma solitari nell’aperta campagna, monasteri di monache, anch’esse benedettine, a Montalto della Marziana non lungi da Venosa, a Palo Rotondo, prima, a San Giovanni in Ilice, dopo, sul versante occidentale di Melfi, a San Guglielmo del Goleto in capo alla valle dell’Ofanto, - quest’ultimo assai vasto, e della riformata regola dei verginiani del Partenio. Tutt’e tre le successive migrazioni benedettine dalla Campania s’eran fatte, via via, largo ai danni in particolar modo delle primitive fondazioni greche de’ basiliani, - dal cui naufragio a stento si eran salvati l’eremo di San Nicola di Morbano e alcune laure romitiche presso Rapolla, colà aperte nel 994 dall’abate San Vitale, venuto di Calabria. Ma, da più anni, contro i figli di San Benedetto vigilavano con occhio avido, pronti a render loro la pariglia del male fatto a’ confratelli di San Basilio, i due sacri militari ordini, francese l’uno, germanico l’altro, dei Templari e dei Teutonici: meno recente il primo, e già possessore di un latifondo su le rive dell’Olivento e di molti beni immobili a Melfi Venosa Lavello e Forenza, ma già fieramente avversato da Federico II, che presto gli aveva sottratto, né mai voluto restituire, quanto esso aveva acquistato nelle province continentali del Regno, - favorendo a suo discapito, specialmente nel Tavoliere di Puglia, l’Ordine Teutonico, al quale aveva già donato Acqualata e Bisciglieto presso Torre Alemanna in tenimento Asculi…

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