Formulario di petitioni, responsioni e repplicationi per Astorre II Manfredi, signore di Faenza

idno

LIV

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Petitione al signore di Faença adimandando iustitia e rasone, essendo oppresso e tenuto ala lunga in alcuna causa.

summary

Petizione al signore di Faenza nella quale il petitore domanda di intercedere in una disputa legale che un suo cugino ha in quella città.

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  • Bologna, Biblioteca Universitaria, 226 (già 272), cc. 51r-v.

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Petitione al signore di Faença adimandando iustitia e rasone, essendo oppresso e tenuto ala lunga in alcuna causa.

1. Magnifico et excelso Signor mio. 2. La singulare benivolentia e perfetta subiectione che sempre çaschun dela nostra fameglia ha havuto in verso la vostra Signoria, dala quale havemo recevuti infiniti benefitii, me induce al presente ad havere riccorso da quella cum securtà e speranza nei mei bisogni, persuadendomi poter così fare cum la vostra Signoria, havuto anchora rispetto quanta humanità me usò a quisti giorni la Signoria vostra in la mia causa, ala quale sencia dilatione li fu dato subito bona expeditione, segondo il desiderio mio.

3. E bench’io cognosca in parte havere errato in non esser venuto a fare il debito mio e a visitare la vostra Signoria come se convenia, solo è restato per le continue occupationi dell’offitio mio, il quale finito, mi sforçarò satisfare [51v] al’obligo mio.

Dopo quisti segno di omissione, e giorni aggiunto nel marg. dx.

4. Hora al presente m’acade avisare la vostra Signoria che un mio cusino chiamato Luca, il quale è persona vistuosa e da bene, e reputo quanto carnal fratello, ha una certa differentia in Faença, e altri cum nove cautele e cavilatione cerca de straciarlo, e contra ogni iustitia menarlo ala longa per farlo spender la vita, e che se levi dala impresa.

5. E bench’io cognosca la vostra Signoria essere iustissima e benigna, e che non bisogni racordare a quella il ministrar rasone e iustitia, pur, confidandomi grandemente in la vostra magnifica Signoria, priego quella se degni, per sua humanità, in quelle cose che la rason premette haverlo per racommandato, che non sia tenuto in tempo.

6. Che, tutto quello che la Signoria vostra li farrà, reputarò che sia fatto a mi proprio, e havròlo a gran singulare, e serròne sempre obligato a quella, ala quale me offerisco continuamente essere aparechiato ai commandamenti soi, e così a quella humilmente me recommando.

-i aggiunto in interl.

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