MICHELE BERGAMASCO PAROLE INAUGURALI E DI CHIUSURA PRONUNZIATE NELLE CONFERENZE MAGISTRALI A Melfi IL 21 E IL 28 SETTEMBRE 1912
MELFI, TIPOGRAFIA DI ANTONIO LICCIONE
SALA CORTE D'ASSISE
PROF. NICOLA SACINO Ispettore Scolastico di Matera - Presidente.
PROF. GIUSEPPE BELLO di pedagogia Scuola Normale di Bari.
PROF. CAV. MICHELE DE BLASIS di educazione fisica Scuola Normale di Matera.
DOTT. RAFFAELE PAGNIELLO Uffiziale Sanitario di Melfi incaricato delle conferenze d'igiene.
Nel porgere a Lei, egregio Ispettore scolastico della illustre Città e circoscrizione di Matera, Presidente di questa nobile assemblea di educatori, a Loro riveriti Conferenzieri, onore e decoro della Scuola normale di Bari e di Matera, a Lei benemerito Uffiziale sanitario della nostra città, a Voi colleghe e colleghi carissimi della Basilicata e della Puglia, strette in amplesso di fraternità da antichi e recenti ricordi storici e patriottici, il mio saluto, il saluto affettuoso dei maestri di Melfi e dell'Associazione magistrale melfese " Angiulli Andrea", l'animo mio di melfitano e di educatore, l'animo dei miei colleghi concittadini vibrante all'unisono del medesimo sentimento, è lieto, in questo fausto giorno, di manifestare al Ministro della P. I., Onorevole Credaro, l'intimo senso di gioia per la designazione di Melfi come una delle sedi delle conferenze fra gl'insegnanti della nostra provincia e delle province limitrofe. Noi siamo vivamente riconoscenti all' On. Credaro per l'onore insigne che ha voluto tributare alla nostra Melfi, alla patria di Floriano Del Zio, l' illustre filosofo e pedagogista che, dopo le nobili lotte alle quali anch'egli aveva partecipato per l'unità d' Italia, negli albori della costituzione politica di essa a Stato libero, dalla cattedra, con lo splendore di una dottrina che faceva brillare di nuova luce radiosa la "Scienza nuova" di G. B. Vico, insegnò i doveri verso la cultura e il risorgimento morale della Nazione, e nel Parlamento, discutendosi, nella tornata del 20 dicembre 1881, il bilancio della pubblica istruzione, pronunziò un discorso che resta monumento di sapienza civile, e che anche oggi rifulge nel firmamento della Scuola come stella verso la quale deve indirizzarsi l'educazione delle novelle generazioni. Fino a trent'anni dietro c'erano, bensì, pensatori, scrittori, periodici didattici che agitavano nella dottrina, nelle discussioni, e in seno agl'insegnanti, i problemi della scuola, e propugnavano i diritti di questa e dei maestri per una posizione giuridica nel paese decorosa e degna dell'altezza e della nobiltà della funzione. Mancava però da parte della stampa politica la propaganda nel pubblico, che creasse intorno agli istituti scolastici la simpatia, la considerazione, la stima necessarie per la elevazione di essi alla importanza di uffici sociali di primo ordine, capaci di rinnovare la vita intellettuale, economica e morale del popolo. Non si era ancora costituita la grande organizzazione magistrale nazionale, che facesse sentire nel paese le pulsazioni gagliarde della sua immensa forza morale, diretta a innalzare la scuola fra le generazioni novelle siccome segnacolo eccelso di luce, di libertà e di progresso nelle opere della pace sociale, e che per mezzo dei suoi capi e dei congressi nelle varie città del regno diffondesse i principi di diritto e di giustizia, ai quali dovesse conformarsi la legislazione scolastica in Italia. Non si era ancora formata nella grande maggioranza dei cittadini la coscienza dei doveri dello Stato verso la educazione del popolo, conforme ai bisogni della nuova società e agl'ideali dell'avvenire; e pochi uomini affermavano che lo Stato avesse l'obbligo di consacrare non solo le sue cure più amorose, quanto i mezzi più cospicui per la vita e l'incremento sempre maggiore della scuola elementare e della istruzione sub-elementare.
Floriano Del Zio era tra questi pochi uomini. Rappresentava allora il Collegio politico di Tricarico, e, precursore autorevole di una nuova eloquenza parlamentare, quell'eloquenza più tardi adoperata in favore della scuola da Umberto Caratti, da Credaro, da Comandini, in quella tornata che io oggi proclamo memoranda e degna di ricordo imperituro per noi maestri di Melfi, per voi maestri di Basilicata, espresse al Ministro della P. I., On. Guido Baccelli, con parola alata risonante come un inno alla bellezza e alla grazia dei bimbi, il voto che lo Stato avocasse a sè gl'istituti infantili.
"Gl'istituti infantili - diceva egli - sono l'aurora dell'intelligenza, sono gli organismi mattinieri in cui comincia a formarsi quell'ideale dell'uomo virtuoso, che con tanto zelo, con tanto amore, con tanto anelito desideriamo abbia corpo. Siano perciò definitivamente avocati al Ministero, a cui veramente spettano, ed esulti ognuno per una prima risoluzione razionale di una parte del grande problema".
E ancora più in alto figgeva il suo sguardo il nostro Floriano Del Zio. Alla sua mente di filosofo e di pedagogista apparì, anche quel giorno, siccome astro splendente in un cielo di cobalto, l'ideale dell'uomo virtuoso che deve formarsi nella scuola; e all' On. Ministro della P. I., ricordando una frase uscita otto mesi avanti dal labbro dell'on. Sella, e rimasta senza risposta, non "per mancanza d' ispirazione di scienza e di libertà", ma perchè l'obbiettivo della discussione era circoscritto a un interesse tecnico e particolare di Roma per le sue opere di edilizia, rivolgeva un altissimo pensiero, nella forma smagliante del pensatore profondo e dell'uomo politico, che sente la nobiltà dei fini etici da assegnare alla scuola e alla pubblica educazione.
"Si chiede come e perchè riesca difficile alla Società nostra di avere un ideale che renda l'uomo virtuoso, che faccia più propensi i cittadini all'esercizio dei propri doveri, che aiuti la Società italiana nella consolidazione morale della propria unità. Sì, o signori, è difficile questo compito. Ma non lamentiamoci del destino! Innumerevoli, prodigiosi, quotidianamente crescenti sono gl'impulsi, gli accenni, le agevolazioni, gli aiuti della civiltà per darci coscienza dell'ideale di verità e di giustizia immanente allo spirito dell'uomo moderno. Ma il nostro dovere non è quello di fantasticare sull'origine di questo ideale; discende dalla più profonda antichità della storia, dal nume del progresso; e il nostro ufficio si riduce a riconoscerlo, ad ubbidirgli, a tradurlo in leggi. E non potremo ciò fare se con attenzione, se con amore, se con affetto infinito non cercheremo prima d'intendere come penetri in tutti gl'istituti e problemi della pubblica istruzione ed educazione.
"Esso deve regnare nelle scuole elementari, deve risplendere nelle intermedie e secondarie, e ricevere finalmente corona di certezza e verità assoluta negl'istituti superiori e universitari."
Quando così parlava alla Camera dei Deputati Floriano Del Zio, benchè dagli astri maggiori della pedagogia scientifica, quali l' Angiulli, il Siciliani, l' Ardigò, e dal Tommasi, dal Cantani, dal Villari, stelle fulgenti in altri ordini di studi riannodantisi alle dottrine biologiche, psicologiche, storiche, fondamento della filosofia positiva, s'irradiasse nuova luce sulla vita e sullo sviluppo della scuola e della cultura per un indirizzo della educazione conforme alla evoluzione delle attività umane, vigevano ancora e in gran parte nella istruzione elementare, specialmente, i sistemi del passato. "Noi ci agitiamo - scriveva l' Angiulli - in una lotta tra gli avanzi del passato e le aspirazioni ancora incerte dell'avvenire". Onde gravi accuse si muovevano contro le scuole elementari, perchè "i metodi d'insegnamento e lo spirito con cui era condotto il sapere tendevano a deprimere l'energia fisica e la dignità intellettuale e morale dei fanciulli". Floriano Del Zio, pur accogliendo l'accusa, con quel senso di verità e di giustizia ond'egli è sempre animato in qualsiasi manifestazione della sua vita nobilissima, la raddolcisce con un'attenuazione, osservando che "tale conclusione era presa troppo estensivamente. Per l'onore della libertà italiana, e di quel lungo lavoro di riforme dai nostri predecessori iniziate, non può essere il disordine e l'insufficienza così vasta come si segnala. Pure il fatto sarebbe altamente deplorevole, se anche constatato minore e frammentario. No, la condizione teoretica delle scuole elementari non deve giammai condurre alla tristissima conseguenza del deperimento delle forze fisiche dei fanciulli, alla depressione del loro spontaneo svolgimento intellettuale e morale. Saremmo agli antipodi dell'antico assioma: Mens sana in corpore sano".
Ma il pensiero del filosofo e del pedagogista si slancia verso una meta più lontana, e precorre il tempo presente, in cui appena ora principia a prender forma e corpo la idea antiveggente dell'avvenire. Nella luce vivida della sua mente, Floriano Del Zio trova che in Italia manca un vero ordine, un vero sistema dell'insegnamento tecnico e professionale, antivede la scuola popolare che ora va sorgendo in qualche parte d' Italia, e domanda al Ministro della P. I: "dove si scopre, dove si riconosce la determinazione migliore del sapere, cioè la più fruttifera, la più umana? Evidentemente là dove il sapere è in modo indissolubile congiunto alla dottrina tecnica del lavoro; imperocchè nel mondo moderno il lavoro è la sorgente di ogni bene, di ogni virtù; il principio di ogni riabilitazione; la marmorea base su cui può assicurarsi la civiltà di tutti i popoli. Quel problema della vita morale del popolo che fu prima sbozzato negli asili infantili, quivi inizia il suo svolgimento. Quei germi di scienza e di virtù, che nelle scuole elementari vennero a modo di molecole gettati nei cuori e nelle menti, si rivelano nelle scuole professionali come prove dell'umana libertà a guadagnare la ricchezza, la gloria personale nella solidarietà della patria e del mondo. Il fanciullo è diventato adolescente, giovinetto, uomo: le nozioni primiere del bene e del male, oramai comprende come sieno connesse coi destini stessi della società e dell'umana natura; e non gli resta che di apprendere più tardi la conclusione suprema della scienza e della vita nell'insegnamento superiore. Vi arriva? Vi riesce? La Patria ha guadagnato un soldato del diritto. L'uomo virtuoso è costituito".
E dopo così bella, così luminosa visione profetica, Floriano Del Zio, rivolto al Ministro della P. I., gli dice: "L' On. Ministro dovrà prendere con animo eroico questo doppio invito, questa duplice morale necessità ed esaminare se nello spirito, se nel metodo e nel sistema dell'insegnamento attuale ci sia davvero quanto è reclamato dalla grande maggioranza progressista della Nazione..... Non facendolo, sarà inseguito dalle stesse contrarietà che avviluppavano i suoi predecessori, perchè nessuno può impunemente resistere al fato e al diritto dell'uomo moderno".
Noi dunque maestri di Melfi siamo vivamente riconoscenti all' On. Credaro, per aver offerto alla discussione dei maestri di Basilicata temi che formavano parte del sapiente programma di riforme pedagogiche proposto trent'anni dietro da Floriano Del Zio alla Camera dei Deputati.
L'educazione fisica come base dell'educazione psichica; l'educazione dei fanciulli alla gentilezza e al rispetto di tutto quanto crea la natura e l'arte dell'uomo per il bene dell'individuo e della società umana; l'insegnamento della storia del nostro risorgimento politico, come fondamento dell'educazione morale e patriottica delle novelle generazioni, sono i capisaldi del programma di Floriano Del Zio. Nel nome quindi di questo venerando filosofo e pedagogista di Melfi, ammirando per la profonda dottrina e l'immensa erudizione in ogni campo del sapere, per la bontà squisita dell'animo, per l'austerità della vita e per lo splendore delle virtù di cittadino e di patriota, iniziamo le nostre discussioni e riaffermiamo saldamente, con fede novella e più fervida, il tenace proposito di distruggere il terribile nemico che ancora tiranneggia contro la libertà del nostro popolo e ne insidia selvaggiamente la redenzione morale. Pur troppo giganteggia ancora e c'è da abbattere una immensa muraglia, come disse, in questa medesima aula, il vostro e il nostro illustre professore Andrea Angiulli, inaugurando, nell'anniversario di una data fatidica, il 20 settembre 1885, il corso delle conferenze pedagogiche ch'egli qui presiedette e diresse fra i bagliori di una eloquenza fascinatrice "la muraglia della ignoranza del nostro popolo". Quanto lavoro intelligente costante pertinace, quante dure fatiche, quante aspre lotte, quanti eroici conati, perchè questo colosso formidabile cadesse via via in frantumi, avete voi compiuto, maestri d' Italia, dal '60 finora, pur attraverso inenarrabili disagi, angustie, stenti, amarezze, dolori di una vita grama misera travagliata, nobilmente sostenuta colla fiamma di una fede possente, la fede nel risorgimento morale, nella grandezza, nella gloria della Patria. Avete veduto, è vero, che "la grande proletaria s'è mossa"; avete veduto e vedete ognora il popolo che l' Italia risorgente non trovò sempre pronto al suo appello al suo invito al suo comando> operar per terra per mare per cielo miracoli di valore e di eroismo vicino al conte, al marchese, al duca, vicino al maestro elementare, al medico, all'avvocato, all' ingegnere, al commesso di negozio; avete veduto e vedete, nel bel cielo d' Italia, nel giubileo della sua epica unità politica, rifulgere di luce iridescente la stella prodigiosa che diresse il compimento dei sacri destini della Patria.
Ma voi consacrate la vostra mente, la vostra cultura, i palpiti cocenti del vostro cuore, gli aneliti frementi del vostro animo, le vostre nobili aspirazioni a una gloria durevole imperitura, a una gloria più vera e più umana, la gloria del rinsaldamento incrollabile immortale dell'unità morale del popolo d' Italia. L'opera vostra è diretta a penetrare nell'anima del popolo, a destarvi le energie latenti, a produrvi il moto e il calore, a crearvi una vita nuova, la vita del pensiero che si schiude e si espande alla luce del vero e del bello, la vita del sentimento che vibra d'amore per tutto quello che è bene, e s'entusiasma per idealità radiose non mai apparse nel fondo buio dello spirito. L'opera vostra ispirata dalla dea della scienza - eterno sole di verità e di progresso - forma nel popolo la nuova mentalità, partecipe dei tesori del sapere come principio di eguaglianza sociale, come elevamento della dignità e del valore umano, come attitudine cosciente, illuminata a dirigere lo sviluppo razionale dell'agricoltura, dell'industria, del commercio, a conseguire il trionfo del lavoro in ogni campo dell'attività umana, a produrre la ricchezza e la prosperità pubblica e privata, a innalzarsi alla nobiltà vera, all'aristocrazia augusta, al divino privilegio delle lettere, delle arti, delle scienze, a illustrare la patria e il mondo con nuove scoperte, con altre invenzioni meravigliose. È la nuova coscienza che voi formate nel popolo, la coscienza della libertà, di quella libertà che è redenzione morale da qualsiasi schiavitù e dispotismo; di quella libertà che, conferendo agli uomini la eguaglianza di dritto nella partecipazione al godimento dei benefici sociali e nella esplicazione degli offici nella vita in comune, non trasmoda nel disprezzo e nell'avversione contro coloro che per l'età, per le funzioni sociali, per l'ingegno, per il sapere, per la virtù, per le pubbliche benemerenze, si distinguono dagli altri; di quella libertà che infrena gl'impeti delle passioni insane, selvagge, che fa sentire l'imperio della legge, sovrana dominatrice e moderatrice delle azioni dell'uomo, e che impone l'adempimento dei doveri; di quella libertà che è rispetto alle opinioni e alla religione, patrimonio quelle di esperienze, di studio, di convincimenti, di saggezza e di norme direttive della condotta, l'altra di tradizioni, di sentimenti, d' ideali civili e morali; di quella libertà che è coscienza salda, profonda dell'ordine e del progresso sociale, che è sorgente inesauribile di lavoro, di pace, di benessere, e d'amore nel consorzio umano, che è l'aureola della dignità dell'uomo e del carattere nazionale del cittadino, che è il sacro palladio della suprema religione del cuore, dell'intelletto, della volontà della Patria.
In questa epoca nella quale, fra il turbinare di idee cozzanti per le rivendicazioni sociali, si agitano e lottano le masse popolari per la conquista di nuovi diritti, una grande concordia d'intenti, di lavoro, di studi, di cure s'impone agli educatori d' Italia. La concordia nell'opera degli educatori genera la concordia nei sentimenti, nella coscienza, nelle aspirazioni del popolo, e la concezione dei diritti, che viene formandosi nella scuola in corrispondenza alle idee creatrici dei nuovi bisogni e dei nuovi sentimenti di progresso sociale, si traduce pacificamente, con la partecipazione del popolo medesimo, in sanzione legislativa operatrice di bene, di giustizia e d'amore fra gli uomini, e prepara più alte e più nobili idealità per l'avvenire.
Onde voi, prodi garibaldini di Melfi, voi invitta falange di garibaldini della Lucania e della Puglia, cinta di lauro la fronte per le vittorie già riportate, stringetevi fortemente coi compagni d'arme delle regioni sorelle, con l'esercito formidabile dei garibaldini d' Italia, adorni anch'essi di splendidi trofei di guerra, e guidati dal glorioso vessillo della Patria, simbolo di eroismo, di martirio, di fede, di speranza e d'amore, al magico squillo della tromba del Duce imperante dal Gianicolo, continuate ardimentosi la pugna e disperdete il barbaro nemico con la potenza invincibile delle vostre baionette, le baionette della virtù e della scienza.
Sulle rovine allora della "immensa muraglia" che avrete atterrata, fra le armonie d'una lirica novella risonante dalle vette dell'Alpi eccelse alle città galleggianti sul Mediterraneo, sorgerà l' Italia intravista da Carducci, come un sole sfolgorante di raggi d'oro, in un sogno profetico di Mazzini.
28 SETTEMBRE 1912
Ai Maestri dell'Abruzzo, del Napoletano, della Puglia e della Basilicata nel dì della loro partenza dopo le Conferenze Magistrali in Melfi.
Dissi il primo giorno perchè noi di Melfi si è riconoscenti al Ministro On. Credaro, per la designazione della nostra Città a sede delle conferenze magistrali. Oggi dirò che gli siamo ancor di più riconoscenti, perchè le conferenze lasciano nell'animo nostro, oltre che una profonda, incancellabile impressione, un dolce ricordo, che vivrà in noi maestri finchè avremo le pulsazioni del cuore, e che troverà un'eco armoniosa particolarmente nei giovani che assistono ai nostri dibattiti. Quest'aula di Corte d'Assise, nella quale i campioni del giure penale scendono sull'agone e strenuamente si battono per il trionfo della giustizia, sia che questa liberi l'innocente, sia che punisca il colpevole, è imponente, è maestosa. Ma assai più imponente, assai più maestosa è divenuta in questi giorni delle conferenze magistrali. Essa ha assunto l'aspetto e la solennità di un parlamento, di un parlamento assai più solenne di quelli che in altri tempi si tenevano a Melfi. Allora convenivano nella nostra Città il Re e i Baroni, il Sovrano e i Vassalli, e trattavano della sovranità da esercitare sul popolo. Oggi il nostro parlamento è di liberi cittadini, anzi è il parlamento degli educatori del popolo, del popolo che non è più schiavo della volontà assoluta del sovrano, ma che è sovrano a se stesso e a se stesso impone liberamente la sovranità della legge. Ed è tanto più solenne e maestoso il nostro parlamento, in quanto che esso si svolge nell'aula della Corte d'Assise. In questa i campioni del diritto lottano perchè il diritto sia riconosciuto dal magistrato; nel nostro parlamento i campioni della scuola, coperti dell'armi cavalleresche del sapere e della virtù, pugnano nobilmente perchè il diritto divenga nell'uomo, mercè l'opera dell'educazione, coscienza di bene per sè e di armonia per il consorzio civile, e non sia in nessun modo violato e
manomesso. La lotta degli educatori nell'aula della Corte d'Assise ha una significazione morale altissima: la legge è quasi sempre non osservata, perchè essa non è entrata nel dominio della coscienza dell'uomo, e non esercita il suo potere inibitore sulle azioni condannevoli: l'educazione fa penetrare nella coscienza dell'uomo lo spirito della legge; questa acquista valore imperativo di norma sicura della vita sociale, e l'uomo diviene magistrato, che applica per il suo bene e per l'armonia della società, le sanzioni legislative, che si son formate nella sua coscienza e s'impongono alla sua volontà. Nobilissima è la lotta che si è svolta dai campioni della scuola, in quest'aula di Corte d'Assise, perchè la scuola, sovrana dispensiera di giustizia sociale, si elevi nella coscienza del popolo come segnacolo eccelso di luce, di libertà e di progresso; per il che profonda, incancellabile è la impressione che in noi rimane delle conferenze magistrali, e dolce e vivo è il ricordo che ne serberemo. Serberemo vivo e dolce ricordo di Lei, egregio e caro Ispettore Sacino. A noi, nei nostri sogni, nei sogni del tramonto della nostra vita, al cuore, alla fantasia dei maestri giovani e del pubblico giovane che ci assiste, apparirà sempre bella, sempre circonfusa di luce. radiosa la visione della scuola dell'avvenire, che Ella ci ha offerto coi colori più smaglianti della sua arte di educatore.
Serberemo vivo ricordo di Lei, simpatico prof. De Blasis, che ha saputo trasfondere in noi il suo entusiasmo e la sua fede nella rigenerazione fisica e morale del popolo d' Italia.
Serberemo vivo e dolce ricordo di Lei, illustre professor Bello, Ella ci ha vinto, ci ha conquiso col fascino della sua parola, con lo splendore della sua dottrina, col calore della sua anima. Ella ha rivendicato alla nostra Patria la gloria della scuola italica, ed ha affermato il principio che la nostra educazione deve avere carattere nazionale d'italianità, per le tradizioni del passato, e per la missione da compiere nell'avvenire in seno alle nazioni del mondo.
Serberemo vivo e dolce ricordo delle signore e delle signorine, che hanno portato in mezzo a noi il profumo della loro grazia e della loro gentilezza. Serberemo vivo e dolce ricordo degli egregi conferenzieri, e di tutti voi, maestri dell'Abruzzo, del Napoletano, della Puglia e della Basilicata, che vi siete fatti ammirare per cultura, per valore didattico, per squisita bontà.
E da questa terra, che ebbe ed ha uomini di altissimo pensiero, da questa terra, che ha avuto la scuola clandestina, preparatrice dei soldati delle battaglie della Patria, da questa terra splendidamente cantata dall'illustre prof. Bello con un inno magnifico alle sue glorie avite, parta e vi accompagni il saluto del Poeta:
Baci il giovin gli offriva
Con ghirlande di lauro,
E Tetide, che udiva,
A la fera divina
Plaudia da la Marina.
PIETRO GAMBACORTA
I più facili, più utili e più dilettevoli esercizi di educazione fisica nel corso popolare
Tema svolto alle Conferenze Magistrali tenute in Potenza (dal 23 al 30 settembre 1912)
Potenza, Tipografia Cooperativa La Perseveranza, 1912
Egregi Colleghi,
Avrei voluto che ad altri, non a me, fosse stato dato di riferire, con vera competenza scientifica, sul tema dell'educazione fisica; su questo argomento di vitale importanza che ancora oggidì trova non pochi tiepidi fautori nel campo dei misoneisti di ogni idea evolutiva che miri a conferire alla scuola la sua alta funzione educativa e sociale. Ma fu per ragioni di deferenza che il mio diniego cedesse ai ripetuti, cortesi inviti di chi oggi degnamente ci presiede ed a cui convergono i moti spontanei ed intimi del nostro cuore. Ma sarò io pari all'altezza del mandato conferitomi? Ne dubito. Però mi conforta il pensiero della comunanza d'intenti che qui ci sospinse, quella cioè di cooperare insieme, anche col minimo contributo della singola opera nostra, al conseguimento delle nobili finalità educative. In questa intesa, io mi accingo ad esporre le mie modeste idee; voi, selezionandole, saprete armonizzarle ed integrarle.
Colleghi,
Fatalmente oggi la vita è un convenzionalismo di usi, di costumi, di mode bizzarre foggiate a bella posta per infiacchire la fibra e snaturare gli organismi; la scuola, il più spesso, è sorgente di deficienza nello sviluppo fisiologico, di attitudini viziose, di cause predisponenti a serii malanni, derivanti da locali antigienici, da banchi irrazionali o da una educazione antifisiologica, perchè non coordinata alle modalità dell'attenzione e della resistenza della fatica cerebrale o basata su insegnamenti puramente mnemonici, che, atrofizzando la mente, isteriliscono il cuore. Conviene adunque che la scuola segna l'indirizzo nuovo che la società più evoluta reclama; che sia veramente la palestra in cui, fisiologicamente e psichicamente, si foggi il futuro cittadino, il futuro soldato d'una patria forte e temuta.
Noi trascuriamo purtroppo la salute del corpo a grave discapito dello spirito. Eppure le nostre illustri tradizioni ci attestano quanto essa fosse tenuta in onore presso i nostri padri antichi.
Io non farò la storia della cultura fisica: no, esorbiterei dal compito assunto. Dirò solo che la sua origine si perde nella notte dei secoli. Come essa, presso i popoli selvaggi, fosse esclusivamente diretta a rafforzare il corpo per acquistare le doti della combattività, e come, col volgere del tempo, subisse vario indirizzo, secondo la varietà delle razze, le ingenite disposizioni e tendenze o l'idea dominante dei popoli, voi lo sapete. Nè stimo consentaneo farne oggetto delle nostre discussioni. Ciò che c'interessa è il considerare che solo dai primi albori del secolo XVI cominciò a farsi strada l'idea di dare un maggiore impulso all'educazione fisica della gioventù; e così, alla luce delle idealità intraviste attraverso le dottrine di pedagogisti e filosofi, fu propugnata l'efficacia ch'essa esercita su tutte le attività umane.
A questo concetto dello sviluppo psico-fisiologico noi c'informeremo. Tale coltura, tanto acquista la sua massima importanza, in quanto al rapporto intimo e costante esistente tra corpo ed anima, in guisa che trascurando l'uno, ne risente l'altra gli effetti deleterii. Ora, se l'educando è un insieme di energie intimamente associate ed ubbidienti a leggi determinate, perchè noi, sovente, o per fatalità di circostanze o per non piena consapevolezza della nostra alta missione, trascuriamo l'educazione fisica, come la parte men nobile della personalità umana? Noi, o egregi colleghi, non possiamo essere estranei alle teorie profondamente riformatrici del Morel Bénédict e del Lombroso Cesare, che, allontanandosi dalle idee dei liberisti, mettono per base di degenerazione e di perturbamento psichico tutte le cause che esauriscono o paralizzano, e ripongono nella costituzione dell'organismo i motivi dell'atto volitivo, illustrando così il determinismo fisiologico a cui la filosofia positiva moderna si ispira. Occorre adunque che nelle nostre scuole si assegni all'educazione fisica il posto che le compete, perchè anch'essa ha comune con le altre discipline la finalità educativa.
Ma quali esercizi che, accompagnando all'utilità il diletto e la facile esecuzione di essi, mirano al conseguimento della duplice finalità educativa: cioè lo sviluppo armonico delle potenze fisiologiche e la rettitudine ragionevole e benefica dello spirito? Rispondo obiettivamente, basandomi sull'esperienza attinta dalla pratica diuturna dell'insegnamento e dalle prove raccolte durante la mia funzione direttiva. Ho potuto constatare che nel corso popolare i più semplici esercizi ordinativi (disposizione sur una o due righe - cambiamenti di fronte e di fianco - squadriglie) riescono graditi agli alunni quando non si eseguiscano sotto l'imperio d'un'autorità coercitiva, nè siano prolungati ed uniformi. Lo stesso dicasi degli esercizi elementari (piegamenti, slanci, circonduzioni, spinte e flessioni degli arti superiori ed inferiori, salti a distanza o in alto dalla pedana o con rincorsa). Occorre però che non siano così complicati da richiedere soverchio lavorio mnemonico. Non meno facili e dilettevoli riescono gli esercizi di marcia, di arrampicarsi su pertiche o funi, nonchè quelli di sospensione e di equilibrio sull'asse fisso. Però non si assoggettarono le adolescenti a certi esercizi che potessero offenderne il decoro. Accennati così a grandi linee i più facili esercizi adatti agli alunni del corso popolare, vediamo di ragionarne l'utilità. È risaputo che l'esercizio agisce favorevolmente sulla produzione del lavoro, sia fisiologico, sia psichico; che l'attività è minima all'inizio e che va progressivamente crescendo in intensità, finchè a grado a grado si rallenta. Ond'è che gli esercizi, per riuscire utili, occorre siano graduali, cioè che i più facili, come gli ordinativi e gli elementari, abbiano la precedenza sui meno facili, in guisa che l'attività corporale venga ad accrescersi verso la metà della lezione con gli esercizi di palestra o di corsa, per rallentarsi gradatamente verso la fine, impiegandola nell'esecuzione di qualche giuoco. Rifuggendo dalle complicazioni coreografiche o a base atletica, essi, quando abbiano carattere di continuità, riescono proficui per conferire all' organismo armonia di funzioni, armonia di forme, armonia di movimenti, ch'è quanto dire: salute, beltà, destrezza. La salute ci è data dall'aumento d'irrigazione del sangue nei muscoli, dal loro maggiore assorbimento di ossigeno ed emissione dell'acido carbonico; dall'accresciuta attività funzionale del cuore e degl'organi respiratori, nonchè dall'agevole funzionalità della nutrizione e del ricambio materiale. La bellezza è costituita dall'unità dell'organismo mirabilmente proporzionato e dal nobile portamento della persona; la destrezza è conferita dalla forza e dall'agilità che concorrono all'acquisto di attitudini capaci di farci ottenere dal minimo lavoro il massimo prodotto utile.
E tutti questi tre coefficienti convergono a quell'armonia di corpo e di spirito che costituiscono il benessere degl'individui, la prosperità della patria e dell'umanità.
Però occorre, come sapete, che tali esercizi non siano violenti, perchè, essendo in tal modo contrari alle leggi dell'organismo, danno origine a depressioni nervose, tormentano e distruggono, là dove conviene sollevare ed evolvere. Lo strapazzo muscolare produce gli stessi effetti funesti della cultura intensiva della mente, ossia dello strapazzo cerebrale, che violentando le leggi della natura, mena all' incapacità intellettiva ed associativa, ai disturbi nelle funzioni della vita, che si esplicano in fenomeni morbosi.
Ho detto che lo strapazzo muscolare degenera e violenta; ma ciò non esclude la necessità di un po' di sforzo contemperato alla capacità degli alunni per superare certe difficoltà. Onde, se è condannabile quel processo metodico che, facilitando oltremodo, non aguzza l'intelletto, non intensifica alquanto l'energia cerebrale, è del pari condannabile quell'esercizio fisico che, escludendo ogni possibile sforzo per vincere una difficoltà o un ostacolo, mena a rendere l'uomo psico-astenico. Importa quindi la moderazione, il graduale allenamento, relativamente all' età degli alunni ed alle loro rispettive attitudini fisiologiche. Solo in tal modo avremo nei singoli esercizi di educazione fisica altrettanti opportunissimi, efficaci dinamogeni, i quali, sviluppando il sentimento di piacere e il senso di possanza personale, aumenteranno la cenestesia e vivificheranno quell'esaltazione della gioia vitale che accompagna ogni manifestazione ed esplicazione di attività e rapidità di movimenti.
Questa salutare ginnastica dei muscoli, non disgiunta da quella per il raffinamento della vista, dell'udito e del tatto, concorre a perfezionare la mente.
Poichè è assodato che per l'educazione fisica occorre l'impiego di energia, noi non possiamo farla seguire immediatamente ad altri insegnamenti, senza prima un conveniente riposo.
Dimostrata l'utilità fisiologica degli esercizi di educazione fisica, dove rinvenirne l'utilità morale, l'educazione del sentimento che dev'essere la finalità precipua della scuola, come quella che costituisce il valore e la forza della personalità umana e mena al trionfo dell'aristocrazia dell'anima su quella delle caste ?
Ho visto alunni che, puliti nella persona e negl'indumenti, eseguivano con garbo e prontezza i vari movimenti comandati, esercitando in tal modo i sentimenti di pulitezza, urbanità ed obbedienza. Non basta: essi, armonizzando e coordinando quei movimenti a quelli dei compagni, gareggiavano con loro in precisione ed abilità; si andavano abituando all'ordine, all' esattezza ed a sentirsi avvalorati dal benefico influsso dello spirito d'emulazione. Un giusto rapporto imparavano a stabilire tra le loro forze e quelle degli altri, e quindi s'avviavano ai sentimenti di rettitudine, giustizia e riguardo, riconoscendo e stimando il merito di superiorità altrui. E il savio, vigile e preveggente educatore, sempre pronto a prevenire, dirigere, aiutare, ammonire, quante occasioni non trovava in quelle utili lezioni per alimentare affetti gentili, rinsavire qualche sventatello, frenare certe impulsività, chiarire un malinteso, riparare un torto o un dispetto, dissipare un broncio puerile, correggere certe vanità, certe invidiuzze facili a suscitarsi nell'animo degli adolescenti? Dunque, come vediamo, non è sterile di affetti, anche il campo dell'educazione fisica.
V'è ancora un «nonnulla assai importante» che, dilettando, concorre allo sviluppo psico-fisiologico. Questo «nonnulla importante» che è estrinsecazione vitale, così del fanciullo come dell'adoloscente, è il giuoco educativo. I poeti, dall' Alighieri Dante al Parini Parini Giuseppe, cantarono l'incosciente istinto del giuoco infantile, riconoscendolo un bisogno naturale nell'esplicazione della vita; il Goethe Johann Wolfgang von ne riconobbe i vantaggi sociali e lo raccomandò ai giovani; i pedagogisti se ne valsero come mezzo di somma utilità educativa; noi del pari ce ne avvantaggiamo per l'educazione dei figli del popolo affidati alle nostre cure, senza tema di umiliarci, nella stessa guisa che Franklin Benjamin e Napoleone all'apogeo della loro grandezza non temerono di offuscare la loro gloria passando qualche ora lieta coi loro piccini.
Che questo bisogno istintivo non sia solo caratteristica della prima età, ma anche della giovinezza e della virilità lo attesta la storia coi giuochi olimpici della Grecia, con le corse e gli spettacoli del circo della eterna Città dei Cesari, quando nella floridezza ed opulenza della Repubblica, l'animo, non ancora depravato, rifuggiva dalle lotte cruente dei gladiatori.
Sulla complicata quistione del giuoco educativo varie e disparate considerazioni d'indole psicologica e pedagogica sono state fatte dal Kant Immanuel, dallo Schiller Friedrich, dal Bain Alexander, dallo Spencer Herbert; il Colozza Giovanni Antonio ha persino pubblicato un pregevole lavoro riguardante il giuoco infantile, lavoro suggestivo per noi, perchè ci conduce a considerare se gli elementi che contribuiscono a formare il giuoco per l'infanzia possano anche convenire a quelli dell'adolescenza.
Pare, che anche per questa età debbano concorrere nella esplicazione del giuoco: un superfluo di energia, il funzionamento di parecchie attività non escluso l'elemento emozionale, la libertà nella scelta e nell'esecuzione. A prescindere che nell'adolescente è imperioso il bisogno d'impiegare una parte della sua attività sovrabbondante in qualcosa che lo diletti, impegnando coll'organismo l'attenzione, la memoria e l'immaginazione, prendiamo in seria considerazione l'elemento emozionale.
È legge psicologica incontestabile che ogni sentimento è intimamente associato alla relativa manifestazione esterna. Onde un moto dell'anima dà origine alla sua corrispondente espressione al di fuori, nello stesso modo che un gesto di tenerezza o d'impazienza dispone ad uno stato affettivo che ha intimo e costante rapporto con quello. Ond'è che nei giuochi atti a suscitare sentimenti buoni, abbiamo i migliori coefficienti per l'educazione della vita affettiva e morale. Io non ho mai lasciato gli alunni arbitri della scelta dei giuochi di qualsiasi genere, giacchè avrebbero potuto fare oggetto di trastullo ciò che per altri costituisse un tormento. Gli è perciò che noi vagheggiamo la libera scelta fra giuochi ginnici, essenzialmente educativi, ovvero fra quelli che sono la libera, spontanea creazione dell'anima dell'alunno, purchè eseguiti sotto la vigilanza del maestro che sappia conciliare la libertà con la finalità del divertimento.
Qualunque altro giuoco non corrispondente a questi criteri potrebbe avere indole e forma di pervertimento morale.
Di qui la necessità delle istituzioni prescolastiche e poscolastiche, che, intrattenendo gli alunni in geniali esercizi fisici, concorrono all'educazione dell'unità del loro spirito, li proteggono dall'azione deleteria dell'abbandono e del vizio e li guidano fino all'età in cui la ragione si afferma e l'educando acquista la forza inibitrice interna.
Un elenco dei giuochi con le relative spiegazioni è pubblicato nel Bollettino ufficiale del Ministero della P. I. del 30 novembre 1893. Fo voti che se ne pubblichino esemplari per uso degl'insegnanti, cui stimo conveniente lasciare la scelta dei vari giuochi, ai quali altri potrà aggiungere di carattere regionale, in rapporto alle occupazioni prevalenti. Io consiglierei anche giuochi che servissero di avviamento alle arti ed ai mestieri, o puramente sportivi, mirando sempre ad equilibrare l'energia muscolare coll'energia nervosa, a fortificare la volontà con l'osservazione, la risolutezza, lo spirito d'iniziativa, di padronanza di sè stessi, di solidarietà e di collaborazione; doti tutte che concorrono alla formazione del carattere personale e nazionale.
Di quanta utilità, di quanto diletto non sono alimentatrici le escursioni scolastiche, sia che si svolgano per liberi pianori, sia per luoghi alpestri, ove, ascendendo, l'anima si estolle dal pelago delle umane passioni, sia per le nostre spiagge ricche di dolci memorie? Chi di noi, fra le alternative di soddisfazioni e di amarezze, derivanti dalla funzione educativa, non ha sentito talora rivivere i giorni lieti dell'adolescenza, trascinato dall'onda di gaiezza de' suoi alunni, che, festanti nell'amenità della campagna e pulsanti di vita, salutavano in mille manifestazioni di giubilo quella luce, quell'aria pura, di cui la società crudele suole privarli, condannandoli a vivere in locali angusti, malsani e sovente indecenti?
L'impero libero della campagna, da cui vaporò l'arcana ispirazione che dettò a Teocrito gli idillii soavi ed a Virgilio i canti sublimi delle Georgiche e delle Egloghe, può anche suscitare un palpito in noi e nei nostri discenti. I vasti orizzonti, le grandezze della natura dispongono l'animo dei nostri alunni all' ammirazione, nella stessa guisa che un campo promettente un dovizioso ricolto, vale a comprenderli d'un sentimento di riconoscenza verso l'onesto e laborioso agricoltore che nell'usato lavoro santifica un dovere. Pur ammettendo che gli adolescenti affidati alle vostre cure amorevoli non avessero ancora acquistato l'abito all'investigazione, che non sapessero trarre occasione dal mondo circostante per esercitare le loro attività, sia intellettive, sia volitive, quante volte voi, o egregi colleghi, non traeste partito dalle più piccole cose per suggestionarne l'animo con la vostra parola animata, palpitante, colorita? Chi può dire in quanti modi voi sapeste spiegare la vostra opera proficua durante le passeggiate istruttive? Niente di più facile che la vista dei ruderi d'un castello v'abbia porto il mezzo d'associare nella mente degl'educandi l'età presente, radiosa di civiltà, col passato tenebroso, quando nel bel cielo d' Italia imperversavano i membi del barbarismo medioevale.
Niente di più facile che alla vista di alberi annosi voi abbiate fatto risalire a più alte considerazioni i vostri alunni, trasportandoli con la mente ai secoli andati, quando con la materia prima ricavata dai tronchi delle piante alboree si costruirono le famose galee, le navi turrite che da Roma salparono per la conquista del mondo.
E continuando in queste considerazioni voi, senza dubbio, li avrete guidati a riflettere come oggidì, costruiti dello stesso materiale fornitoci dalle foreste, mille e mille bastimenti mercantili solcano gli oceani, approdano ai più remoti lidi dell'orbe, affratellandoci ad altri popoli, diversi per lingua, per costumi, per origini; che senza il legno delle piante alboree non avremmo presentemente la nostra poderosa flotta che, con sublime eroismo, consacra alla storia una pagina gloriosa, là negl'inospiti lidi ove un dì spiegarono l'ali dominatrici le invitte aquile latine.
Non meno dilettevoli, ma molto più efficaci delle escursioni, dal punto di vista fisiologico, trovai le passeggiate scolastiche, durante le quali, mentre nell'immagine reale delle cose lo spirito degli alunni trovava il più sano alimento per costruire altre immagini e su esse formare concetti e ragionamenti, le loro energie fisiche venivano ad esercitarsi più direttamente per via di marce, evoluzioni, corse e giuochi naturali. E l'efficacia traspariva nella giocondità dei volti, sia durante l'esecuzione, sia nel tempo della ricreazione, quando, rotte le file, andavano fra loro raggruppandosi in mezzo ad un vocio, sommesso e confuso dapprima, poi più distinto, animato, incalzante; tra un succedersi di gesti, di atti più o meno cortesi, più o meno accentuati. Anzi era questo il momento più importante dal punto di vista psicologico e pedagogico, momento in cui l'educando esplicava la sua libertà, rendendosi responsabile delle proprie azioni, mentre a me nulla sfuggiva per studiare le disposizioni naturali degli alunni, per poi eccitarne le potenzialità inerte e tardive, frenare e dirigere le impulsive, correggere gli atti sgarbati e le tendenze cattive, strappare nella cordiale confidenza mille ingenue rivelazioni che costituivano dati importanti su cui basare l'educazione. È appunto nel razionalismo della scuola moderna la caratteristica più notevole, perchè, a differenza dell'empirismo della vecchia scuola, basa l'azione educativa sulla conoscenza delle peculiarità individuali fisio-psichiche dell'educando, per prepararlo al vivere civile ed indirizzarlo a concepire un ideale etico sociale d'una società più progredita.
L'esperienza mi ha dimostrato che, durante le passeggiate, non è raro il caso di denotare esempi di coraggio che suggestionano gli alunni più timidi e paurosi, ritemprandone gradatamente l'animo a questo nobile sentimento che spinge agli atti edificanti di valore e di abnegazione. Gli esercizi di marcia, di corsa, di evoluzioni, nonchè alcuni giuochi speciali, mentre ravvivavano l'energia fisica de' miei alunni, alimentavano in loro il sentimento della collettività, dell'ordine e dell'obbedienza e per associazione d'idee ne trasportavano l'animo a considerazioni d'indole più elevata: al nostro soldato che per dovere e per sentimento serve la patria e pugna sui campi della gloria e dell'onore.
Purtroppo qualcuno, invaso da grave eccesso di sentimentalismo cosmopolitico, si opporrà al ridestarsi di certi sentimenti associantisi con la fierezza maestosa del soldato e coll'orrore della guerra, flagello dell'umanità.
Noi rispondiamo, se devonsi abolire certi esercizi ginnastici che potessero dare questi effetti, dovremmo per altro bandire dalle nostre scuole l'insegnamento della storia, che tanto contribuisce al culto d'amor patrio.
Noi vagheggiamo l'idea della fratellanza umana, ma al disopra di questa deve imperare l'educazione nazionale, e la nobile figura del soldato deve rappresentare la forza tutelatrice della pace universale.
L'intiepidito sentimento della nazionalità aveva strappato dal cuore dolorante del D'Azeglio Massimo quella grave espressione a noi ben nota: « L' Italia è fatta, bisogna fare gl'Italiani. » Ma ora che i tempi son mutati ed il sentimento del patriottismo ha avuto un'affermazione così compatta, fruttificando tanti eroismi, a noi incombe il dovere di vivificare sempre più il culto della patria, sia cogl'insegnamenti, sia coi giuochi e con gli esercizi ginnici, sia coi canti educativi e cogl'inni patriottici, saturi di sentimento, fecondi d'entusiasmo, come quelli che dalle spiagge italiche, un dì risonanti della venusta lirica ellenica, si ripercossero nei cuori anelanti di libertà e diedero gli slanci più nobili ai martiri gloriosi, agli eroi omerici della nostra redenzione.
L'anima travagliata del Leopardi Leopardi Giacomo che langue sotto l'imperio d'un corpo deformato pel colpevole abbandono in cui fu lasciata la sua educazione fisica, ci ammonisca.
In alto i cuori! Nel nostro apostolato si sintetizza la forza, la redenzione radiosa, l'egemonia della nostra patria gloriosa.
NORME.
1a Gli esercizi di educazione fisica, regolati dalle leggi dell'igiene, siano facili, si eseguiscano sempre fuori dell'aula scolastica e, il più possibile, all'aperto.
2a Tra il lavoro cerebrale e l'esercizio muscolare si frapponga un po' di ricreazione, acciocchè l'energia nervosa non continui ad esaurirsi.
3a Gli esercizi ginnici abbiano carattere di continuità e di graduale allenamento, relativamente all' età degli alunni, alle loro rispettive attitudini fisiologiche ed alle condizioni psichiche.
4a Si badi altresì all'educazione della vista e dell'udito per modo che dall'immagine reale e precisa delle cose lo spirito dell'alunno trovi il più sano alimento per costruire altre immagini e con queste formare concetti e ragionamenti.
5a Si lasci libera scelta fra i giuochi ginnici eminentementi educativi o di carattere regionale o sportivi o d'avviamento alle arti ed ai mestieri.
6a L'educazione fisica, oltre allo sviluppo armonico dell'organismo, miri al raffinamento del gusto estetico ed alla formazione del carattere personale e nazionale, fortificando la volontà coll'osservazione, la risolutezza, lo spirito d'iniziativa, di padronanza di sè stessi, di solidarietà e di collaborazione.
7a Si preferiscano le passeggiate ginnastiche e si vivifichino, insieme con gli affetti nobili, il culto della patria, mercè canti educativi ed inni patriottici, saturi di sentimento e fecondi d'entusiasmo.
CONFERENZA DI VINCENZO PLASTINO NEL CONGRESSO MAGISTRALE DI Melfi
Dei modi pratici per ingentilire l'animo de' fanciulli, e instillare loro sentimenti di rispetto per tutto ciò, che, nella natura e nell'opera dell'uomo, conferisce all'utilità collettiva
Melfi, PREMIATA TIPOGRAFIA ERRICO INSABATO SUCCESSORE DEI FR.LLI INSABATO, 1912
A NICOLA SACINO CON DEVOTA STIMA
Ill.mo Sig. Presidente,
Gentili Colleghe, ed Amici carissimi,
Permettete, innanzi tutto, che io vi chieda venìa per aver osato accettare l'onorifico invito di trattare, dinnanzi a voi, il poco semplice tema della presente conferenza, ben conscio della povertà della mia coltura e della pochezza della mia persona: sicuro della vostra cortesia e benevolenza, anticipatamente vi ringrazio, e, con tutta la sincera e devota gratitudine dell'animo mio, accogliete il mio saluto fraterno, che è tutto un augurio di amore e di bene. Ed è appunto, o Signori, col soffio dell'amore e la coscienza del bene che il palpito della nuova generazione, affidata alle cure della Scuola, deve indirizzarsi alle più nobili manifestazioni della vita, sublimarsi ai più puri e gentili ideali della sua entità e della sua missione. Non a pochi, io credo, abbia dovuto ispirare un senso di sorpresa, o proprio di inquietitudine, la frase: ingentilire l'animo dei fanciulli. Il fanciullo v'ha chi lo considera ancora solamente una tenera pianticella, affidata alla feraci benigna di una plaga ridente, o abbandonata alla crudele sterilità di un banco di sabbia; un fiore senz'alito e senza capriccio, che solo si piega docile alle volute spesso bizzarie dell'arte, o, più spesso ancora, alla violenza sacrilega di due dita nervose.
I precettori iniziano il fanciullo alle arti del vivere, gli adulti lo colmano delle loro blandizie, indulgenti alla sua debolezza, alla sua inesperienza, alla sua ingenuità, e lo dicono felice: eppure non vi ha infelicità più patente dell'età infantile, se non voglia gabellarsi per felicità l'incoscienza, l'ignoranza, la schiavitù, l'impotenza... Felice sì, quando si svolge nel mondo delle sue fantasie, quando dimentica di essere fanciullo per fingersi uno stato di cose intorno fuori della realtà e della verità, e si abbandona ai sogni delle sue inclinazioni precipue, aiutato qualche volta in questo anche dagli adulti, che si compiacciono e s'inteneriscono nell'ammirazione dell'infanzia, sia perchè vedono riprodotta in essa l'immagine di quello che essi furono, sia perchè tutto ciò, che è grande, ed essi scorgono riprodotto in minime proporzioni, li seduce, ed esercita sul loro spirito un fascino irresistibile, una misteriosa malía.
Quanta sollecita passione e quanta conscia ferocia, quali provvide cure sapienti, quale vigile custodia, e quale persecuzione tormentosa di pregiudizi e di imposizioni, non si sono addensate intorno alla creatura dell'uomo attraverso i secoli, nel processo evolutivo delle civiltà, nelle lunghe e faticose trasformazioni sociali e politiche. Il pensiero del legislatore e il giudizio del filosofo si soffermarono premurosi, essi si confusero anzi col primo palpito della paternità al cospetto del piccolo essere, che si schiudeva all'alba della vita, portante in sè i germi di una nuova virtù e di un nuovo avvenire.
Il sacerdote lo benedisse alla consacrazione di un ideale religioso; l'augure trasse dal mistero, sulla candidezza inviolata della sua piccola fronte senza sogni, il lieto o funesto oroscopo del suo futuro; l' ebreo, senza patria, senza tempio, senza libertà, senza energie, tormentato da una fatidica fantasia di vendetta e di redenzione, spiò affannoso nel suo piccolo occhio sereno il simbolo audace della fede e dell'attesa degli avi, che si eternò ostinatamente superba; lo spartano immerse il nato nelle gelide acque del Taigeto, prima che avesse aperto le pupille alla luce, per assicurare alle venture lotte della sacra terra natìa un valido e sicuro braccio d'eroe.
La tendenza costante, pertinace, faticosa, nell'uomo, a migliorare le sue condizioni fisiche ed economiche, a lanciarsi innanzi, a sopraffare il suo simile, a ghermire il posto più eminente nella società, si rivela, con maggiore o minore intensità, nel fanciullo: non è vero che l'animo del fanciullo sia, come si ripete ancora, un campo di terra vergine: vi si annidano invece tutte le virtù e tutti i vizî, tutte le gioie e tutti i dolori, le aspirazioni, le follie, le brutalità, ed anche gli eroismi tutti della natura umana, sia pure in istato embrionale.
La piccola anima si apre al desiderio acuto ed ardente di raggiungere l'età adulta per godere ed usufruire dei beni sociali, e tutto in essa è soffocato, vinto, represso da questa tendenza fremente, feroce quasi, di assidersi al banchetto della vita, di reclamare i diritti della vita, di imporre la propria volontà, che in quell'età si dice capriccio, forse perchè spesso esorbita da' limiti razionali della necessità e del dovere. Il piccolo nato è destinato a soggiacere inconsciamente e fatalmente ai fanatismi inveterati della famiglia, al regime ferreo o corrotto dello Stato, ai misteri varî delle religioni: se le grandi note dello spirito umano gli rimangono ancora chiuse, perchè non può risvegliarle o, meglio, dischiuderle col senso maturo, che gli manca, egli continua, senza coscienza come senza volontà, le miserie ereditate da tutta una progenie agitata e vissuta. Egli, quindi, personifica la continuità, è il depositario naturale dell'azione e della speranza, della lotta e del dolore; egli, che tenta il domani, può assurgere ai fastigi di un trono o trascinare nella polvere un superbo sogno di grandezza e di gloria, può avventare uno sguardo audace negli occulti e meravigliosi segreti della natura e della scienza, o abbrutire sempre più un'atavica disposizione animale nel braco dell'oscenità e dell'ignominia. D'altra parte, nessuno sente come il fanciullo la coscienza della propria debolezza fisica, intellettuale, morale; e quando non è astratto dalle sue fantasie e divagazioni puerili, quando il suo spirito si affaccia, vigile e fremente, alla visione radiosa della vita, che lo affascina e lo conquide con tutte le seduzioni di una sirena, è terribile la lotta, che gli sconvolge l'animo, tra questa coscienza e la tendenza a divenire adulto, tra l'essere e il volere o dovere essere. Le sue attività - ripetiamo col Gabelli - si svolgono in conformità delle leggi, che presiedono allo sviluppo psichico, in rapporto al momento storico della razza: le finalità educative, quindi, vengono ispirate e sorrette dal genio de' popoli, e si esplicano conseguentemente in relazione alle funzioni sociali, all'ambiente, ai costumi, alle idee religiose, con tutti gli errori e con tutti i pregiudizi, che fluiscono direttamente dalla coscienza degli adulti. Ma se i principî, che debbono informare il concetto di una sana e vera educazione, non sono, nè dovrebbero essere una semplice questione di interessi politici o di quisquilie didattiche, nè tampoco il dottrinarismo dogmatico o il formalismo infecondo e insulso delle nostre vecchie scuole, il metodo d'insegnare nelle sue relazioni con la vita deve consistere appunto nel rendere l'insegnamento più pratico e più gradito, più semplice e più utile, ritemprandolo nell'esperienza sempre e nell'osservazione. Nell'esperienza, perchè non si può segregare la scuola dalla società, nella quale vive, si agita e si matura il mondo infantile, piccolo mondo, che riflette con verità indiscutibile le passioni e le idee del secolo e del luogo, nella rozzezza, s'intende, della fase primitiva della psiche in formazione, - nell'osservazione, elevando e confortando l'animo dei fanciulli alla rappresentazione della vita, con l'instillare loro sentimenti di rispetto per tutto ciò che nella natura e nell'opera dell'uomo conferisce l'utilità comune, perchè il fanciullo del Rousseau, solo e lungi dal consorzio degli uomini, è semplicemente un'anomalia, che la teoria dell'ereditarietà ha sfatata e distrutta da un pezzo.
II.
La necessità d'ingentilire l'animo dei fanciulli scaturisce, dunque, viva e palpitante, dall'esperienza e dell'osservazione: se la tendenza si chiarisce tuttora in essi acuta e pertinace ad esplicare i moti, e i capricci, e gli arbitri, spesso insani, della piccola anima, privi di alcun senso di misura e di reticenza sia dinnanzi alla sventura che nel momento del pericolo, sia avvolti dal turbine di un dolore o abbattuti dalla crudele necessità di un sacrifizio, meravigliati, storditi, confusi, ma senza un palpito vero e sincero di intima commozione al sorgere lieto, in sulla campagna verde, di un bel sole di primavera, al cospetto dell'immensa distesa del mare azzurro e increspato, dinnanzi alle più splendide manifestazioni della natura e dell'arte - se la famiglia spesso non consente loro che solamente il diritto alla vita, con tutte le seduzioni ed anche le asprezze dell'alba e del tramonto, senza cura alcuna di sentimento e di pensiero - se la società, divenuta in ogni suo alito ed espressione sempre più intensa, febbrile, agitata, offre loro solo l'immane spettacolo di un travaglio senza fine d'uomini e cose, di passioni e di eventi, di culle e di funerali, - non si debbono rinvenire mezzi adatti e modi convenienti per scuotere ai fanciulli il cuore, nelle più tenere vibrazioni di cura e di affetto, ed aprir loro lo spirito alle più pure e sante idealità luminose?
Senza abbandonarci alla poesia, o trascendere i limiti modesti, consentiti alla presente questione, ci affrettiamo a delineare, a sommi tratti, i mezzi più adatti, che crediamo opportuni e necessari, per solvere gli ostacoli surriferiti all'educazione estetica de' nostri ragazzi: e questi mezzi dovrebbero essere l'esempio, reale e illuminato di ogni considerazione benefica - l'esercizio, continuo, corretto, senza abusi e senza violenza - la sorveglianza, paziente e gentile - le abitudini, assicurate con la vigile cura di chi sa di compiere una virtù sì, ma anche un dovere.
L'esempio deve ammirarsi, pieno di vivacità e di sentimento, nelle pagine più belle della nostra storia, e considerarsi nella varia, attiva rappresentazione della vita di ogni giorno, diffusa in diari e racconti, cronache e relazioni - deve muovere l'intelletto, eccitando il senso della bontà della coscienza, e commuovere l'animo, sollevandolo da' crudeli e innati moti egoistici, e ispirandogli quanto di bene possa manifestarsi intorno, fra gli uomini, sotto il cielo e nel tempo.
L'esercizio ha da essere iniziato prima, come azione e soddisfazione simultanea dell'attività infantile, in giuochi, divagazioni, passatempi innocenti, indi promosso nella comunione intensa e sveglia dei ragazzi, rivelandosi in atti di pietà o di riconoscenza, non disturbi di moti o ira bieca di sguardi - di beneficenza e di gratitudine, non bronci insofferenti e cattiveria prolungati in atti di cortesia, di gentilezza, di bontà, di affetto.
La sorveglianza è la cura, paziente sempre e cordiale, di cui i fanciulli hanno bisogno precipuo in tutto ciò, che loro concerne moralità e salute, pratica di ordine e di obbedienza, senso di socievolezza, di rettitudine, di evoluzione e addomesticati con sentimenti virtuosi, fa d'uopo che questi si convertano in abitudini, delle quali possano sentire beneficio nei pericoli successivi della vita, sia pel carattere, forte e capace di qualunque sacrifizio per operare il bene, sia per la fede del dovere in ogni evento e qualsiasi circostanza, sia per la vera e sincera gentilezza dell'animo, sintesi di ogni virtù e di ogni ideale nella moralità della umana esistenza. I modi più convenienti, poi, si chiariscono la suggestione, con la lode e il sorriso - il premio con la soddisfazione intima e profonda del dovere compiuto - l'indulgenza, generosa sempre col povero essere, cui spesso manca l'indirizzo e l'esperienza in ogni manifestazione della sua volontà o esercizio delle sue forze - il contatto, per agevolare il senso utile dell'emulazione ne' rapporti del bello e del buono; e non si dovrebbe rinunziare neppure alle rappresentazioni drammatiche, atte a commuovere la piccola anima dinanzi allo spettacolo fremente del dolore degli uomini e degl'insulti del destino.
E non sono le sole norme della condotta, che possano bastare a inculcare nell'animo dei fanciulli l'obbedienza ai genitori ed al maestro, gli affetti familiari e l'amore pei compagni, il rispetto degli altri e della cosa altrui, il soccorso ai bisognosi, la pietà verso i deboli e i deformi, il divieto della menzogna e dell'inganno - non bastano i soli precetti, siano i più pratici, concernenti la cura della persona, il contegno nella scuola, in casa e per le vie, le buone maniere con tutti, l'impiego del tempo, la puntualità, le abitudini di lavoro, di temperanza nel soddisfare ai propri bisogni, la moderazione dei desideri, perchè i fanciulli ne possano apprezzare l'importanza, l'utilità, ed anche il dovere. L'animo del fanciullo ha bisogno di luce e di sentimento; può di- mostrare in ogni occasione ed ogni circostanza tendenze, gusti, inclinazioni diverse, ma fino a quando non avrà formata e statuita in un modo qualsiasi la coscienza di se
stesso, non sentirà intorno che ombra e vuoto, in sè sospetto e sfiducia. E fa d'uopo che si illumini il suo intelletto, promovendo innanzi tutto la fertilità inesauribile della fantasia, si stimoli il suo cuore, nel palpito più consentaneo all' età e all'ambiente, in cui vive e si svolge.
Le istruzioni annesse ai vigenti programmi fanno osservare come i ragazzi abbiano, fin dai primi anni, la passione del racconto, e questa verità si rivela nella famiglia e nella scuola, quando, commossi ed intenti, pendono, in un silenzio religioso, dal labbro di chi parla, evocando loro dinanzi scene vive d'interesse, fulgide di colorito, piene d'ansia e di fremiti. E tutta la nobiltà di un'azione generosa o la ripugnanza di una viltà compiuta, l'entusiasmo di una fede nutrita o la tristezza di un voto deluso, l'ammirazione e la nausea, la lode e il disprezzo secondo i sentimenti, che gli atti nobili o malvagi dei vari personaggi suscitano in essi, si manifesta nella luce delle
pupille irrequiete e nelle linee alterate del viso.
Coltivare, quindi, virtuosamente e sapientemente questa passione significa rinvenire scene e situazioni, personalità e ideali, svolgimenti ed epiloghi, da innamorare la psiche infantile a quanto si chiarisce bontà, gentilezza, cortesia: da elevarla, con gli episodi della storia e i miti della leggenda, con gli aneddoti della vita quotidiana e gli argomenti della favola, a sentire la propria dignità e la propria moralità nell'amore degli uomini e le meraviglie della natura.
Se la lettura per gli adulti è mezzo per migliorare la propria cultura, e procurarsi godimenti intellettuali e morali, conoscere la società e la vita, e regolare la propria condotta, per i fanciulli dev'essere non solo mezzo di fornir loro utili e svariate cognizioni, ma di elevarne l'animo e commuoverlo e ingentilirlo.
Innanzi tutto fa d'uopo che il libro risponda a tutte le esigenze di una vera educazione per lo sviluppo dell'intelligenza e la formazione della coscienza, movendo le corde più sensibili dell'animo fino al sentimento esatto del dovere, alla nobiltà distinta ed energica del carattere, poi che i ragazzi intendano e sentano ciò, che leggono, in modo di vivere e palpitare, esaltarsi o umiliarsi, piangere o ridere con i personaggi del testo. La lettura deve procurare un'ora di vita, vera e vissuta nella rappresentazione sincera di una virtù, nella commozione pura e santa di un ideale; ed ogni bellezza, ogni grazia, ogni delicatezza di espressione o di situazione dovrebbe essere notata e commentata, non per sterilizzarla in una semplice erudizione di lingua o di drammatica, ma perchè penetri nell'animo con tutta la sua potenza suggestiva, atta a scuotere, a infiammare, ed a sempre più ingentilire la psiche in formazione. Amore ed interesse, adunque, nel libro, passione, arte e natura, scienza ed elevazione, e ne faremo uno dei mezzi più pratici e più proficui per sollevare lo spirito umano alla più bella concezione dell'armonia della vita.
La composizione letteraria, sebbene i nostri fanciulli abbiano poche idee e mostrino per lo più aridità e freddezza nel sentimento, deve essere un'altra fonte di educazione e di gentilezza: in essa ha da riflettersi tutta l'anima nella manifestazione delle sue tendenze e dei suoi bisogni, della sua indole e delle sue aspirazioni, con naturalezza e spontaneità di locuzione; e per la vigile cura del maestro su quanto possa uscire dalla penna del discente, questi ha certamente da affidare alla carta solo ciò che l'amore e l'onore gli consentono, la correttezza e la virtù gli suggeriscono, la verità e la giustizia gl'impongono. E nei racconti o nelle lettere, nelle descrizioni o nelle dimostrazioni, in note, consigli, norme, ed appunti, deve sempre più concretizzarsi la bontà del cuore e lo sviluppo della ragione, cui non dovrebbe, anzi non può mancare un correlativo grado di sviluppo di coscienza. Le poche idee, di cui è suscettibile, ripeto, la mente de' fanciulli, debbono temprarsi sempre alla gentilezza del cuore in ogni giudizio o desiderio, affermazione o preghiera - ed eliminato man mano confusione di pensiero, aridezza di sentimento, difficoltà di parola, avremo ognora nella piccola anima la manifestazione di quel moto, sincero e profondo, che la spinge ad elevarsi ad una meta radiosa con palpiti di entusiasmo ed abitudini di bene.
L'opportuna ed utile raccomandazione delle passeggiate scolastiche non pare ci sia accetta in generale, non mancano le eccezioni, ma pochissime, quantunque tutti ne riconoscano la bontà e forse anche la necessità proficua e virtuosa. Sollevati dall'inerzia, o spesso dall'angustia tormentosa del banco, fuori del solito ambiente non sempre convenientemente illuminato, ampio, aereggiato, con quanta armonia e lietezza rumorosa i fanciulli si avviano, concordi nella soddisfazione, a passeggiare, ed o a raggiungere la stazione della ferrovia lontana, che risuscita nell'animuccia intenerita ricordi di parenti perduti nelle Americhe, di fratelli, andati, fieri e superbi, a solvere il loro tributo alla bandiera d' Italia, di arrivi e di partenze piene di rumori e di entusiasmi — o a prostrarsi sulla nuda e fredda pietra della solitaria cappella nei campi, che tanto strazio accoglie di dolori, di palpiti, di lotte ignorate - o a riunirsi sulla vicina collinetta, verde e fiorita, donde ammirare, nel disteso orizzonte, degradazioni azzurre di valli e di pianure, profili di monti, linee tortuose di strade biancheggianti, ombre di selve, e macchie di villaggi. Con quant'ansia di meraviglia e fremiti di fede, nella città, non si moverebbero sovente gli alunni ed ammirare i quadri e le statue di un museo, le tele e i pastelli di una galleria, i cimeli di una pinacoteca; a vedere i ruderi di un antico castello, vivificati dalle sacre memorie di una pagina eterna; a considerare le lapidi e i monumenti, dove la storia fa leggere e ricordare, l'arte consacrare e sentire il pensiero e l'anima del popolo nella sintesi più bella d'una gloria compiuta. E come il loro animo si esalta, e l'osservazione si acuisce, e l'intelligenza si illumina, sotto la guida sapiente del maestro, nel visitare un grande opificio, mosso dal fervore di mille braccia, che, nell'euritmia della forza e dell'azione, sembrano agitate da un unico spirito d' indirizzo, di volontà e di vigore; nell'ammirare il congegno formidabile d'una fabbrica, nelle cui macchine, che centuplicano il lavoro, si sente la grandezza e la potenza e l'arditezza del genio umano, vi ha sempre qualcosa di profondo e di misterioso, che vale a ingentilirli e migliorarli. Altra tendenza naturale, nella psiche infantile, da seguire e coltivare, senza punto smarrire l'obbietto e il fine dell'azione educativa, è quella del disegno e del lavoro manuale: incoraggiamo quindi i fanciulli a tirar linee, a colorire, ed a lavorare la creta, il legno, il ferro - a ritrarre immagini e forme, ed a maneggiare la stecca, la sega, o la lima.
Se l'uno e l'altro si chiariscono un'attitudine complessa capace d'imprimere un indirizzo proprio allo spirito - come dice il prof. Fornelli - e lo indirizza infatti ad una concretezza maggiore, alla maggiore capacità d'intendere e d'assicurarsi il reale, si manifestano anche una potenza del cuore; se il senso artistico può dirsi anzi una modalità, una perfezione del senso del reale, una tendenza costante a cercare l'armonia, l'ordine, l'equilibrio, la misura dappertutto, si rivela ancora una elevazione del sentimento; se questo senso poi, si dimostra per di più un forte talento di combinare e di costruire, e sebbene legato a particolari e dimensioni, è esso pure il più capace di combinarli e di fonderli in un nuovo composito, suprema armonia dell'ideale artistico, rende capace l' uomo d'intendere la bellezza e di palpitare dinanzi agl'ideali creati dall'arte, che riflettono - se sono veri - sempre cortesia e gentilezza. Il fanciullo per istinto vuole ad ogni costo occupare le proprie mani, e il cambiamento frequente di attività è principale precetto della sua igiene, causa feconda di sempre nuove gioie, di attrazioni irresistibili, d'ingenui entusiasmi, condizione essenziale per uno sviluppo contemporaneo e completo delle nostre facoltà. E in questo sviluppo, si conduce gradatamente l'intelligenza all'astrazione, si forma il carattere, si suscitano fin dalla più tenera età le tendenze speciali, che rivelano l'ingegno e ne determinano la vocazione. Mercè le attrative della natura e i piaceri morali, i ragazzi si abituano al culto delle gioie domestiche, e poichè il bello, afferma De Castro, è lo splendore del buono, allontanandoli dalle soddisfazioni basse e sensuali, fa loro apprendere le sublimi compiacenze del sacrifizio, le gioie ed insieme i doveri della vita, amando, si capisce, questo per quelle. Ma più che la linea o la plastica, la novella o una lapide, una pagina o un paesaggio, è nostro convincimento profondo non esserci migliore e maggiore alimento per la sentimentalità umana, e per portarla a quell'altezza ed universalità cui aspira e per cui s'indirizza la civiltà moderna, che la musica. Il fascino potente e misterioso, che esercita sul nostro spirito, si rivela con maggiore intensità ed efficacia nel fanciullo; lo commuove, l'attrae, lo esalta, lo rapisce in un palpito d'ansia indefinita e di appassionata tenerezza, e gl'inspira, in un entusiasmo d'amore, nobiltà e gentilezza di sentimenti, generosità d'idee e di maniere.
Se la musica può anch'essere eccitamento, com'è stato sempre e sarà sempre, a sensi individuali ed egoistici, e la storia ci ricorda in proposito tiranni e delinquenti famosi, conserva quel carattere d'idealità indefinita, che è stato nota indissolubile e interpetre necessario dei più potenti affetti umani, e nella psiche infantile commuove e solleva alla concezione della virtù, al gaudio della bellezza, alla pratica del bene.
Il canto - sia l'inno marziale dei soldati o il coro de' contadini in campagna, la preghiera de' supplicanti nella cappella o la canzone d'amore al chiar di luna - ha sempre rinvenuto ne' nostri ragazzi i più spontanei e felici cultori; e se l'indefettibile senso della misura e dell'euritmia ha fatto del popolo greco un popolo sovrano nel regno dello spirito e della bellezza, nelle nuove generazioni si rivela carità di patria e saggezza di governo, opera rigeneratrice e culto d'arte e di civiltà, costituire la musica parte dell'educazione, perchè il numero e l'armonia, penetrando nell'anima, dice Platone, vi fanno entrare la grazia. L'affermazione di quest'antica verità ci viene consolidata dalla Germania e dagli Stati Uniti, dove la musica ed il canto sono un insegnamento vivo e popolare, ed è decisiva e gagliarda l' influenza, che questo esercita tanto sull'educazione estetica ed anche disciplinare degli alunni, quanto sui costumi del popolo intero.
Amore quindi e praticità sempre, in ogni esercizio e in tutte le manifestazioni dell'attività de' fanciulli, per ingentilirne l'animo e ispirar loro bontà, squisitezza, elevazione di cura e di sentimento: la vita è così triste molte volte con le sue miserie, le sue lotte, le sue esigenze, con i suoi vizî e le sue menzogne, le sue infermità e i suoi delitti, che si afferma necessità e dovere cercare e rinvenire tutti i mezzi possibili e i modi convenienti per sollevare, educare e migliorare le generazioni crescenti col linguaggio potente e suggestivo della Bellezza, e fare che i loro pensieri e le loro azioni medesimi riflettano le armonie de' cieli e l'azzurro del mare e la vaghezza dei campi, e dare così per la vita ed i suoi travagli fede di apostoli, entusiasmo di artisti, coscienza di eroi, e virtù di cittadini.
III.
Più che dimostrare convenientemente i mezzi ed i modi più consentanei per ingentilire l'animo de' fanciulli, abbiamo creduto, finora, senza alcun dubbio o incertezza, affermare la necessità di quest'azione redentrice nell'evoluzione della civiltà e de' tempi. E, conseguenza spontanea, in questa necessità di educazione e di elevatezza, si rivela l'altra, più forte e sentita, d' infondere nel cuore delle generazioni novelle sentimenti di rispetto per quanto conferisce all'utilità propria e di tutti, sia nella natura che nell'opera dell'uomo. Potrà questa considerazione sembrare risultato delle nuove teorie sociali, di tutto il moto, che agita i popoli moderni per quella tale questione economica, la quale, come il sasso di Sififo, ci ruina ognora addosso, eppure fin da tempi remotissimi questo fine supremo dell'educazione è balzato, umano e radioso, dalla coscienza di chi sentiva palpitare nell'animo l'onore degli uomini e la virtù della vita.
Quando, nel periodo più triste di Roma imperiale, la decadenza iniziò e moltiplicò fatalmente le sue ruine, e le classi de' cittadini si pervertirono e si confusero, e si alterarono i vincoli sociali, si dispersero, obliate, soffocate o derise, nella perturbazione e nel disordine invadente, le energie, le virtù, le forti e grandi idealità, e tutte le istituzioni civili e politiche si sconvolsero, a suprema tutela degl'interessi e delle persone non rimase che l' ultima ragione della forza o il capriccio della fortuna.
Roma, che rappresentava il diritto e la politica, le armi e la vittoria, perchè, forse, gli uomini non sono nati sopportare nè il trionfo, nè la gloria, precipitava e periva sotto il peso di se stessa; tutta la somma dei poteri si era accentrata nelle mani dell'Imperatore, e il suo dominio, elevandosi al di sopra di ogni legge, di ogni ordine di giustizia, e di ogni convenzione sociale, non tardò manifestarsi una vera tirannide, ora sciocca, ora pazza, ora feroce e crudele, non d'altro sollecita che del favore della plebe. Ed alla plebe abbrutita, che ogni giorno più che l'altro aumentava di gente nuova, mendicanti e parassiti convenuti dall' Italia e dalle provincie, si gettava l'offa delle largizioni e degli spettacoli, in cui si profondevano i tesori dell'erario: panem et circenses. L'Eterna, quindi, che riassumeva tanta somma d'idee, di storia, e di destino umano, minata, all'interno, dall'anarchia, dalla corruzione e dal delitto, all'esterno, sia dalla triste oligarchia militare, sozzamente ingorda e proterva, che governava le vaste e lontane provincie, sia da un risveglio generoso di indipendenza ne' barbari, che sorgevano, nel forte rigoglio dell'audace giovinezza, a contendere il loro onore e la loro libertà ad un potere già decrepito, che ruinava, l'Urbe eterna piegava sotto l'onda immensa e turbinosa della corruttela giuridica, morale, economica, politica: e nella marea fangosa, che saliva, saliva, dagl'infami recessi della Suburra fino agli orti vaticani, fino alla splendida vetta del Palatino, naufragavano miseramente glorie e ideali, virtù e pudore, volontà e coscienze.....
Presso un popolo, come il Romano, nel quale la vita pubblica era così intimamente legata e connessa con la vita privata, che si confondevano e si completavano insieme per una suprema finalità positiva di conquista e di dominio, il turbamento profondo de' principî e degli ordini sociali e politici doveva, per conseguenza e per necessità, riflettersi e diffondersi nella famiglia e nella scuola, e propagare ivi la sua azione venefica, e distruggere ogni bontà di costumi, di tradizioni, di leggi, bandire il sentimento pratico del bene e la carità della Patria. Come le virtù pubbliche e civili divenivano inutili o pericolose, così quelle private scomparivano, dileguavano. Le invettive di Giovanale, i sermoni di Persio, gli epigrammi di Marziale, sembrerebbero esagerazioni e calunnie, se non fossero confermati da' racconti di Tacito e di Svetonio, e meglio, forse, dalle amare e dolorose confessioni di Seneca. Ed in tanto orrore di disordine e di tristizia, vi ha pure chi intende come l'uomo possa e debba essere onesto per se medesimo e per gli altri, ed i motivi della virtù soverchino i confini della Patria, e dal sangue, dall'anarchia e dalla vergogna, debba risorgere e confortarsi la fratellanza umana sotto una legge nuova e na nuova religione. In un tempo, in cui il lavoro inconsapevole e pur razionale delle moltitudini, lo spirito dei popoli, la forza delle tradizioni, sfuggivano del tutto, e il moto della società restava un mistero, che si cercava spiegare solo con qualche artifizio, il quale, oltre a non aver nessun fondamento nella realtà, era spesso la negazione di ogni concetto storico, Quintiliano impose come sommo principio, l'educazione pubblica, e ne significò tutti i vantaggi su quella privata, e schiuse così nuovi orizzonti alla cultura, in modo da poter essere trasformata, attraverso i secoli, in diritto dell'uomo, in diritto di tutti. La fede, l'ideale dell'Autore delle Istituzioni Oratorie era quello di iniziare un'era di rinascenza politica e di rinnovamento intellettuale, in cui si fosse resa universale e necessaria l'azione educativa, e legando il sapere positivo ad ogni manifestazione di proficuo lavoro e di sincero progresso; indirizzare la scuola alla serena concezione della verità, in cui i due ideali del bene e dell'arte avrebbero dovuto abbracciarsi e compiersi a vicenda; preparare l'animo del popolo, affinchè fosse compreso ed agitato dal nuovo movimento estetico e dalla rappresentazione nuova della vita. Egli aveva intuito, nelle depravate abitudini del suo tempo, l'alta missione civile e politica delle lettere; il suo spirito precorreva i secoli quando assicurava la scuola rinchiudere in sè la forma migliore dell'educazione nazionale, e non doversi quindi considerarla estranea ai fattori della società, alle condizioni etiche della famiglia, al diritto pubblico, alle funzioni dello Stato. L'individuo e la società gli si presentavano come costituenti una unità organica, e l'istruzione, liberamente distruibuita e diffusa nel popolo, doveva determinarsi una delle manifestazioni più splendide e più legittime di solidarietà sociale. Il suo libro, in cui è venuto deponendo e condensando i frutti di oltre venti anni di scuola e di esperienza, contempla aspirazioni, qualità, sentimenti e propositi costanti nell'uomo: chi lo legge, sente ancora in quelle pagine qualche cosa, che palpita e vibra; chi lo studia, mentre interroga un morto, scomparso da venti secoli, ode la voce di un maestro non solo grande, ma vivo e presente. Nella dottrina pedagogica di Quintiliano rinveniamo motivi nuovi ed universali, che riflettono le condizioni di essere e lo svolgimento progressivo dell'uomo in formazione, il processo che va dalla generazione alla personalità compiuta, l'idea e la virtù educativa, infine, che comprende tutta l'azione e tutta la cultura necessaria a preparare il cittadino alla vita sociale.
Così la storia dell'educazione, iniziatasi con Socrate in Grecia quale dottrina per la formazione morale del cittadino, si chiude a Roma come dottrina, per cui l'uomo possa moralmente riformare se stesso; ma nell'uno e nell'altro sistema, con modalità, giudizio e fini diversi, è sempre il pensiero morale e sociale, che deve informare ed agitare la questione pedagogica.
A fondamento di ogni scuola v'è un ideale educativo, che attinge i suoi elementi da forme speciali della società; ma queste forme esso deve eliminarle o superarle, perchè l'educazione ha da riprodurre la collettività, deve riflettere la coscienza universale, non cristallizzarsi in un convenzionalismo infecondo e fossilizzarsi nella perfida inerzia di un ristagno. E con le norme di questo ideale, con la virtù di questa coscienza bisogna sviluppare tutte le facoltà del discente, e distrarlo da tutte le aberrazioni e le superstizioni delle generazioni passate, renderlo conscio del diritto e del dovere, e impiegare tutta la sua attività alla ricerca assidua e diligente della verità e della giustizia nella pratica della vita.
Preparata da lente e faticose trasformazioni, attraverso secoli di dissidio e di oscurantismo, di formalismo vacuo e dogmatico, di ipocrisie e di prililegi, la scuola moderna pare sia assurta oramai, dalle antiche e solitarie visioni pedagogiche, a fatto sociale, ed abbia solennemente affermata la sua funzione storica nell'arduo cammino della civiltà e del progresso. Essa si chiarisce così il prodotto naturale e consentaneo delle grandi conquiste della cultura, il prodotto de' nostri bisogni, delle nostre aspirazioni, e della coscienza dell'epoca nostra: tutto il moto dell'umanità, dopo un avventuroso e tenace travaglio di energie, di speranze e di sangue, ha concorso al trionfo della scuola popolare, e pare che tutto il sentimento dell'umanità nuova vi si rifletta con una più bella, audace e larga visione delle battaglie dell'avvenire. Perchè l'educazione pubblica non fosse rimasta una semplice e malinconica esigenza etica, un vano tentativo di speculazioni filantropiche, o di zelo religioso, qualche cosa di precario e di fluttante, senza forza, senza attività, e senza organizzazione, occorse che fossero sparite le nebbie del Medioevo, e il feudalismo, e l'assolutismo, e che, infine, la libertà di coscienza fosse stata proclamata come la più nobile e bella vittoria degli uomini. Fino a quando le moltitudini non formino parte integrale dello Stato, non partecipino al reggimento della cosa pubblica, la scuola rimane sempre aspirazione e voto, ma non diritto, diritto di genti e di coscienza, non necessità sociale, e quindi istituzione sovrana. È il trionfo della democrazia, che abrogando le forme di ogni dispotismo inveterato e di ogni autocrate tradizione, ha allargata la sfera delle libertà pubbliche ed aperto nuovi orizzonti all'educazione del popolo: è con essa e per essa che la scuola si esplica e si diffonde come deduzione sperimentalmente logica della natura e della storia. La vita, la gloria, la virtù di un popolo sono riposte nell'unità organica della sua coscienza e del suo progresso: è questo l' ultimo postulato della scienza, è questo il contenuto dell'antica sapienza italica. Ed a noi spetta ora, con tutta la fede degli apostoli e la virtù di educatori, la sapienza de' secoli e i sacrifizî della nostra esperienza, tradurre in atto e continuare quanto la scienza e l'affetto hanno suggerito per la virtù dell'infanzia, e l'onore della società e della vita. È il sentimento della giustizia, che bisogna infondere nell'animo de' fanciulli, per avere il rispetto di quanto appartiene ugualmente a tutti, e questo non potrà essere sentito e nutrito, se nel loro spirito non sia intimamente e veramente educato il rispetto per se stesso.
E questo deve sorgere spontaneo dal senso profondo della propria responsabilità nell'azione e manifestazione della loro volontà: essi debbono intendere e sentire tutta la gravezza, tutto il timore e tutta l'umiliazione dei rimproveri, delle pene, de' castighi, cui andrebbero incontro in ogni fallo ed errore, in ogni abuso e contrarietà a norme consigli e disposizioni di chi vigila la loro attività e le loro attitudini, e nel rifuggire quindi da tali occasioni di dolore e di vergogna balza e si rinvigorisce sempre più il lodevole sentimento del rispetto per se stesso. Chi è giunto ad elevare lo spirito a questa nobile virtù di sentire, non può, non sa concepire o meditare cosa, che possa offendere ciò, che è nel dominio e nel diritto di tutti, massime se conferisce all' utilità collettiva, sia nella natura che nell'opera dell'uomo. Rispetto significa considerazione e riguardo, stima e venerazione - e nella sua espressione di cura e di affetto palpita anche un senso recondito di tutela per quanto possa dimostrarsi verità, onore e giustizia. Moralità, dunque, ed amore: e i modi più convenienti per agevolare, nella pratica del piccolo mondo, la bontà de' costumi e il sentimento di fratellanza, l'abitudine dell'ossequio sincero e il senso sempre del rispetto per individui e cose, animali e proprietà, e, più ancora, per tutto ciò, che è di tutti e per tutti, sono il timore del castigo e la dimostrazione insieme, grata e diligente, della virtù e del bene, due fattori, indispensabili, che formano la coscienza e costituiscono il carattere.
Il sentimento del diritto e del dovere è acquisito nello spirito dell'uomo - e ciò non può essere oggetto nè di equivoco, nè di contestazione, se si pensa che fino a quando l'anima umana non assurse alla serena ed austera entità di coscienza, la libertà, intesa nel suo senso più lato, non costretta da alcun vincolo, non limitata d'alcuna legge o rispetto, senza freno, senza soggezione e senza indirizzo, fatta per lo più di impulsi e di violenze, dovette nutrire e reggere ad un tempo ogni impressione, ogni atto ed ogni esplicazione della vita intima e sociale degli uomini. L'egoismo, innato, e spesso crudele ne' fanciulli, dev'essere sempre più temperato, costretto, e, quando si possa, soffocato dalla tendenza a veder negli altri noi medesimi, rispettare in essi quanto sentiamo di virtù e di onore, e considerare con la medesima oculatezza, riguardare con la medesima attenzione, attendere con la medesima premura, con cui curiamo le nostre cose e faccende, a quanto riesce d'utilità indistintamente a tutti, senza mai dimenticare ciò che la vita insegna in proposito ad ogni passo, come sia sterile il precetto, e riesca invece efficace e proficuo l'esempio. E l'esempio si deve attingere, potente e forte, dal mondo e nelle circostanze, in cui si vive e si imbatte, e farne, quindi, oggetto il locale e gli arredi scolastici, quanto cade sotto gli occhi e nelle mani dell'alunno in casa, nella scuola, per le strade, in campagna; rispettare, sempre e dovunque, il tutto religiosamente per la parte, sia pure infinitesimale, che ci spetta. Fa d'uopo profittare delle prime nozioni, che s'impartiscano agli alunni riguardo animali e piante, per istillare loro nell'animo tutta l'utilità de' primi, e proibire quindi tormentarli, tutta la necessità delle seconde, e impedire danneggiarle.
Dal rispetto al proprio simile, nella persona e negli averi, bisogna man mano giungere alla tolleranza delle opinioni altrui, e parlando di tolleranza e di moderazione, di spirito di sacrifizio e di valore civile, si possono dimostrare quanti e quali siano i vantaggi di una leale ed onesta associazione e cooperazione per il bene della società, che è anche bene personale.
E l'evoluzione del sentimento del rispetto si svolge parallela all'esperienza: se non si può trattare con lo stesso criterio educativo il fanciullo della montagna e quello della marina, il ragazzo del piccolo borgo rurale e quello della grande città, tanto più non bisogna trascurare ciò, che si può osservare direttamente per sostituirvi nozioni verbali di cose lontane o semplici norme teoriche, ciò, che si può vedere con gli occhi anzichè attraverso il libro: il fanciullo deve conoscere il suo mondo, e analizzarlo, deve esperimentare con i suoi sensi e la mente, arricchire la sua conoscenza sempre con metodo positivo, acquistare rappresentazioni vive e concrete della realtà, ed essere condotto all'ignoto per via di ciò, che gli è noto, sempre quando abbia dei forti punti di appoggio per le sue illazioni analogiche.
- Noi - dice il prof. Fornelli nella sua Educazione Moderna - eravamo abituati a pensare ed a fare sempre col permesso di qualcuno o di qualche idea, che s'imponeva a noi di fuori la nostra coscienza; ora che crediamo poter fare a meno della licenza di questo fuor di noi, ci gettiamo alla corsa, come schiavi scatenati, senza pensare che il limite per noi ci dev'essere in ogni modo, e che se non lo si vuole al di fuori, deve essere al di dentro, nell'intimità della nostra coscienza. A tal prezzo la libertà ha un alto, un infinito pregio. Essa, intesa così come dev'essere, è espansione e limite, potenza e resistenza, progresso e conservazione, libertà insomma e responsabilità, ossia vero equilibrio della vita. Tale è l'ideale che noi abbiamo della vita moderna, ed a tale ideale noi desideriamo si conformi l'educazione delle nuove generazioni. Non dubitiamo che l'opera dell'educatore possa in avvenire essere condivisa dalle altre attività sociali; ma per ora intanto è necessario che si cominci dalla scuola, i cui buoni effetti saranno tanto più decisivi e comunicabili alla famiglia ed alle altre istituzioni, quanto più fortemente sarà compenetrata del proprio scopo e della necessità di fare gravi sforzi per conseguirlo.
Egregi Colleghi,
credo di aver abusato soverchio della vostra bontà e pazienza, e ve ne chiedo umilmente scusa: non ho avuto punto la velleità di dirvi cose nuove o peregrine, ho raccolto quanto ho potuto e saputo dalla mia esperienza e dalle mie osservazioni dirette, e mi affretto a sottoporre al giudizio illuminato ed alla saggezza della vostra critica le norme seguenti, concretizzate in periodo biennale, onde lasciar tempo e considerazione all' insegnante di apportare, lungo il periodo, tutte le modificazioni di indirizzo, che crederà, stimerà necessarie ed opportune nella sua coscienza di educatore:
1° biennio. Abitudini di gentilezza e di rispetto, ispirate, sorrette e stabilite con dolcezza di modi, virtù di esempi, sentimenti di bene e necessità di dovere;
2° biennio. Educazione dello spirito, con precetti pratici e nozioni sempre più distinte della vita e del mondo, in cui vive, fino a raggiungere la coscienza del rispetto di sè e degli altri, degli animali e delle cose, delle istituzioni e delle leggi;
3° biennio. Sviluppo ed esercizio del potere critico, servendosi di tutte le materie d'insegnamento, sempre con opportuni criterî di verità e di onore, di libertà e di giustizia, in modo da sollevare l'animo alla serena concezione del diritto e del dovere, e renderlo sicuro nella volontà, forte nel carattere.
Il metodo d' insegnare, nelle sue relazioni con la vita, deve consistere appunto nel rendere l'insegnamento gradito, semplice ed utile, ritemprandolo, come ho detto innanzi, nell'esperienza e nell'osservazione. Da un complesso di cause e di fenomeni, che rappresenta il modo di essere e determina il grado di civiltà di un popolo, vennero a noi modificate le istituzioni, le leggi, i costumi, la vita intera, in una parola: ma non ha dato ancora al nostro progresso una unità, simile a quella che fa la grandezza delle altre nazioni. Ecco, appunto, perchè nell'educazione popolare i movimenti e le trasformazioni sono lente, e chi più si conserva fedele alle tradizioni, più è restio a riforme ed indirizzi, che lo inquietano e lo confondono. Dobbiamo perciò abbandonare gl'impeti febbrili, i risentimenti orgogliosi, le esagerazioni frenetiche in quelle tali riforme; se certe idee sono ragionevoli, la virtù, che più n affretta il cammino in mezzo agli uomini, è sempre la temperanza. A noi, sognatori impenitenti, a noi, che non abbiamo ancora una visione chiara, precisa, illuminata, del periodo che attraversiamo, e viviamo, come inoltre siamo sempre vissuti, metà ne' bisogni dell'oggi, metà nelle illusorie fantasie delle tradizioni, a noi è bisogno, necessità, mettere innanzi tutto, sempre più in intimo accordo le tradizioni secolari con le esigenze nuove del paese e dei tempi.
Non è la forca di Oberdan o la Siberia squallida e triste, non la dinamite di Vera Zasulich, non il pugnale di Passannante o quello di Caserio, non il piombo sacrilego di Bresci, o l'orrenda tragedia di Belgrado, o la strage funesta del Portogallo, che fecondano e maturano la liberazione e l'educazione delle plebi contemporanee.
I demagoghi di piazza ed i petrolieri potranno ancora, briachi di un'orgia nuova di scelleratezze e di sangue, demolire la colonna Vendôme, ma non riusciranno mai ad indirizzare le moltitudini verso una meta luminosa, a sollevare l'uomo alla pura coscienza del bene, e reintegrarlo, compiendolo, nell'unità dei suoi destini.
Sono i maestri, che, risorti a vera dignità di educatori, possono e debbono muovere la società verso i fulgidi ideali della virtù e della vita: sono essi, massime i giovani, cui più che agli altri, sorride l'avvenire con tutte le seduzioni della speranza, che, col santo entusiasmo della carità e della fede, recano nelle mani, come l'antica Cerere, la mistica spiga, che deve rinverdire e ristorare la terra. Chi intende il contrario non valuta i tempi, disconosce il processo storico delle evoluzioni, e pensa, ed agisce a ritroso d'uomini e di fati.
Melfi, 26 settembre 1912.
VINCENZO PLASTINO