L'Appennino, che quasi per settecento miglia geografiche italiane «parte il bel paese» dalla riviera di Liguria aretina della Catenaia, e poi si stende a scirocco fin giù al faro di Messina, corre dapprima a levante sino all'alpe alla biforcazione lucana presso Potenza, donde piegasi a mezzodì fra il golfo jonico e il mare di Sicilia.
Nel tratto, in cui penetra negli Abruzzi co' monti sibillini, esso non dista dalla spiaggia marchigiana che di soli cinquanta chilometri: e da que' monti appunto s'inizia l'Appennino Meridionale, che traversa tortuosamente per quattrocento miglia all'incirca tutte le province napoletane.
Facendo capo al M. Vettore [ 2420 m.] fra le sorgenti della Nera [ 126 ch.] sul Tirreno e del Tronto [115 ch .] su l'Adriatico, in sul primo entrare muove a sinistra la catena secondaria del Gran Sasso, di cui la cima, il M. Corno [2920 m.], è la più alta di tutta la penisola; e, fiancheggiando a man destra l'altopiano aquilano dal varco di Antrodoco alla forca di Avezzano, scende maestoso, col M. Velino [2490 m.] e col M. Sirento [2350 m.], su la sponda orientale del bacino fucinese marsicano: intorno al quale, staccando a occidente i monti sabini e i volsei, che fan punta nel M. Petrella [1530 m.] di Gaeta, spiega a levante il gran pianoro di Cinquemiglia ed eleva alle spalle di Sulmona la catena della Maiella [M. Amaro, 2790 m.] , che è divisa dal Gran Sasso per le acque del Pescara [152 ch.].
Dalle scaturigini gemelle del Sangro [95 ch.] e del Garigliano [ 168 ch. ] prosegue non meno aspro fino alla vetta solitaria del M. Meta [2250 m.], ove allunga a man diritta i monti cassinesi [M. Cairo, 1670 m.] e gli aurunci [M. Massico, 1000 m.]; ma, chinatosi poco dopo su l'alto del Volturno [185 ch.] nel passo del Macerone, da cui spinge a greco su la riva sinistra del Trigno [85 ch.] il braccio d'Agnone [M. Milio, 1720 m.], allarga in mezzo al Sannio la vasta giogaia del Matese [M. Miletto, 2010 m.], che stende su a manca le due altre braccia parallele (separate dal Biferno [ 95 ch. ]) di Molise [M. Totila, 1390 m.] e di Campobasso [M. Rocca, 1010 m.] - In questo tratto, cioè da' monti della Sibilla al colle di Baranello, la linea generale di displuvio ragguaglia in lunghezza centodieci miglia.
Su tutto l'immenso altopiano irpino, intersecato da' confluenti del Calore [115 ch.], l'Appennino si allarga in anfiteatro di fronte a libeccio, depresso in media con facili colline a ottocento metri. Dalla metà dell'arco nel sommo d'Ariano,
presso cui nasce il Cervaro [95 ch.] del vallo di Bovino, diparte insensibilmente a borea i poggi della riva destra del Fortore [98 ch.], che dan fuori a levante il promontorio garganico [M. Calvo, 1055 m.]; e dall'estrema sua punta meridionale, lontana men che cinquanta chilometri dalla marina salernitana, protende a maestro, quasi antemurale del golfo partenopeo, l'accidentata e bellissima catena secondaria della Campania [M. Terminio, 1820 m.].
A capo del fiume Sele [68 ch.] rilevasi d'improvviso affatto malagevole e, tutto intorno alla insenatura dell'Ofanto [166 ch.], ripiegasi man mano su la fonte del Bradano [167 ch.] presso le falde del Carmine d' Avigliano [M. Caruso, 1235 m.]; da cui, aprendosi ad angolo ottuso, dirama a sinistra fin giù al capo Leuca le basse Murge della Puglia, che separano il Jonio dall'Adriatico, e prosegue a destra leggermente incurvato (sostenendosi alle braccia lucane di Tricarico [M. Macchia, 10 25m.], diLaurenzana [M. Volturino, 1835 m.] e di Sanchìrico [M. Alpe, 1895 m.] , divise dal Basento [149 ch.], dall' Agri [136 ch.] e dal Sinni [101 ch.]) fino al nodo nevoso del Sirino [M. Papa, 2005 m.]: donde, fatto gomito nel Cilento co' monti alburni [M. Cervati, 1898 m.], si attacca poco dopo e si aggavigna all'alpestre massa del Pollino [M. Dolcedorme, 2270 m.]. — Dal colle di Baranello alla chiusa ofantina di Nusco il crine dello spartiacque serpeggia lieve per cento miglia, e per settanta va impervio dal Sele al rialto di Campotenese.
A balze ripide l'Appennino investe finalmente da uno all'altro mare l'attaccatura della penisola calabrese, in cui innalza le sue maura lungo il Tirreno sino alla guglia cosentina del M. Cocuzzo [1550 m.]. Qui d' un tratto, a capo della valle boreale del Crati [93 ch.], volge a manca l'eccelso acrocoro della Sila [M. Donato, 1930 m.; M. Nero, 1880 m.], che, dato corso al Neto [90 ch.], si ritorce tutto in giro alle origini del Savuto [58 ch.]; poi di là, racchiuso nell'istmo catanzarese a cavaliere de' due golfi di Sant'Eufemia e di Squillace, ripiglia giù diritto il corso per la serra della Mongiana fra le scaturigini del Mesima [50 ch.] e dell' Alaro [29 ch.], finché, nell' ultima sua base, si arresta come di botto e si allarga ne' terrazzi dell'Aspromonte [M. Alto, 1975 m.].
Il quale, soprastando così a tutta la marina, fa punta estrema nel capo Spartivento. -Una lunghezza di ben centoventi miglia corre da Campotenese a Reggio di Calabria.
Nella penisola calabrese - dalla Sila all' Aspromonte - si cangia però affatto la struttura geologica dell'Appennino. È quasi tutta una regione granitica, provvista di minerali di piombo e di ferro. È una regione distinta (dice il Rath), che par che tenti riprodurre, nell' ultima punta d'Italia, la natura primitiva delle Alpi.
La più rigogliosa vegetazione ammanta l'Appennino Meridionale in tutti que' luoghi, che il caso più che la legge ha salvati finora dal cieco disboscamento, perturbatore delle sorgenti e de' corsi fluviali sì scarse e sì irregolari nelle province napoletane. Proporzionatamente alla elevazione sul mare, non v'ha pianta, dalla zona marittima alla zona glaciale, che non figuri su di esso. Di alberi d'alto fusto nascono spontanei, nelle valli, l'olmo, l'elce e il frassino; pe' monti, il rovere e il cerro dapprima, poi il larice e il faggio, ultimi il pino nano su la Majella, il tasso sul Gargano, l'abete dell'alpi sul Pollino, il pino còrso nella Sila, il pino bruzio su l'Aspromonte. Nella regione da' due ai tre mila metri, nuda in parte o ricoperta di sole erbacee, succedono financo il cerastio latifoglia e il lichene islandico alle viole, alle anemoni, a' sileni, alle genziane, a' ranuncoli, alle sassifraghe: gli uni e le altre comuni alle giogaie alpine. Così, senza uscire dallo stesso parallelo, si possono sopra una linea di trenta miglia incontrar piante di paesi affatto diversi per condizioni climatologiche.
Ignoro (esclama il Tenore), se un secondo esempio possa essere somministrato dalla flora di verun altro paese. Non così ricca però né così varia è la fauna dell'Appennino Meridionale, quantunque, più che d'ogni altra regione della penisola, alle specie caratteristiche de' paesi caldi accompagni alcune quasi affatto particolari e proprie delle Alpi.
De' mammiferi, a mo' d'esempio, vivono indigeni nelle selve, la martora da per tutto, lo scoiattolo su' pini di Calabria: e, nelle giogaie maggiori, il capriolo ancor popola gli alti boschi di faggi, l’orso bruno e il camoscio errano ancora su' picchi e ne' valloni della Marsica, l'arvicola nivale si annida solitario nel sito più australe della sua distribuzione - sul Gran Sasso. Fra gli uccelli poi, il gufo reale è comune ne' Principati e nel Cilento, lo sparviere ha rifugio negli aspri gioghi del Sannio, l'aquila appenninica si libra su l'ali dalle aeree vette degli Abruzzi e della Basilicata. Degl'insetti finalmente, il cerambice alpino ha sede ordinaria fra i coleotteri nella zona delle nevi, e fra i lepidotteri s'incontra spesso il papilio mnemosine su la Majella, mentre che l'apollineo, più vago sebbene men raro, aleggia numeroso per la chiostra del Matese, o lungo le nude creste del Pollino.
J.
[firmato Justus]