I percorsi di Giustino Fortunato

date

1898

author

Fortunato,,Giustino

title

Santa Maria di Vitalba, con 50 documenti inediti [estratto n.2]

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  • fa parte di: Notizie storiche della valle di Vitalba, vol. II, V. Vecchi, Trani 1898, pp. 13-17.

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Più o meno attigua alla morta Vitalba, ne' primi del secolo XIV, successe dunque Atella, costruita da Giovanni d’Angiò, conte di Gravina, non ancora duca di Durazzo. Nel 1316, per concessione di re Roberto suo fratello, egli aveva ereditato da Pietro, conte di Eboli, ucciso a Montecatini, la baronia della valle; e poco dopo, fatto divorzio da Matilde di Haynaut, era andato a seconde nozze, nel dicembre del 1321, con Agnese di Périgord Talleyrand1. Non prima quindi del 1322, a me pare, dovette venir fuori quel bando di esenzioni e di privilegi come allora usava per tutto un decennio, di cui, accidentalmente, si legge in un atto del 1330, propter constructionem terre Atelle per tria miliaria a casali Rivinigri de propinquo vicine. Sia stato o no così, certo l'appello ebbe fortuna. Non solo Rionero fu letteralmente deserto di abitanti, e di ciò appunto in quell'anno esso moveva doglianza al re, ma tutti i casali all'intorno de' due versanti della valle, e ne è viva ancor oggi la fama, tennero premurosi l'invito, accorrendovi in frotta ob libertatem quam consequabantur. Era, più che un asilo feudale, una città vera e propria che ivi nasceva, forte di mura e bella di vie simmetriche, fabbricata di pianta, non più nelle bassure di una volta, ma sul più alto della sponda destra, a vista e a custodia delle campagne sottostanti. E chi altri se non lui, il nobile e ricco signore della terra, avrebbe potuto e volere e ordinare ciò? Se il bando stesso e il decreto del regio assenso, per quante ricerche io abbia fatte, non sono giunti fino a noi, poco monta. Il ricorso de' rioneresi, che è, insieme, un grido di protesta contro le vessazioni del fisco, basta, io credo, a rendere testimonianza della recente origine storica di Atella. - Di Armaterra, corrottamente Armatieri , torna spesso il ricordo negli atti feudali de' secoli successivi; di Vitalba, surta Atella, non è mai più parola.

Come e perché il nuovo nome, è meno facile indovinare: nuovo, quando pure non sia del tutto apocrifa una bolla di papa Eugenio III del 1152, riportata in uno strumento del 1551 della curia di Melfi, che esiste, in copia, presso la Società di storia patria Napoletana, e ove è fatta menzione di Vitalba (con le sue chiese di san Nicola de campis, santa Cristiana e san Zaccaria prope flumen Tripo ) e, a un tempo, di un casale sancti Angeli de Atella; quando, ciò che è più, non sia un raffazzonamento, se non del tutto una falsificazione, quella donazione dell'anno 1221 di Guglielmo di Monteverde alla chiesa pernense, ove è data, per confine di un fondo, nientemeno che una stratam Atelle ! Que' due documenti, considerati i motivi d'interesse privato, che dovettero suggerire la compilazione notarile dell'uno e la trascrizione giudiziaria dell'altra, non meritano sicura fede, potendo trattarsi, se mai, di una interpolazione nel primo, di uno scambio con una stratam Labelle nel secondo, — come, del pari, alcuna importanza non ha la gratuita asserzione del COSTO, lo storico secentista di Montevergine, il quale dice essere stato «in Atella» san Guglielmo nell'anno 1122. Ogni dubbio, ogni incertezza svaniscono dinanzi al fatto, che non una volta il nome di Atella s'incontra nelle scritture autentiche e nelle cedole d'imposizione, anteriori al 1330, e che la nuova città fu opera volontaria, personale del figlio sestogenito di re Carlo II. Altri indizi, altre prove non occorrono. Or nessuna connessione etimologica è certamente fra Atella e Vitalba. Si tratterebbe, per ciò, della sostituzione o del ripristinamento di un nome latino (diminutivo di ater, secondo il KLOTZ), in cambio di uno medievale: il primo, dato o ridato a una città, che il suo fondatore voleva rendere cospicua, e che tale sarebbe stata, se la malaria, che uccise Vitalba e Armaterra, non l'avesse, via via, egualmente consunta; il secondo, lasciato a designare la valle circostante. Del resto, sostituzione o ripristinamento, è chiara la intenzione di rifare un nome classico. Senza dubbio, un'Atella non si trova né in Lucania né in Apulia, checché abbia sillogizzato la vieta erudizione paesana, che vuole morto nell'Atella di Basilicata il vescovo san Canio, protettore di Acerenza, e crede Giuliano, il palagianista del V secolo, nativo della moderna cittadina del Vulture, - al modo stesso con cui fa succedere Ruvo del Monte alla sannitica Rufra e Rapolla al dàuno Strapellum. Ma potrebbe ben esserci stata, senza che noi lo sapessimo, e la memoria sopravvissuta a lungo (come nella ipotesi di un casale sancti Angeli de Atella del 1152) indistinta e confusa, - tanto perché la toponimia dell'Italia antica è piena di nomi, che si riscontrano in diverse località, e lento fu il verno della barbarie, che si disse medio evo, quanto perché a breve distanza dal presente fabbricato, su la collina della Serra, sono state disseppellite non poche reliquie della civiltà romana, tra cui il noto sarcofago di Barile venuto a luce nel 1740 — di fresco acquistato dal Museo nazionale di Napoli2. Quel sarcofago, bellissima scultura del III secolo, rappresentante Achille a Sciro tra le figlie di Licomede nell'atto di essere sorpreso da Ulisse3, reca l'iscrizione di «Metilia Torquata», il cui nome gentilizio ricorre nelle epigrafi di Venosa. È quindi probabile, che ne' pressi di Atella fosse stato un pagus od un vicus della plebs extramoeniana od inurbana del municipio venosino, e che la valle di Vitalba, così come il VultureVulture4, avesse fatta parte integrale dell'agro di Venosa, limitrofo - secondo il Liber Coloniarum - al territorio di Conza.


notes alpha

    notes int

    1. G. DE BLASIIS, Le case de' princ. ang. (in Arch. stor. per le prov. nap., an. XII, fasc. I, p. 311).
    2. L'illustrazione italiana, an. XXV, n. 27, 3 luglio 1898, p. 14.
    3. Cf. A. LOMBARDI, Boll. dell'Ist., n. II, p. 25, Roma, 1830; R. ROCCHETTE, An. dell'Ist., fasc. II, p. 320, Parigi, 1832; C. ROBERT, Die ant. sark., vol. II, p. 29, n. 22, tav. X, Berlino, 1890.
    4. MOMMSEN, Corpus inscript. lat., vol. IX, p. 61. Agrum a Venusia ad Vulturem montem et Aufidum fluvium, in quo sunt oppida Lavello, Melfi, Rapolla, venusinorum olim fuisse, satis constat.... Tribus (Horatia) magistratusque, qui in titulis inveniuntur, venosinorum sunt».