Rionero, 9 settembre 1914
Mio carissimo Gaetano,
[…] Ernesto e io ti aspettiamo dunque, con infinito nostro desiderio, qui, dal 20 al 30, in questa nostra casa paterna, che caduta nel tremuoto del 14 agosto del 1851 (il primo fugace ricordo di mia vita), Ernesto ricostruì or sono trentacinque anni, ed io abbellii, qui trasportando mobili e oggetti degli zii morti un dopo l’altro, lasciando a noi due soli il triste mandato di chiudere una casa già «morta» precedentemente. Ti aspettiamo con grande desiderio, perché, tante cose avremo da dirci, nella fiducia, che non manchi l’Agnetti, cui ora scrivo. Venimmo qui, da Giffoni di Salerno, fittuarii di Monticchio, il 1720, e, da allora, non una lite, non una lite sola noi abbiamo mai avuto in Rionero, ove conserviamo ancora i fitti anteriori al ’60, ed ove i contadini ci amano di grandissimo cuore, solo perché memori de’ nostri vecchi, che loro non fecero male. Se io avessi avuto un po’ della tua energia, ah, quel che io avrei potuto fare quassù, nel Melfese, tra’ contadini, che le «mezze giamberghe», al ’60, amavano fucilare perché «sorci» e «briganti»! Basta, avremo tanto a parlarne!