I percorsi di Giustino Fortunato

date

1902

author

De Lorenzo, Giuseppe

title

Alle falde del Vulture

summary

bibliography

  • "Ricordi di Carlo Riva", Tipografia dell’Accademia Reale delle Scienze, Napoli 1902, pp. 17-21.

teibody

Tale era stata, nelle sue linee principali, la vita e l’opera del giovine, che io conobbi nei monti di Lagonegro, e verso cui il mio cuore si era sentito subitamente attratto con spontaneo e forte moto di simpatia. Questa simpatia e la stima che naturalmente l’accompagnava crebbero ancora, quando da Lagonegro ritornammo a Napoli e qui, durante una lunga permanenza insieme, potei giorno per giorno andar scoprendo e conoscendo nuovi e sempre bellissimi lati del suo animo nobile e puro della sua elettissima mente.

Nelle escursioni fatte intorno a Lagonegro, in una discesa dal Sirino io ero caduto, producendomi a una gamba una ferita non grave, ma tale che mi obbligava per un certo tempo al riposo. E Carlo, che abitava con me, frenando il suo ardore che lo spingeva al mare e alla montagna, mi tenne compagnia affettuosa e premurosa, che mi faceva tanta più impressione e provocava in me tanta maggiore gratitudine, in quanto vedevo quale enorme sacrifizio fosse lo star fermo per uno come lui, come era impazientissimo di rimaner anche un quarto d’ora immobile nel medesimo luogo. Ma il suo affetto era così nobile e l’espressione di esso così spontanea e sincera, che in verità egli non si accorgea nemmeno di tale sacrifizio e passava molta parte del suo tempo a leggere con diletto l’Italienische Reise e il Faust di Goethe o a raccontarmi con la sua solita semplicità i suoi viaggi e le sue ascensioni alpine.

Ma appena io fui in grado di poter pigliar parte alle escursioni e insieme cominciammo a percorrere la penisola di Sorrento e ad ascendere le rupi di Capri e a trascorrere da Ischia a Procida e ai Campi Flegrei e a salire e a girare pel Vesuvio, allora in lui si sprigionò e divampò tutto l’entusiasmo raccolto nel suo spirito per questa mirabile terra, verso la quale concepì un amore, che raggiungeva i confini della passione […] Intanto avevamo fatto trascorrere a Napoli tutto il mese di settembre. Invitato da Giustino Fortunato io dovevo recarmi nella sua casa a Rionero, per intraprendere lo studio del Vulture. Carlo, cedendo al mio desiderio e alle preghiere di Fortunato, che aveva anch’egli imparato a conoscerlo e ad amarlo, si decise a venire anche laggiù, per conoscere quel solitario vulcano e tenermi per alcuni giorni ancora compagnia. Con grande dolore si staccò da Napoli, la cui incantevole natura gli aveva fatta tanta impressione, che egli non seppe altrimenti chiudere la sopra citata sua Relazione delle gite compiute nei dintorni di Lagonegro che con le parole di Goethe: quando voglio scrivere parole, mi stanno sempre quadri innanzi agli occhi, della fertile terra, del libero mare, delle isole odorose, della montagna fumante, e mi mancano gli organi, per rappresentare il tutto!

Al principio d’ottobre del 1898, dopo aver traversato l’Appennino da Sicignano a Potenza e da Potenza a Rionero, eravamo entrambi riuniti alle falde del Vulture, nella bella casa ospitale di Fortunato, in cui la nostra lieta solitudine era solamente interrotta dal cinguettio mattutino e vespertino dei passeri aleggianti sui grandi alberi del giardino. Chi potrà ora ricordare la dolcezza di quel paio di settimane, in cui ora per ora io sempre più mi affezionavo alla sua intelligenza così ferma e vivace, al suo animo tanto nobile, al suo cuore tanto generoso?

Le lunghe giornate trascorse insieme al sole lungo il corso rumoreggiante dell’Ofanto, le passeggiate all’ombra dei faggi monumentali, gli scandagli insieme eseguiti nel lago piccolo di Monticchio, il pericolo corso un giorno di essere cacciati da vento con la nostra fragile piroga scavata in un tronco di albero nei fitti giuncheti del lago grande, da cui a fatica riuscimmo a districarci, le lunghe escursioni nei sassosi monti calcarei di Muro Lucano e sulle balze silicee di San Fele, il suo interesse e la precisione e la sveltezza nel fare fotografie eccellenti dei più bei punti di paesaggio e delle più interessanti cose geologiche, una gita insieme compiuta a Palazzo San Gervasio, per sentirvi un discorso del nostro Giustino Fortunato, che lo riempì di entusiasmo, le lunghe galoppate a cavallo pei viali di Monticchio: tutto è rimasto scolpito nella mia memoria, come ricordo di un tempo che non torna più!

[…]Ma il tempo, che tutto travolge nel suo corso incessante, avea avvicinato il giorno del primo nostro temporaneo distacco: la prima tappa verso il distacco definitivo. La mattina del 13 ottobre lo accompagnai in treno alla stazione di Santa Venere, vidi i suoi begli occhi allontanarsi e sparire col treno di Foggia e me ne tornai a piedi verso Melfi, solo e stanco e sbattuto dal vento e con nell’animo una mortale tristezza!

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