Storia dello “Studium” di Napoli in età sveva

date

1224 giugno 5, Siracusa

title

Doc. 1 Traduzione

summary

Federico II vieta ai propri sudditi di andare a studiare o insegnare al di fuori del regno e ordina agli studenti di recarsi entro il giorno di s. Michele (29 settembre) allo Studium napoletano appena istituito, garantendo la presenza di insigni maestri, come Roffredo Epifanio da Benevento e Benedetto da Isernia , vantaggiose condizioni di vita e agevolazioni economiche.

Sussiste qualche incertezza sul mese di datazione della lettera. Infatti, Riccardo di San Germano nella sua versione della lettera (la sola in cui la lettera risulta datata) contenuta nella prima redazione della cronaca, riporta la data del 5 giugno; ma, a p. 113 della sua edizione curata da Garufi (in entrambe le redazioni), riassumendo gli eventi di quel periodo, ci dice che la lettera fu inviata in luglio: le due redazioni dell’opera di Riccardo di San Germano sono state controllate anche sui manoscritti (quello che abbiamo siglato A3 contenente la prima redazione, e quello di Montecassino, Biblioteca dell’Abbazia, 507, contenente la seconda redazione). Tuttavia, nel doc. 2, Federico II concede un termine di quattro mesi per ottemperare ai propri ordini: dunque, se sussisteva una prassi che prevedeva quei termini, sembra più probabile che il mese corretto sia giugno. Per un’analisi retorico-stilistica di questo documento e sul suo autore cfr.F. Delle Donne, La fondazione dello Studium di Napoli: note sulle circolari del 1224 e del 1234, «Atti dell’Accademia Pontaniana», n. ser., 42 (1993), pp. 179-197.

bibliography

  • Fulvio Delle Donne. 1224, Federico II. La fondazione della più antica università statale della storia. Napoli: Università degli studi di Napoli Federico II, 2022, pp. 19-21.

teibody

Federico, per grazia di Dio imperatore dei Romani sempre augusto e re di Sicilia , agli arcivescovi, vescovi e altri prelati delle chiese, ai marchesi, conti, baroni, giustizieri, camerari, giudici, balivi e a tutti i fedeli del Regno di Sicilia che leggono la presente lettera.

Nel 1224 Federico non poteva ancora vantare il titolo di re di Gerusalemme, che invece si trova prevalentemente nei manoscritti che trasmettono la redazione grande in cinque libri dell’epistolario di Pier della Vigna; Federico assunse quel titolo solo a partire dall’anno successivo. L’incongruità del titolo veniva fatta rilevare, implicitamente, già da Huillard-Bréholles, Historia Diplomatica cit., II, p. 450; e da Torraca, Le origini cit., p. 5.

Col favore di Dio, grazie al quale viviamo e regniamo, cui offriamo ogni nostro atto, cui attribuiamo ogni cosa da noi compiuta, desideriamo che in ogni parte del nostro Regno molti diventino savi e accorti attingendo alla fonte delle scienze e a un vivaio di saperi, e che essi, resi avveduti grazie allo studio e all’osservazione del diritto, servano il giusto Dio, al cui servizio sono tutte le cose, e siano graditi a noi per il culto della giustizia, ai cui precetti ordiniamo a tutti di obbedire. Disponiamo perciò che nell’amenissima città di Napoli vengano insegnate le arti e coltivati gli studi connessi con ogni professione, così che i digiuni e gli affamati di sapere trovino nel nostro Regno di che soddisfare i propri desideri e non siano costretti, per ricercare la conoscenza, a peregrinare e a mendicare in terra straniera.

Intendiamo poi provvedere al bene di questo nostro stato mentre con la grazia del nostro speciale affetto curiamo i vantaggi dei sudditi, i quali, come si conviene, resi edotti, possano essere animati da una bellissima speranza ed attendere, con spirito pronto, molti beni; dal momento che non può essere sterile l’acquisizione della bontà, a cui fa seguito la nobiltà, a cui sono preparate le aule dei tribunali, a cui tengono dietro le ricchezze, a cui si accompagnano il favore e la grazia dell’amicizia. Inoltre, invitiamo al nostro servizio gli studiosi, non senza grandi meriti e lodi, e a loro senza dubbio affideremo il governo della giustizia una volta che siano diventati abili nell’assiduo studio del diritto.

Dunque siano felici e pronti agli insegnamenti gli scolari che desiderano a essi essere incitati; a questi concediamo di venire a vivere in quel luogo dove ogni cosa è in abbondanza, dove le case sono sufficientemente grandi e spaziose, dove i costumi di tutti sono affabili e dove si trasporta facilmente per mare e per terra quanto è necessario alla vita umana; per questi noi stessi procuriamo ogni cosa utile, offriamo buone condizioni, ricerchiamo maestri, promettiamo beni e, a quelli che ci sembreranno degni, offriremo premi. Costoro, ponendoli sotto lo sguardo dei genitori, liberiamo da molte fatiche, sciogliamo dalla necessità di compiere lunghi viaggi, quasi pellegrinaggi. Costoro proteggiamo dalle insidie dei briganti e quelli che venivano spogliati dei beni e delle ricchezze mentre percorrevano lunghi tratti di strada, gioiscano del fatto che, grazie alla nostra liberalità, potranno raggiungere le loro scuole con minori spese e minore strada. Tra i maestri che abbiamo deciso di assegnare alla scuola, annovereremo Roffredo da Benevento , giudice, e Benedetto da Isernia , nostri fedeli, professori di diritto civile, uomini di grande scienza e provata fedeltà, che rivelarono sempre nei confronti della nostra maestà; a questi concediamo, essendo fedeli del nostro Regno, la fiducia più piena. Nominiamo anche altri professori per le altre discipline.

Vogliamo, dunque, e ordiniamo a tutti voi che governate le province e presiedete alle amministrazioni di far sapere dappertutto e pubblicamente tutte queste cose e comandiate, sotto pena della persona e dei beni, che nessuno studente osi uscire dal Regno per ragioni di studio, né alcuno osi apprendere o insegnare altrove all’interno del Regno; e che, tramite i genitori, imponiate a coloro che si trovano presso le scuole fuori del Regno, sotto la già detta pena, di tornare per la prossima festa di s. Michele. Le condizioni che offriamo agli studenti sono queste: in primo luogo che nella detta città ci saranno dottori e maestri in ogni facoltà. Gli studenti, poi, da qualsiasi posto provengano, siano sicuri di soggiornare, stare e tornare non avendo a patire alcun danno tanto nella persona quanto nei propri beni. I migliori alloggi esistenti nella città saranno dati in affitto agli scolari dietro corresponsione di due once d’oro al massimo, e tale importo non sarà superiore. Tutti gli alloggi saranno fittati per una somma non superiore a quella detta e fino all’ammontare di essa in base alla stima fatta da due cittadini e due studenti. Saranno fatti prestiti agli studenti, in base alle loro necessità, da coloro che sono designati a ciò dietro consegna in pegno dei libri, che saranno restituiti provvisoriamente ricevendo la garanzia degli altri studenti. Lo studente che riceverà il prestito, però, non si allontanerà dalla città fino a quando non avrà estinto il debito o non avrà riconsegnato i pegni a lui affidati in via provvisoria: o il debito sarà estinto da lui o avrà soddisfatto il creditore in altro modo. Detti pegni non saranno richiesti dai creditori fino a quando lo studente abbia intenzione di rimanere nello Studio. Nelle cause civili tutti dovranno comparire dinanzi ai loro maestri e dottori. Per il grano, il vino, la carne, il pesce e le altre cose di cui necessitano gli studenti, non fissiamo alcuna norma dal momento che la provincia ha abbondanza di tutto ciò, e tutto sarà venduto agli studenti così come ai cittadini e come è venduto in tutto il territorio.

Invitandovi, dunque, a così grande e lodevole opera e impegno di studio, vi promettiamo di rispettare le condizioni proposte, di onorare le vostre persone e di ordinare universalmente che da tutti siate onorati.

Su questo personaggio cfr. soprattutto G. Ferretti, Roffredo Epifanio da Benevento, «Studi Medievali», 3 (1908), pp. 230-287; inoltre M. Bellomo, Intorno a Roffredo Beneventano: professore a Roma?, in Scuole, diritto e società nel Mezzogiorno medievale d’Italia, cur. M. Bellomo, I, Catania 1985, pp. 135-181. Riguardo alla sua presenza presso lo Studium di Napoli cfr. E.M. Meijers, Juris interpretes saec. XIII, Napoli 1925, pp. XIII-XIV. Bisogna, tuttavia, fare presente che per il nome di questo maestro, così come anche per quello successivo, sussiste molta discordanza nella tradizione dei testimoni: cfr. anche Huillard-Bréholles, Historia diplomatica cit., II, p. 451, nota b. Le discordanze nella ricorrenza dei nomi, così come la presenza di differenti iniziali riportate da molti codici per indicare i nomi, o i puntini sospensivi che, più sotto, sostituiscono i nomi stessi, sono spiegabili col fatto che questo documento venne utilizzato come modello retorico e inserito in raccolte di dictamina. Sul personaggio cfr. Meijers, Juris interpretes cit., pp. 1-75; inoltre I. Walter, Benedetto da Isernia, in Dizionario Biografico degli Italiani, 8, Roma 1966, pp. 432-433; F. Martino, Una “ignota” lettura toscana di Benedetto d’Isernia. Nuove indagini sul manoscritto Laurenziano Plut. 6 sin. 3, «Quaderni catanesi di studi classici e medievali», 14 (1985), pp. 433-453. Su Pietro de Hibernia, indicato da alcuni manoscritti in alternativa a Benedetto da Isernia , ma più tardo, cfr. C. Baeumker, Petrus de Hibernia, «Sitzungsberichte der Bayer. Akademie der Wissenschaften. Pilos. - philol. und hist. Kl.», (1920/8); M. Grabmann, Mittelalterliches Geistesleben, München 1926, pp. 246-265; J.A. Weisheipl, Tommaso d’Aquino cit., pp. 22-23; Petrus de Ybernia, Expositio et quaestiones in Aristotelis librum de longitudine et brevitate vitae, ed. M. Dunne, Louvain-la-Neuve - Paris 1993; M. Dunne, Peter of Ireland, the university of Naples and Thomas Aquinas’ early education, «Yearbook of the Irish Philosophical Society», (2006), pp. 84-96. Va segnalato, comunque, che nella versione della lettera fornita da Riccardo di San Germano non c’è nessun altro nome oltre a quello di Roffredo di Benevento .

Datato a Siracusa, 5 giugno, XII indizione.

(Traduzione italiana di Fulvio Delle Donne)

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