
Commento di Enea Silvio Piccolomini agli Alfonsi regis dicta aut facta memoratu digna di Antonio Panormita
date
1456-04-22
title
Enea Silvio vescovo di Siena - Traduzione del Commentario - Epistola nuncupatoria
teibody
[1] Enea, vescovo di Siena, saluta Antonio Panormita, poeta
assai illustre.
[2] Il vescovo di Chiemsee Silvestro, per il cui
suggerimento l’imperatore Federico mi invitò alla sua corte, una volta, dopo
aver preso in esame una lettera che avevo scritto, me la restituì più macchiata
di inchiostro che corretta, a me che gli chiedevo perché avesse cancellato
parole raffinate sostituendole con altre poco eleganti, rispose: «Avresti potuto
sospettare che io non avessi neppure guardato ciò che avevi scritto, se non
avessi trovato nessun cambiamento»; lo stesso ho dovuto fare io per il tuo
Alfonso, Antonio, che sei il più raffinato tra gli oratori e i poeti. [3] Infatti, quei tuoi scritti sul re massimo e ottimo che
mi hai chiesto di leggere e correggere, ho potuto leggerli, e l’ho fatto, ma non
ho potuto correggerli. Cosa esce infatti dalle tue mani che abbia bisogno di
correzione? Si dice, di solito, che non c’è nessuna cosa detta che non possa
esser detta meglio, ma questo non si addice alle tue cose: sarebbe più facile
correggere un poema virgiliano che i tuoi motti arguti.
[4] Ho letto quanto dici del socratico Senofonte, e non
capisco per quale eloquenza rifulga quel Greco: ignoro infatti, ahimè, la lingua
greca. Riguardo a quella latina, se vale qualcosa il mio giudizio, la traduzione
non rende quell’autore pari ad Antonio, né Socrate ad Alfonso. Tu superi
Senofonte nell’eloquenza, e Alfonso sopravanza Socrate per saggezza.
[5] Che altro dire? Filelfo ha tradotto in latino gli
Apophtegmata di Plutarco, dove sono brevemente raccolte le cose degne
d’esser ricordate dette e fatte da uomini illustri che non solo vengono
dall’Oriente, ma anche dalla Grecia e da Roma; invece, il tuo libro espone le
cose più grandi e illustri del solo Alfonso. [6] Felice tu
dunque, cui capita di dover scrivere di un sovrano così grande; felice Alfonso,
che trova te a celebrare degnamente le sue azioni. Certamente non sarebbe stato
facile trovare né per te materia più feconda, né per lui scrittore più
elegante.
[7] Per tornare, però, da dove sono partito, seguirò
l’esempio di Silvestro: annoterò molte cose, come se fossero da cambiare, non
perché io anteponga il mio giudizio al tuo, ma perché tu comprenda che ho visto
e letto il libro, cosa che troverai verissima, quando vedrai che ho aggiunto
qualche commento a ogni singolo capitolo della tua opera.
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